In concomitanza con il cinquantesimo anniversarsio della nascita dell'hip hop, Spotify ha reso note alcune statistiche riguardanti il genere registrate sulla propria piattaforma. Secondo quanto riferito dal blog ufficiale della società svedese quello nato nel Bronx ormai mezzo secolo fa risulta "uno dei generi più ascoltati a livello mondiale", con oltre "400 milioni di utenti in tutto il mondo" ad averne frequentato il repertorio dallo scorso mese di gennaio a oggi. Sempre su scala globale, il DSP può contare su 53 milioni di playlist curate da utenti dedicate all'hip hop, con oltre due miliardi di playlist che contengono almeno un brano ascrivibile al genere. L'aspetto più interessante che caratterizza i dati estratti da Spotify riguarda la rilevanza dei mercati locali rispetto alla diffusione dell'hip hop. Dal 2020 a oggi quasi la metà dei 50 artisti più ascoltati su Spotify possono essere considerati rap o hip hop. Al di là degli abituali gangli che sfornano le superstar americane - nello specifico New York, Atlanta, Los Angeles e Miami - sono sempre di più le voci non angolofone in grado di conquistare le platee mondiali. "È interessante che l'hip-hop sia diventato regionale, ma allo stesso tempo anche senza regione", ha spiegato Carl Chery, direttore creativo a capo della divisione Urban Music di Spotify. “La trap non è più un'esclusiva di Atlanta: abbiamo sentito Drake, Kendrick Lamar e J. Cole rapper sui ritmi trap. Così come la drill non è più un'esclusiva di Londra, Chicago e New York; è un suono globale. E' sempre affascinante vedere quanto velocemente viaggiano i suoni adesso”. Dall'inizio dell'anno a oggi, nella top ten dei mercati hip hop globali di Spotify in testa restano saldi gli Stati Uniti, seguiti da Messico e Brasile. Giù dal podio sorprende la Germania, quarta, che si lascia alle spalle la Francia e il Regno Unito. Sulla settima piazza sale la Spagna, seguita da India e Canada, come - in decima posizione - l'Italia come fanalino di coda del gruppo di testa. "Gli americani, oggi, si approcciano alla musica con una mentalità molto più globale", ha proseguito Chery: "Oggi sanno che, là fuori, c'è tutto un mondo da conquistare. Stiamo vedendo sempre più artisti provenienti dai mercati internazionali avere successo negli Stati Uniti: Central Cee è un ottimo esempio. Ora ci troviamo in uno spazio in cui questo genere può nascere a Toronto, Londra, Parigi o in Nigeria e farsi strada negli Stati Uniti”.