Lavorare nel mondo della musica – non solo come artisti – è il sogno di molte persone, ma spesso queste incontrano dei pregiudizi che possono far sviare le scelte verso altri settori considerati più “sicuri e stabili”. Scelta errata e il motivo non arriva da una romantica narrazione che si basa sul concetto che è “il lavoro più bello del mondo” anche questa idea, certo - ma su numeri che confermano la ripresa post covid e la crescita continua (ormai da otto anni) dell’industria musicale. Allora, come si entra a far parte dell’industria musicale? A rispondere a questa domanda sono stati Claudio Ferrante (CEO di Artist First), Pico Cibelli (Presidente e amministratore delegato WMG Italia) e Carla Armogida (Artist and Label Partnerships Lead Southern Europe Spotify). A moderare il panel “Le nuove figure della discografia: cosa serve per lavorare in una label?” – tenutosi durante la Milano Music Week 2023, ospitato dai locali di Torneria, via Tortona 32, Milano) – è stato Andrea Biondi, vicecaposervizio de Il Sole 24 Ore, che ha chiesto: “È più semplice lavorare nel mondo della discografia? Quali sono le nuove figure lavorative ricercate e competenze richieste, complice anche la trasformazione digitale?”. Il primo a rispondere è stato Claudio Ferrante: “Chi vuole intraprendere questo percorso parte da un sogno, una passione, che è il driver principale; di queste persone che è fatto il nostro settore. Lavorare in discografia significa fare un lavoro a contatto con artisti e musica, ascoltare un pezzo per due giorni, è indiscutibilmente affascinante. I lavori possibili sono aumentati con l’avvento dell’era digitale, oltre a quelli già presenti. Oggi, ci accorgiamo che chi si affaccia alla discografia vorrebbe lavorare come A&R”. Pico Cibelli ha aggiunto: “A&R è colui che lavora con artasti e editori, è il ruolo più affascinante, ma non è di certo la figura che sta tutto il giorno in ufficio ad ascoltare musica”. “Quali sono le difficoltà – ha proseguito Andrea Biondi – che si riscontrano oggi nella ricerca del lavoro?”. Pico Cibelli: “Ultimamente i parametri sono cambiati, ma c’è sempre il passaparola, Linkedin. Arrivano molte candidature. La musica è un’industria sanissima, in grande crescita in tutto il mondo e garantirà un futuro, questo grazie anche ai partner come Spotify. È il lavoro più bello del mondo perché quando entri in ufficio parli di arte ed è diverso e con tutto il rispetto, per esempio, di discutere della lattina della Coca Cola. È un settore che ha da una parte le regole di marketing, ma dall’altra c’è la creatività, la magia”. Claudio Ferrante: “Grazie allo streaming è diventata sexy anche al mondo della finanza, grazie ai ricavi generati. Le aziende discografiche sono stabili grazie allo streaming”. Quest’ultimo argomento – il rapporto tra discografia e streaming - è stato approfondito da Carla Armogida, la quale ha spiegato: “Spotify cosa può portare alle label? Lavoriamo giornalmente con i nostri partner e questo ha dato un’accelerazione al mercato digitale. I profili importantissimi che servono alla discografia e Spotify sono sia analitici sia creativi, come il ruolo del team editoriale: lavora per gli utenti e crea le playlist, ascolta musica tutti i giorni, ma vede anche la parte analitica, i brani che piacciono o no, fornendo delle indicazioni. Nel nostro lavoro è fondamentale captare cosa avverrà in futuro, l’evoluzione”. Cibelli ha sottolineato: “I dati sono determinati anche per lo scouting perché ci aiutano ad avere le idee chiare di cosa sta succedendo al mercato. Attenzione però: la musica è una magia che a volte va contro i dati. La componente artistica va letta sempre sui due fronti: analitico e artistico”. Ferrante ha invitato ad una riflessione: “Avere dei numeri vicino alla canzone, avere una caratterizzazione forte dei numeri, ha portato un effetto collaterale: la competitività che diventa un elemento di forti pressioni - anche per chi si candida in ruoli ‘rischiosi’ - che genera tossicità”. A fronte di queste affermazioni, Andrea Biondi ha chiesto quale figura sta mancando in questo momento. Ferrante: “In realtà dipende da come le aziende sono organizzate. Da noi (Artist First, ndr) manca un collante tra la scoperta e il palco: la delicatezza del ruolo di chi lavora con l’artista è fondamentale. Abbiamo personalizzato qualche mansione”. Cibelli: “Grazie a tutti i corsi di formazione, master, le proposte che ci arrivano sono molte e di alte livello, i ragazzi sono molto più preparati. Sono cambiati molto i ruoli, per esempio la promozione: oggi abbiamo dei tiktok specialist, persone che lavorano sul digitale. È un’industria per giovani, ma anche per vecchi che si aggiornano. Spingo tutti voi a essere curiosi: è la componente fondamentale”. Carla Armogida ha concluso l’incontro parlando delle figure lavorative emergenti: “Ci sono stati molti cambiamenti, rispetto a 6/7 anni fa. I ruoli professionali si sono diversificati e noi abbiamo la capacità di formare molte persone perché è un mondo estremamente competitivo, dove spesso non ci sono sabato o domenica, festività. Ad oggi il ruolo che deve essere più formato è quello del manager”. Pico Cibelli ha concluso con un consiglio: “La formazione universitaria conta moltissimo, specialmente se si vuole lavorare nel business musicale e bisogna essere curiosi, interessati a questo settore: può essere utile per dare quello step in più”.