Ironia della sorte: in un momento in cui l’Italia si sta ritagliando un angolo sempre più importante sul panorama musicale mondiale - con i sold-out dei Maneskin negli Stati Uniti, star come Travis Scott e Kanye West che scelgono il nostro Paese per i propri eventi speciali e il livello di attenzione nei confronti del nostro repertorio sempre più alto da parte del settore internazionale della sincronizzazione - il quadro economico internazionale sta ponendo, a tutti i player del settore, sfide importanti. Sfide che occorre affrontare quanto prima, per cogliere le occasioni giuste e non avere rimpianti futuri. Perché "non c’è mai stata una tale attenzione nei confronti del nostro panorama musicale come in questo periodo”, conferma Enzo Mazza, ceo di FIMI - Federazione Industria Musicale Italiana: “Penso, per esempio, alle recenti dichiarazioni di Mick Jagger sui Maneskin, ma di esempi se ne potrebbero fare tanti - non ultimo, quello dell’ottima accoglienza riservata dal pubblico americano ai Coma_Cose in occasione dell’ultima edizione di Hit Week”. Francesco Del Maro, numero uno di Music Experience e Mela Inc, nonché fondatore e organizzatore di Hit Week (nella foto, al centro, tra Francesca Mesiano, a sinistra, e Fausto Zanardelli dei Coma_Cose, a destra, ndr), il festival da ormai quattordici anni impegnato nella promozione della musica italiana all’estero, e Alessandra Rainaldi, direttrice dell’ufficio di Los Angeles di ICE / Italian Trade Agency, che insieme a FIMI - Federazione Industria Musicale Italiana sostiene la manifestazione, concordano come non sia (solo) una questione di soldi: se da un lato le sinergie tra pubblico e privato restano la strada giusta per adeguare lo stanziamento dei fondi all’impennata dei prezzi registrata nell’ultimo anno, dall’altro un coordinamento solido e focalizzato sul settore tra partner - istituzioni, imprese e associazioni di categoria - è indispensabile per dirigere sforzi e investimenti nella direzione giusta. La buona riuscita dell’ultimo Hit Week, in sostanza, deve essere uno sprone ad alzare l’asticella per le prossime edizioni: opportunità sempre più grandi implicano obiettivi sempre più alti. Per salire sulla rampa di lancio, questo pare essere, nonostante tutto, il momento giusto - sebbene non il più comodo di sempre. Perché… Hit Week 2023, i numeri e le impressioni a caldo “Due sono le cose che, quest’anno, mi hanno colpito di più”, commenta Francesco Del Maro: “Una è la crescita organica e costante del festival: ogni anno abbiamo circa il 20% di pubblico in più rispetto all’edizione precedente. Ad aumentare, in platea, sono gli appassionati locali, che ormai vengono ai nostri concerti senza nemmeno conoscere gli artisti in programma: quest’anno le presenze sono state per il 75% americane e per il 25% italiane. L’altra è l’interesse sempre maggiore da parte dell’industria musicale americana nei confronti della nostra proposta: tanti professionisti statunitensi ci chiedono di incontrare i management degli artisti che coinvolgiamo. Senza dimenticare l’attenzione da parte delle università: a Miami l’ateneo locale ha addirittura organizzato una lezione sui Coma_Cose”. “Questa edizione consolida un lavoro portato avanti da anni”, ribadisce Rainaldi: “Ci si potrebbe domandare perché ICE si focalizza sull’industria musicale in un confronto con il primo mercato mondiale. Innanzitutto vanno ripensate le modalità di promozione da parte degli enti pubblici, non solo tramite i canali convenzionali: il Made in Italy ha le proprie origini in una tradizione artigianale che riflette le nostre radici culturali, saldamente ancorate al territorio. Va riconosciuto, quindi, il valore dell’industria musicale - e creativa in generale - come driver e acceleratore. L’Italia, per gli Stati Uniti, ha sempre avuto una grande potenziale in termini di attrazione. Hit Week, in questo senso, ci permette di capitalizzare un grande patrimonio in termini di sinergie e networking a beneficio dei nostri artisti e dei nostri operatori”. Il problema dei costi Non è una novità: quello dell’intrattenimento