Non so scrivere necrologi, questo è solo il ricordo di un amico. Trova spazio qui perché il mio amico Ernesto era un giornalista con i fiocchi che, da qualche anno, era anche un collaboratore ufficiale di Rockol. Siamo in lutto, devastati, di colpo impoveriti. Quando si parla di giornalismo musicale, Ernesto rientra nella lista breve che include chi può essere chiamato colto. Lo era perché per la musica aveva il fuoco dentro e conservava la curiosità di un praticante alle prime armi, una virtù che lo riparava da qualsiasi forma di snobismo professionale. Un adorabile workaholic. Voleva bene a Rockol da moltissimi anni. Stimava genuinamente il lavoro della nostra redazione, la competenza della nostra testata e la nostra resilienza da indipendenti. Averlo con noi, come uno di noi, in questi pochi ultimi anni è stato un onore grandissimo, indicibile. Professionalmente mi sentivo legato a lui da un bizzarro doppio filo che annodava da un lato Bruce Springsteen e dall’altro il ruolo della tecnologia nella musica. Abbiamo molto riso e ragionato su entrambi i temi, mangiando insieme i nostri crudi senza smettere di lavorare. E in quelle discussioni sfoggiava la rara capacità di rivolgere una critica avvolgendola in quella che faceva suonare come una nuova idea: poi, quando scartavi la confezione, scoprivi la verità per farne tesoro. Non sono all’altezza di esprimere a parole la sua grande umanità, ma fidatevi: qualsiasi cosa bella si dica su di lui è sicuramente vera. Foto di Claudio Sforza per gentile concessione di Mondadori