Nello scorso novembre un'innovazione introdotta da Deezer all'interno del suo servizio aveva fatto notizia: si trattava di un progetto open source battezzato Spleeter (che si pronuncia come "spliter", ossia divisore) con cui il DSP aveva introdotto uno strumento per la separazione delle fonti musicali, capace di ripartire le singole tracce nelle loro cellule originali ("stems") per consentire a musicisti e artisti di sperimentare. La nuova funzionalità era stata, a sua volta, l'ispirazione di uno sviluppatore professionista che, usando AI e machine learning come Deezer, ne aveva però in qualche modo retroingegnerizzato in parte il progetto per produrre un'app indipendente, dall'utilizzo più semplice e immediato, capace di caricare un brano (oppure renderlo semplicemente disponibile in un link su YouTube) sul quale la sua tecnologia procedeva alla "stem separation", ricavando le singole fonti poi disponibili in streaming o download. Questa app veniva battezzata Moises. La scorsa settimana Moises ha tagliato il traguardo dei 30 milioni di utenti registrati, in larghissima parte musicisti che la utilizzano per isolare o rimuovere strumenti o parti vocali all'interno delle canzoni e che magari, con l'ausilio di un metronomo, imparano a eseguirle: la app, infatti, identifica anche gli accordi e li mostra a video per consentire di suonare sulla musica mentre viene riprodotta. La AI è al centro della tecnologia da cui Moises ha tratto origine, ma qui c'è una novità che la staglia in primo piano rispetto all'assordante rumore di fondo che caratterizza ogni innovazione basata sull'intelligenza artificiale di tipo "generativo": gli stems utilizzati per addestrare i suoi modelli di AI sono stati regolarmente ottenuti in licenza e non ricavati dal tipico scraping online privo di permessi. Anche grazie a questa base di eticità, il fondatore e CEO Geraldo Ramos ha già raccolto finanziamenti di oltre 10 milioni di dollari per lo sviluppo ulteriore di Moises.