musicale dal vivo, come tutti gli altri settori, negli ultimi dodici mesi si è trovato a fare i conti con l’aumento dei prezzi causato dall’impennata generalizzata dell’inflazione. Benché Hit Week sia riuscito a “costruire un brand solido e affidabile nel corso degli anni grazie a un’offerta qualitativamente altissima e costante”, per Rainaldi il quadro macroeconomico globale “ha eroso le risorse del festival”. “Quest’anno per la trasferta negli USA siamo stati costretti a far fronte a un aumento dei prezzi proibitivo, pari a circa il 50% rispetto all’anno precedente”, conferma Del Maro: “Con FIMI e ICE dovremo fare una riflessione su come affrontare questo problema, se mantenere il format delle date distinte o concentrare gli sforzi su un unico evento. Il coinvolgimento delle istituzioni implica che Hit Week debba mantenersi a prescindere delle logiche commerciali che regolano il mercato del live: lo Stato, va da sé, non può mettersi a fare il promoter. In ogni caso, è molto bello vedere come, sul versante istituzionale, ci sia sempre stata una grande sensibilità nei nostri confronti, a prescindere dagli esecutivi in carica”. Mazza è certo che “in futuro le istituzioni investiranno sempre di più nella promozione dell’industria musicale all’estero”. “Il settore musicale ha storicamente avuto difficoltà a farsi percepire dalle istituzioni come comparto industriale, ma le cose - negli anni - sono cambiate", osserva il ceo di FIMI: "Il tax credit musica vale circa 5 milioni di euro, e la top ten degli album più venduti in Italia nel 2022 è al 100% composta da produzioni nazionali. Quello del cinema vale 800 milioni, e il primo film italiano nella classifica delle pellicole più viste lo scorso anno è al tredicesimo posto. La musica, in sostanza, non è più un fenomeno di contorno, ma una precisa parte del soft power italiano che, in relazione con altri settori come food, fashion, design e altro rende grande il nostro Paese nel mondo”. Un patrimonio ancora tutto da sfruttare Non è solo l’”effetto Maneskin” citato da Fausto Zanardelli dei Coma_Cose nel corso dell’incontro con gli studenti dell’University of California Los Angeles: il nostro Paese è letteralmente seduto su una fortuna che non aspetta altro di essere utilizzata. “Come legacy, l’Italia ha un patrimonio immenso, che purtroppo non sempre riesce a sfruttare”, osserva Rainaldi: “E’ parte di un filone preciso, che quando riesce a trovare una connessione con l’attualità si rivela vincente: ne è prova la rassegna dedicata a Ennio Morricone, ancora in fase di svolgimento qui a Los Angeles, che si è rivelata un grande successo. Perché questo genere di approccio diventi lo standard è necessaria una regia esclusivamente dedicata alle attività degli attori pubblici operate a stretto contatto con le associazioni di categoria, come FIMI, perché noi di ICE, in fin dei conti, siamo tecnici dell’internazionalizzazione”. Perché non aspettare Nonostante le difficoltà dal punto di vista economico, quello che l’industria musicale italiana sta vivendo è un periodo “decisamente favorevole”, specialmente per quanto riguarda i legami con il mercato statunitense. “Tante produzioni - nell’ambito dell’audiovisivo - hanno scelto l’Italia, e credo che il merito non sia solo del tax credit”, conferma infatti Rainaldi: “Se in termini numerici il mercato musicale italiano non potrà mai competere con quello americano, sicuramente sul versante delle professionalità e delle eccellenze la partita è da considerare aperta: a dimostrarlo sono i tanti nostri connazionali che operano, con successo, qui a Los Angeles [come, per esempio, Jacopo Volpe, già batterista per Salmo oggi impegnato con la star americana Post Malone, intervenuto a tutti gli appuntamenti tenuti nell'ambito di Hit Week 2023 nella città californiana, o Marco Sonzini, tecnico del suono italiano residente in città con una citazione nei crediti del nuovo album dei Rolling Stones, ndr]. La produzione musicale è caratterizzata da una filiera lunga, che ha bisogno di precisi investimenti infrastrutturali: in questi