Se volete trovare Daniel Ek dovete andare al numero 19 di Regeringsgatan, a Stoccolma. Lui, lì, c’è sempre, anche quando - fisicamente - non c’è. Gli uffici centrali di Spotify parlano di lui, e per lui. Non solo per bocca dei suoi più stretti collaboratori, che lo hanno citato molto spesso in occasione dell'open day che, lo scorso 14 giugno, ha aperto per la prima volta le porte del quartier generale del DSP alla stampa europea. I dieci piani che si affacciano sullo Strömmen, a pochi passi dal Museo Nobel e dal Palazzo Reale, più che un presidio sono la concretizzazione di una visione e di una filosofia. Spazi ampi, anzi amplissimi, dedicati allo svago e alla socializzazione, aperti anche alle famiglie dei dipendenti. Servizi igienici rigorosamente genderless. Negli ascensori, flat-screen ricordano che crescita e competitività sono obiettivi imprescindibilmente legati a collaborazione e serenità. Una visione olistica che si spinge oltre la filosofia di vita scandinava. O, per lo meno: che la usa come base, spingendosi un po’ più in là. E’ l’imprinting svedese proiettato su scala globale, in ambito digitale. Le persone Dieci piani dove si possono sentire parlare quasi cento lingue diverse. Questa, in sintesi, la “popolazione” del quartier generale del DSP fotografata da Katarina Berg, capo delle risorse umane. I duemila dipendenti operativi nella sede di Stoccolma provengono da tutto il mondo in virtù della vocazione global dell'azienda. “Ma è stato Daniel Ek a decidere di voler lasciare gli uffici centrali qui", precisa Berg: “Abbiamo sempre avuto l'ambizione di essere un'azienda internazionale senza rinunciare al nostro retaggio svedese. Vogliamo che la gente venga qui, e ci faccia fare la differenza. [Katarina Berg] Per "essere attrattivi e restare attrattivi" Spotify offre non solo benefit molto ampi ai propri dipendenti, ma anche policy molto articolate riguardanti i permessi e congedi familiari e piani di sostegno alle coppie lgbtq+, oltre che programmi focalizzati sulla salute mentale. "I burn out sono un tema da affrontare", spiega Berg: "La nostra è una mentalità agonistica: la Svezia ha meno di 10 milioni di abitanti ma dalle olimpiadi non torna mai a mani vuote. Però vogliamo anche essere sostenibili sulla distanza". Riguardo i futuri ingressi nel proprio organico, l'azienda - racconta Berg - ha "fame" di esperti di AI e machine learning. "L'intelligenza artificiale è già una realtà, inutile negarlo. Da parte nostra non vogliamo rinunciare alle persone, e per farlo è indispensabile essere proattivi. L'idea di poter ricostruire le nostre competenze mi fa essere ottimista nei confronti del futuro. Nei nostri dipendenti cerchiamo creatività ed empatia, soprattutto, perché per i prossimi 10 anni saranno le soft skill a essere fondamentali". Rappresentata come società "people first", Spotify è stata costretta a far fronte, negli ultimi mesi, a una massiccia operazione di ristrutturazione del personale. "Quando gli eventi ci costringono a cambiare strategia è doveroso pensare anche a chi non è più con noi", conclude Berg: "Le cose succedono, ma viviamo come un dovere quello di prenderci cura, per quanto possibile, anche dei nostri ex colleghi". [uno degli spazi nel quartier generale di Regeringsgatan 19, a Stoccolma] La crescita Il mantra è crescere, ma farlo in modo sostenibile. Così spiega Gustav Gyllenhammar, Vp Market & Subscriver Growth. "È stato il nostro tratto distintivo fin dall'inizio, quando siamo stati capaci di offrire un'alternativa efficace al consumo di musica illegale”, spiega: “Nel 2013 avevamo appena 5 milioni di utenti: oggi è tutto molto più facile perché abbiamo la potenza di fuoco per realizzare idee e progetti, ma il nostro spirito resta quello dei primi tempi. Siamo nati come una tech company, ma oggi siamo qualcosa di diverso". Forte di 515 milioni di utenti attivi mensilmente nel primo quadrimestre del 2023, Spotify sta crescendo grazie ai podcast e alle buone performance registrate sui mercati emergenti, anche se il primo driver di crescita - assecondando un trend che nella musica registrata si è consolidato negli ultimi anni - sono i repertori locali. L'incremento degli abbonamenti a pagamento è "stabile, con una crescita più marcata rispetto ad altri segmenti, mentre per quanto riguarda il freemium sono le numerose brand partnership a rivelarsi strategiche. "Dieci anni fa eravamo un grande archivio dentro al quale cercare la propria musica preferita", conclude Gyllenhammar: "Oggi possiamo fornire prospettive su scala globale. Penso a Rosalia: sono sempre più gli artisti locali che grazie allo streaming conquistano la fama a livello globale". ‘Il successo dei creator è anche il nostro successo’ "Lavoriamo insieme da più di dieci anni perché ci completiamo: uno è un tecnico, l'altro un businessman", spiegano i co-presidenti