Nelle ultime ore l’industria discografica americana è stata scossa da due gravissime accuse di violenza e molestie sessuali a carico di altrettanti esponenti di spicco del settore. Neil Portnow, ex presidente e amministratore delegato della Recording Academy, l’associazione di produttori e discografici che organizza i Grammy Awards, è stato accusato di violenza sessuale. Il fatto contestato risalirebbe al 2018. Una donna - un’artista non americana che all’epoca si esibiva alla Carnegie Hall, a New York - ha dichiarato al New York Times di essere stata drogata e successivamente stuprata da Portnow in una stanza d’albergo di Manhattan. Una denuncia formale è stata depositata presso la Corte Suprema dello stato di New York. L’accusa emerse già nel 2020, quando Deborah Dugan, che prese il posto di Portnow dopo le dimissioni del dirigente in seguito a controverse dichiarazioni sessiste, fu messa bruscamente in congedo e successivamente licenziata dopo appena otto mesi di lavoro: Dugan, all’epoca, riferì di essere stata costretta a lasciare il proprio incarico proprio per insabbiare le accuse rivolte al suo predecessore, oltre che ad altri procedimenti sempre per molestie (con Dugan stessa nella parte della vittima e un altro alto dirigente della Recording Academy, Joel Katz, nel ruolo del molestatore), sottrazione di fondi e per conflitto di interessi. A suo tempo, Portnow definì le accuse “ridicole e false”. Oggi, però, c’è un fascicolo aperto da parte delle autorità. “Neil Portnow sostiene a parole le donne che denunciano”, ha spiegato Jeffrey Anderson, uno dei legali della querelante: “Ma con i suoi atteggiamenti rende un pessimo servizio a ogni donna e a ogni musicista che viene oppressa da lui stesso e da altri come lui. Non si tratta solo di Portnow, e non solo della Recording Academy, ma della cultura nell’industria musicale e dell’intrattenimento e del suo linguaggio ambiguo riguardo allo stupro e agli abusi”. Di “prodotto dell'immaginazione della querelante, indubbiamente motivato dal rifiuto del signor Portnow di soddisfare le oltraggiose richieste di denaro e di assistenza della querelante per ottenere una green card” parlano gli avvocati dell’accusato, respingendo le accuse e parlando di “una storia 'nuova e migliorata' con accuse ancora più oltraggiose e false” di quelle spiccate in prima istanza. La Recording Academy - oggi guidata da Harvey Mason Jr., successore di Deborah Dugan che ha messo inclusione, parità di diritti e rispetto al primo posto nell’agenda dell’istituzione - ha fatto sapere a Variety, in una nota - di “continuare e credere che queste accuse siano prive di merito”, e di volersi “difendere con forza in questa causa”. E’ una ex collega, invece, a puntare il dito contro Antono “L.A.” Reid, già cofondatore di LaFace Records, ex dirigente di Arista, Epic e Def Jam, e considerato uno dei più grandi discografici americani di sempre. Una ex dirigente di Arista, Drew Dixon, ha depositato presso il tribunale distrettuale di Manhattan una denuncia, nella quale sostiene di essere stata aggredita per due volte da Reid all’inizio degli anni 2000. La discografica sostiene di essere stata licenziata da Reid, perdendo l’opportunità di lavorare alla sviluppo di artisti di primissimo piano come John Legend, come “punizione” per aver rinunciato le sue avances. “I budget promozionali e discografici sono stati improvvisamente ridotti drasticamente o congelati del tutto”, si legge nella memoria depositata in tribunale a proposito delle presunte ritorsioni di Reid: “Le demo delle canzoni e le audizioni degli artisti vennero categoricamente rifiutate. Era molto chiaro che sarei stata punita perché non avevo obbedito”. Al momento, i legali di Reid hanno preferito non commentare. Il discografico fu già accusato di molestie sessuali nel 2017 da un’assistente della Epic, uno dei brand frontline del gruppo Sony Music: la vicenda, che non ebbe conseguenze dal punto di vista giudiziario, portò comunque alle dimissioni di Reid, che per la label aveva messo sotto contratto star come Travis Scott e Dj Khaled.