termini, le sinergie tra pubblico e privato sono fondamentali per attivare le produzioni nel nostro Paese”. Per riuscire a mettere a sistema tutte le potenzialità e le opportunità ICE, spiega Rainaldi, dovrebbe dotarsi di “un'expertise esplicitamente dedicata al mercato musicale. Specialmente per quanto riguarda quello statunitense, abbiamo bisogno di un lavoro di squadra più approfondito, che ci permetta di mappare le opportunità offerte dagli USA alle nostre realtà imprenditoriali. Penso, per esempio, ai business incubator dedicati alle start-up: negli Stati Uniti esistono per tutti i settori, come per esempio quello del gaming, ma per quanto riguarda il mercato musicale siamo ancora in fase di esplorazione”. I mercati emergenti: MENA “sorvegliato speciale” “Decentralizzazione” pare essere la parola d’ordine. “A livello locale lo osserviamo anche qui a Los Angeles”, precisa Rainaldi: “Mentre fino a qualche anno fa la città aveva una sorta di esclusiva per quanto riguarda le attività della filiera creativa, dopo la pandemia - negli Stati Uniti - sono cresciute zone un tempo considerate periferiche nella mappa del comparto dell’intrattenimento, come il Texas o la Florida, dove i costi più bassi stanno favorendo la nascita di nuove realtà imprenditoriali”. Allargando il quadro, gli ultimi rapporti IFPI parlano di crescite a doppia cifra di mercati prossimi a eguagliare, se non addirittura a superare, quelli occidentali. Oltre all’estremo oriente, la regione di Nord Africa e Medio Oriente è quella che sta attirando maggiormente l’attenzione degli investitori. Possibile che, in futuro, Hit Week immagini di operare anche lì? “Sono appena stato in Arabia Saudita, Qatar ed Emirati, e sì, le opportunità indubbiamente sono tante”, conferma Del Maro: “Soprattutto a Riyad, dove il governo guidato da Mohammad bin Salman ha varato un ambizioso programma di investimenti per far crescere il paese come polo musicale a livello regionale. Mi ha stupito, nella linea adottata dal governo saudita, la grande apertura nei confronti delle realtà estere: è un dato interessante, nell’ottica di sviluppare ulteriormente quello che già stiamo facendo”. “Quando si parla di mercati emergenti, occorre avere ben presente le peculiarità delle diverse aree”, conclude Mazza: “Se in Asia la richiesta è più per la musica tradizionale italiana - basti pensare al numero impressionante di appassionati di opera presenti in Corea del Sud - in Medio Oriente e Maghreb il veicolo di penetrazione designato è senz’altro l’urban: con tanti artisti di originari di quei paesi attivi sul nostro panorama musicale, le collaborazioni con star locali potrebbero essere sicuramente un buon viatico per allargare i nostri orizzonti commerciali. Considerando, oltretutto, quanto lo streaming sia riuscito ad accorciare le distanze, svincolando le etichette dalle problematiche logistiche ed economiche legate alla distribuzione del prodotto fisico”. Il futuro di Hit Week (e uno spoiler sulla prossima edizione) “E’ inevitabile pensarci, tirando le somme. E tra le opzioni c’è anche quella che, un domani, questa iniziativa possa esaurire il suo ciclo”, conclude Del Maro: “A ogni edizione mi balena l’idea che la prossima possa essere l’ultima, così - tra me e me - immagino di chiamare Negrita e Subsonica [in line-up a partire, rispettivamente, dalla prima edizione, nel 2009, e dalla terza, nel 2011, ndr] per un bel farewell show. Poi, però, ci ripenso sempre. Per dire, oggi so già chi vorrei chiamare il prossimo anno: Enzo Avitabile. E’ uno degli artisti italiani che, personalmente, apprezzo di più. E’ stimatissimo dai suoi colleghi, anche se non popolare come meriterebbe presso il pubblico generalista. E’ per certi versi ascrivibile al filone della world music, cosa che a Miami lo renderebbe estremamente attrattivo, per il pubblico. Dal punto di vista dell’attività dal vivo vedo che è molto legato al territorio, il Sud Italia, ma trovo che abbia delle potenzialità enormi negli Stati Uniti, soprattutto sulla east coast. Ecco perché, il prossimo anno, vorrei averlo in cartellone”.