Il Presidente di PMI - Produttori Musicali Indipendenti Mario Limongelli ha preso posizione riguardo il dibattito scaturito dalle dichiarazioni rilasciate dal Sottosegretario alla Cultura con delega allo Spettacolo dal vivo e alla Musica Gianmarco Mazzi in occasione del panel istituzionale di apertura della settima edizione della Milano Music Week. Ecco, di seguito, l’intervento integrale che Limongelli ha fatto avere alla redazione di Rockol: Lunedì 20 novembre, al panel ufficiale di presentazione della MMW il sistema dell’industria musicale italiana ha avuto la possibilità di porre le proprie istanze al Governo per il tramite del Sottosegretario alla Cultura On. Gianmarco Mazzi che per il MIC ha la delega allo spettacolo e alla musica. Numerose sono state le richieste del settore, dall’approccio al tema dell’AI Generativa alla regolamentazione del mercato dei diritti connessi e alla tutela delle maestranze che lavorano nel comparto live. Tutte le sigle presenti hanno espresso apprezzamento al Sottosegretario Mazzi per la vicinanza al settore musica dal quale infine per sua stessa ammissione anche egli proviene. Al termine della serata, dopo avere condiviso gli appelli fatti dall’industria, il Sottosegretario Mazzi ha voluto invitare l’industria ad una riflessione in particolare sulle espressioni che alcuni (pochi) Artisti, per lo più appartenenti al genere trap e urban, utilizzano nei testi delle loro canzoni. Canzoni che vengono poi pubblicate dalle case discografiche e cantate sui palchi o palchetti in giro per il Paese e che hanno un generoso seguito di pubblico eterogeneo ovvero un pubblico giovane che va dai ragazzi delle periferie ai figli delle famiglie benestanti della Milano o della Roma bene, figli nostri insomma. Tali testi, come dice l’On. Gianmarco Mazzi, inneggiano alla violenza, spesso violenza verso le donne, istigano a comportamenti devianti e quanto di peggio non vorremmo mai sentire ripetere ai “nostri ragazzi” nei confronti dei loro coetanei. L’appello dell’Onorevole, rivolgendosi a tutti, seppur facendo esplicitamente i nomi di alcune case discografiche, è quindi quello di “fare qualcosa”, porsi il problema e cercare di trovare seppur parziali soluzioni o indicazioni, provare ad assumersi più responsabilità nei confronti di questi fenomeni che vanno poi a riflettersi nella società. Allora proviamoci! assumiamoci più responsabilità! Nessuno vuole censurare o tornare ai tempi in cui un “arbitro” della Repubblica dichiarava un opera dell’ingegno vietata o addirittura ne denunciava i creatori penalmente fino a bruciarla “sul rogo”, come avvenne nel 1972 per il caso del film di Bernardo Bertolucci “Ultimo Tango a Parigi” (la pellicola venne effettivamente sequestrata e bruciata, si salvarono solo le copie duplicate in Francia) a causa proprio di scene di violenza, una in particolare, nei confronti delle donne….per poi riabilitare il film, addirittura dopo 40 anni restaurarlo includendo tutte le scene una volta tagliate, e infine eleggerlo come un capolavoro della cinematografia mondiale. Si dice che ogni epoca ha gli Artisti che merita, che gli Artisti, soprattutto quelli impegnati nelle arti popolari, e la musica leggera è certamente tra queste, siano “lo specchio” della società…allora la domanda è: in questo caso si tratta di un’eccezione alla regola oppure la nostra società è anche un po’ così? Violenta, sessista, misogina, incline alla sopraffazione? Nel 1980 Vasco Rossi dava alle stampe “Colpa d’Alfredo” che conteneva l’omonima traccia, salita agli onori della cronaca per l’incipit che quasi tutti ricordano, “Ho perso un’altra occasione buona stasera, è andata a casa con il negro la troia” che in una sola frase metteva insieme espressioni razziste e sessiste, canzone quindi censurata tanto che la stessa casa discografica preferì pubblicare un’altra traccia come singolo di lancio dell’album. Ma la storia ci dice che quella canzone censurata divenne un inno generazionale, tanto da diventare il brano di apertura del concerto dei record che si tenne qualche anno fa a Modena da parte di Vasco… Lo stesso Artista ebbe per sua stessa ammissione problemi con la droga, fu costretto a passare un periodo breve in carcere, era considerato da molti un poco di buono, un cattivo maestro , uno da evitare, da non ascoltare, da denunciare….adesso invece è Vasco Rossi; nessuno, politici compresi, osa neanche più nominarlo, muove folle oceaniche di persone, adulti over 60 e ragazzini di 15 anni che tutti insieme allo stadio cantano le sue canzoni e non manca mai quel brano con quella frase “violenta” cantata a squarciagola anche da tutto il pubblico femminile. Ma se venisse scritta oggi quella frase lascerebbe tutti indifferenti o ci sarebbe una nuova levata di scudi in difesa delle donne e magari degli immigrati? La nostra società è divenuta più sensibile a certi problemi e quindi si ritiene in dovere, comunque, di denunciare e prendere posizione? O forse certi problemi ci sono sempre stati e fanno parte di una società multietnica dove le periferie spesso diventano teatri di violenza e sopraffazione? Il discorso è molto complesso e di ampio respiro. Seguendo l’appello del Sottosegretario Mazzi qualcosa va comunque fatto, se non altro porsi il problema. Soprattutto tra coloro che questa musica la sfruttano anche economicamente, trasformando espressioni violente in soldi che remunerano sia quegli Artisti che le cantano, sia le case discografiche che le pubblicano e sia per gli organizzatori di concerti. Chiediamoci infine se questa violenza non sia fine a sé stessa. Da sempre la violenza è espressione Artistica, pensiamo a tutto il cinema di Stanley Kubrick, ma da sempre è stata trattata come metafora per dire altro, proprio per denunciare la violenza stessa, e solo per questo motivo queste espressioni dell’arte musicale e cinematografica (e non solo) sono passate alla storia e sono oggi esempio e fonte di studio per le nuove generazioni. Dobbiamo quindi chiederci se le nuove espressioni citate dall’On. Mazzi, espressioni di giovani Artisti che si affacciano sulla scena musicale italiana, abbiano o meno la stessa valenza o siano solo espressioni volgari fini a sé stesse…e queste valutazioni competono “in primis” a chi pubblica queste canzoni e ci lucra. Non si tratta di censurare o “mandare al rogo”, si tratta di valutare un’espressione Artistica e decidere se investire dei denari su questa scena o su un’altra. Significa prendersi una responsabilità ed avere una visione di lungo periodo come ebbero i discografici di Vasco Rossi ai tempi di "Colpa d’Alfredo", ovvero credere in un Artista non perché avesse un alto numero di like sui social o visualizzazioni a non finire su Youtube, ma perché nonostante le espressioni a volte violente, si intuiva che aveva qualcosa da dire, che rappresentava un’intera generazione. Ed hanno avuto ragione. Oggi la discografia e le persone che ne fanno parte hanno voglia di comportarsi nello stesso modo? Di scegliere anche di non pubblicare? O vale sempre la regola che c’è il mercato che si autoregolamenta da solo e quindi, per restare in tema, chi se ne frega? Mario Limongelli Presidente PMI