Gustav Söderström e Alex Norström, che di Spotify sono - in parte - la memoria storica: "Sappiamo che una compresenza in un ruolo come il nostro è inconsueta: lo scopo è quello di alzare l'asticella unendo il lavoro sul prodotto allo sviluppo del business, pensando in primis al consumatore". Puntando sulla sincronizzazione dei rispettivi team, Söderström e Norström hanno visto crescere la piattaforma e le relative prerogative. "All'inizio di questo millennio la priorità era digitalizzare", spiegano: "E’ successo con i rapporti, attraverso i social, e con la musica, con noi. All'inizio ci siamo basati sulla curation, per poi muovere progressivamente verso la recommendation. Oggi possiamo dire di essere una piattaforma recommendation first, focalizzata essenzialmente sul cliente". [nella foto, Gustav Söderström - a destra - e Alex Norström - a sinistra] Si torna, inevitabilmente, ad affrontare il tema della crescita. "Non temiamo la saturazione del mercato: stiamo crescendo da dieci anni e oggi osserviamo diversi tipi di crescita”, spiegano: “Gli USA restano il primo mercato a livello globale, è lì stiamo andando bene, così come su altri tipi di mercati più piccoli ma molto avanzati come quelli nordici. Nei mercati emergenti, invece, la priorità è attirare sia clienti sia creator sulla piattaforma. In sostanza: diversi prodotti, per diverse sfide, in diverse regioni". L'obiettivo a breve termine è "la crescita della competitività nelle modalità di personalizzazione”, aspetto indispensabile per "una piattaforma che distribuisce prodotti diversi, su mercati diversi, in paesi diversi", e potenziare le funzioni di discovery in modo sempre più sofisticato. Fronte, questo, sul quale sarà chiave il ruolo dell'intelligenza artificiale. "C'è un aspetto rischioso in questa faccenda, e coi nostri partner stiamo investendo molto per porvi un argine. L'AI, tuttavia, rappresenta una grande opportunità, sia per i creator che per noi - pensiamo alla moderazione di contenuti che potrebbero contenere messaggi d'odio o alle funzioni di personalizzazione, ma soprattutto al supporto che può dare ai podcaster. Sono questi i tipi di AI che vogliamo sviluppare. Perché il successo dei creator è anche il nostro successo: è questa la ragione che ci fa concentrare su di loro. Riguardo l'impatto avuto da Spotify sull'industria della musica registrata Söderström e Norström ammettono che sì, c'è stato: "Abbiamo assistito al passaggio dagli album alle playlist - anche se l'importanza degli album, sia su Spotify che in generale, non va affatto sottovalutata. Poi lo streaming, come modalità di fruizione, ha influenzato senz'altro i processi creativi - alle intro oggi è riservata molta più cura che in passato, e i brani, generalmente, sono più brevi. Ma è stata un'evoluzione organica, non indotta. La musica è cultura, e noi vogliamo rappresentarla. Quando hai competenza, come l'abbiamo noi, incoraggi le persone a creare più musica: è una cosa mai successa prima". "Quando la gente si annoia dei propri gusti, per noi è un problema. Un grosso problema", ammettono i co-presidenti: "Ecco perché non possiamo limitarci alle suggestion così come le abbiamo sempre intese: l'AI Dj, al proposito, va esattamente in questa direzione. Vogliamo dare ai creator quante più opportunità di essere ascoltati possibile". Venendo ai temi di più o meno stretta attualità, le manipolazioni dello streaming "ci sono, e sono sempre più sofisticate, ma noi stiamo investendo moltissimo per arginarle". Sugli argomenti profittabilità e aggiornamento delle tariffe: "I prezzi sono generalmente in salita, ma non siamo ossessionati dalle performance finanziarie: certi trimestri siamo profittevoli, altri no, ma complessivamente stiamo andando bene. Il nostro obiettivo resta quello della crescita sostenibile”, concludono Söderström e Norström, precisando che - alla luce di un quadro macroeconomico per il quale i costi resteranno in crescita per almeno altri due anni - eventuali future modifiche alle tariffe di abbonamento saranno legate a progressi in termini di efficienza e sostenibilità. [Olivia Regnier, responsabile dei rapporti con le istituzioni europee di Spotify] I rapporti con le istituzioni La vertenza che dal 2019 vede Spotify contrapposta ad Apple Store è ancora aperta, ma potrebbe arrivare a un punto di svolta entro la fine dell’anno. In estrema sintesi: la big tech californiana impose le proprie condizioni rendendo sulla propria piattaforma l’app del DSP non competitiva con Apple Music, il servizio di streaming musicale di Cupertino. Per Olivia Regnier, dal 2010 al 2017 direttrice della filiale europea di IFPI, oggi a capo dell’ufficio di Spotify per i rapporti con l’UE, e Bruxelles, in attesa di una pronuncia che definisca il ruolo dei gatekeeper - e di una eventuale sanzione ai danni di Apple - è importante che