Sono stati 7 giorni intensi per Daniel Ek, CEO e fondatore di Spotify che è tornato a fare notizia sui media, per una volta senza che lo spunto fosse il calcio. Due i temi che lo riguardano. Il primo è relativo a un’intervista concessa una settimana fa al britannico Daily Mail, nella quale ha dichiarato che oggi, probabilmente, non sarebbe in grado di fondare e lanciare un’azienda innovativa come Spotify poiché non ci sono le stesse condizioni di mercato di quando la piattaforma vide la luce. La causa, secondo Ek, è la posizione dominante di Apple e Alphabet che ormai dettano le regole del mercato digitale soffocando l’innovazione. La sua offensiva mediatica, tuttavia, è completamente indirizzata in direzione di Cupertino: la Mela, infatti, applica una commissione del 30% a tutte le app che vengono acquistate e attivate sul proprio store, generando miliardi di profitti e sottraendosi al balzello che impone alla concorrenza. Che, in tema musicale, si traduce con il nome di Spotify. Ek, nell’intervista, invoca il passaggio del Digital Markets Bill britannico che, sostiene, Apple sta invece ostacolando investendo milioni di dollari in attività di lobby che rallentino o blocchino il processo. Il CEO di Spotify contesta che Apple sia l’architetto e, al contempo, l’abitante più ingombrante dell’ecosistema iOS, che però abita senza osservare le stesse regole imposte agli altri. Negli stessi giorni, si apprende, Ek ha monetizzato una piccola parte del suo patrimonio vendendo azioni di Spotify in suo possesso per l’equivalente di 64 milioni di dollari, che si sommano ai circa 100 milioni di dollari relativi alla vendita perfezionata tre mesi fa. Le azioni cedute nelle due tranches successive sono complessivamente 1.075.000, poco più del 3% del totale detenuto da Ek (ossia, quasi 31 milioni per un valore che si attesta intorno ai 5 miliardi di dollari). Ek è il socio di maggioranza relativa di Spotify, con circa il 16% delle azioni della piattaforma in portafoglio.