i DSP facciano sentire la propria voce, anche attraverso la Coalition for App Fairness, entità alla quale Spotify ha dato vita insieme ad altre aziende digitali come la concorrente Deezer, Match ed Epic Games per protestare contro le pratiche anti-competitive messe in atto dal gigante tecnologico americano. “Per evitare situazioni del genere è importante che l’Unione Europea si dia una regolamentazione: la coalizione che abbiamo formato insieme a Deezer, Basecamp e altri cinque player ha il fine di dare risalto alle nostre ragioni. Con il nostro lavoro abbiamo ridato valore - commercialmente parlando - alla musica. Abbiamo molte cose da dire su cosa facciamo e come lo facciamo: dobbiamo solo dirle più forte”. In questo senso, un tema forte è la retribuzione corrisposta ai titolari dei diritti. “E’ un argomento importante, nel quale possiamo sicuramente avere voce in capitolo”, spiega Regnier: “Noi corrispondiamo il 70% di quello che guadagniamo all’industria musicale, ma direttamente alle etichette. C’è un dibattito su come viene spartita questa torta tra i vari anelli della filiera, ma è tutto incluso in quello che noi paghiamo ai nostri partner”. In ultimo, una nota di strettissima attualità: Spotify - dice Regnier - è conforme alle normative europee in materia di riservatezza e protezione dei dati personali, nonostante la multa da 5 milioni di euro comminata dall’autorità svedese per la privacy alla società a causa di quelle che sono state definite “mancanze” nell’informativa relativa ai dati personali. Il provvedimento, ha fatto sapere lo staff del DSP alla stampa USA, sarà oggetto di un ricorso in appello. Mercati: il futuro è glocal L’approccio di Spotify è essere un’azienda globale con team locali molto radicati: un assetto del genere - spiegano Jenny Hermansson (Nordic MD) e Michael Krause (European General Manager) - è indispensabile per affrontare un mercato come quello del Vecchio Continente, “molto interessante ma estremamente frammentato per lingue, culture e abitudini. In questo contesto abbiamo registrato una buona performance negli abbonamenti a pagamento, con ampi margini di crescita. Di fatto in tutti i mercati locali abbiamo team locali focalizzati sulla musica che non solo ascoltano, ma vanno ai concerti, per comprendere meglio le sfumature delle varie realtà. Oggi come oggi, per la scalabilità di Spotify, il local è più importante del global export: i repertori locali sono più forti che mai, e questo è del tutto positivo”. L’attenzione ai creator Non è solo una questione “fisica” (il quartier generale di Spotify dispone di un fornitissimo studio di registrazione dal quale sono passate parecchie star internazionali, tra i quali anche i Maneskin, per registrare session esclusive, piazzato strategicamente nel cuore dell’edificio): “Liberare il potenziale della creatività è un mission impegnativa, ma ci piace”, spiega il team locale del DSP a proposito di artisti e podcaster, ai quali sono stati dedicati tool specifici come Spotify for Artist e Spotify for Podcaster, “one stop shop” per creator con statistiche, insight e buone pratiche per scalare il sistema di playlist che proiettano le realtà locali sul panorama internazionale. Solo tra il 2020 e il 2021, spiega lo staff, è successo a più di 150mila tra band, artisti e podcaster in tutto il mondo. [lo studio di registrazione di Spotify] I numeri Restano ovviamente pendenti temi importanti, come l'evoluzione degli audiolibri e l'apertura del servizio ai nuovi formati audio ad alta definizione. In questo senso, la linea - prudente - è quella del wait and see, aspettate e vedrete, già espressa da Söderström a proposito della disponibilità del catalogo in Hi-Fi: qualcosa bolle in pentola, esattamente cosa - e, soprattutto, per quanto tempo ancora - è difficile dirlo. Di certi, per conclure, ci sono i numeri, parte dei quali già riferiti dal blog Loud & Clear offerto dal DSP. Dei 515 milioni di utenti mensili attivi registrati da Spotify nel primo trimestre del 2023, il 30% sono residenti in Europa. Sempre in Europa risiede il 39% dei 219 milioni di utenti a pagamento del servizio. Dal 2008, anno del debutto sul mercato svedese, la piattaforma ha corrisposto ai titolari dei diritti quasi 40 miliardi di dollari: in termini di monetizzazione, per la prima volta nel 2022 10.100 artisti sono riusciti a guadagnare solo da Spotify oltre 100mila dollari in un anno: cinque anni prima, nel 2017, appena 4300 artisti erano stati in grado di monetizzare cifre superiori ai 100mila dollari. Dei 10.100 artisti che hanno generato più di 100mila dollari in un anno, il 35% è residente in paesi fuori dalla top ten dei mercati più ricchi - secondo IFPI - presso i quali opera il servizio, che nel 2022 erano Australia, Canada, Cina, Italia, Francia, Germania, Giappone, Corea del Sud, Gran Bretagna e Stati Uniti.