Nella recente masterclass tenuta sul tema dei Superfans abbiamo analizzato il crescente peso e ruolo del vinile. Un articolo di merchandise assurto a simbolo di un legame tra artista e fan ben più significativo di quello che l’esperienza in streaming è in grado di creare. Il che mi ha lasciato con il desiderio di approfondire qualcosa che si cela dentro il vinile: l’album. Secondo stime diffuse da Luminate, le vendite di album in vinile sono cresciute costantemente per 17 anni, aumentando in particolare del 46% nel 2020 e del 51% nel 2021. Credo che, come minimo, possiamo considerare questi dati come un segno concreto che un'intera raccolta di canzoni rappresenti qualcosa di significativo e che valga la pena di spendere 20-30 euro per un oggetto musicale tangibile. Luminate, però, ha anche sancito che il 50% degli acquirenti di LP non possiede un giradischi. Cosa ci racconta, questo…? Che sono giovani, innanzitutto, altrimenti è più probabile che ne avrebbero in casa uno. Che anche se la musica che quell’oggetto racchiude è accessibile in streaming, per loro l’oggetto ha un suo significato a prescindere, un valore percepito che trascende il possesso di un album che non possono nemmeno suonare: un valore analogo a quello di un poster da appendere o di una t-shirt da indossare, quindi una testimonianza del loro legame con l’artista o la band che quell’album ha prodotto. E che chi vende album in quantità significativa non è necessariamente un inquilino fisso delle classifiche contemporanee, nelle quali il peso dei plays è preponderante. Nella masterclass abbiamo presentato un caso di studio su "Utopia" di Travis Scott. Ma gli esempi non mancano (e non è necessario ricorrere alla solita e ubiqua Taylor Swift, ormai adatta a qualsiasi statistica dell’industria musicale): per farne giusto uno, cito Lana Del Rey: negli ultimi dieci anni ha bazzicato poco la top 40 ma quest’anno ha venduto oltre 500.000 vinili e 145.000 CD. Il vinile, spiegavamo poi agli iscritti alla masterclass, vanta anche altre due caratteristiche significative ma spesso trascurate. La prima: ha un prezzo e un valore economico che un abbonato a un DSP non potrebbe mai pareggiare, se non in via puramente teorica (30 euro in streaming, vado a memoria, si raggiungono ascoltando musica senza interruzioni per un paio di settimane - senza dormire, però). Espresso in altra maniera, significa che mentre il valore della musica digitale si è rivelato straordinariamente decrescente nel tempo, per il vinile accade esattamente il contrario. La seconda: le royalties di un album su vinile si spalmano equanimemente su tutti i brani che lo compongono, cosa che non accade in streaming (i ‘filler’ non generano plays): tutt’altro che irrilevante per l’intero tema della valorizzazione dei cataloghi. E proprio qui deve essere scattato il desiderio di ragionare sull’album, il formato musicale che simboleggia più di qualsiasi altro l’impatto culturale di un artista, le fondamenta di una carriera duratura. E parto da una considerazione: questo secolo ha celebrato la morte dell'album. L’arrivo dell'MP3, prima con l’irruzione della tecnologia (Napster), poi col consenso dell’industria (iTunes) ha lanciato all’appassionato di musica un messaggio preciso: poteva tranquillamente scegliersi le sue canzoni preferite, scaricandole. E’ stato l’inizio dell’Economia della Canzone, un revival del mercato degli anni ’50 e ’60. Lo streaming ha poi spiegato al fan che non serviva nemmeno più scaricare la musica per comporsi il suo mixtape – pardon: la sua playlist personale. Ma non era che l’inizio, perché poi è subentrato l’algoritmo che ha consolidato il modello di business nei primi dodici anni di economia dello streaming: il suo arrivo sulla scena ha addirittura sollevato il fan dalla responsabilità di scegliere, confezionando playlist automatizzate. La conseguenza è stata duplice: una sempre minore possibilità di scoprire nuova musica e un formato – la playlist – che soppiantava l’album. Infine TikTok ha affermato un nuovo algoritmo capace di rendere veri successi dei frammenti di canzoni, anche prima che le canzoni fossero completate. Cosa può avere a che fare TikTok con il lento ritorno dell’album verso il centro della musica? Il binomio “canzone breve + viralità” è una formula di successo se si applica al consumo. Tutt’altra cosa è riferirsi all’ascolto. Una fruizione distratta, quando non addirittura casuale, non nuoce al consumo, anzi: lo alimenta nel meccanismo dello streaming; però non costruisce una relazione tra l’artista e l’ascoltatore, perché l’artista è irrilevante nel contesto in cui quel pezzo diventa virale e celebre. In effetti, faremmo meglio a dire che là il contesto musicale manca del tutto. E’ una formula, poi, che monetizza solo grazie alle economie di scala: una coda lunga popolata da una pletora di micro-brani, dei quali solo una frazione riesce ad attivare quel circolo virtuoso che dal frammento su TikTok (che oggi paga poco o niente) conduce al play su Spotify etc. La conseguenza me l’hanno testimoniata diversi professionisti della discografia, spiegandomi che questa situazione ha offerto meno visibilità a veri artisti perché le etichette inseguivano i successi virali. E firmare gli “artisti” che stanno dietro a molte di queste tracce virali non si configura esattamente come una proposta commerciale di successo a lungo termine. Pochi degli artisti che hanno firmato contratti con etichette a seguito di loro singoli diventati virali sono stati in grado di ripetere l'impresa. Di più: il panorama attuale della musica pop non mostra molti artisti che abbiano avuto un impatto duraturo solo grazie alla forza dei singoli di successo. Infatti affiorano sempre meno nuove icone che in passato, con le top 100 affollate di meteore. Queste considerazioni su vinile e TikTok – che aiutano a distinguere tra chi ascolta e chi consuma, a capire perché e come lo fa - riconducono al ragionamento sull’album: al suo peso culturale e economico, alla sua capacità di lanciare carriere, di costruire autentiche icone e di rendere i cataloghi pregiati. Un peso inequivocabile in passato che ora l’album ha una possibilità di riacquisire gradualmente, perché l’industria si è accorta che quella frazione dei consumatori che sono gli appassionati di musica potrebbe sopperire al rallentamento della crescita dello streaming. Gli appassionati di musica – il target – sono solo una piccola parte degli ascoltatori di musica – il mercato di massa – eppure, “in pochi”, potrebbero generare nei prossimi anni più valore acquistando prodotti di quello che “in tanti” generano accedendo alla musica. Gli appassionati acquistano prodotti la cui musica è già nella loro disponibilità quando hanno una relazione significativa con l’artista. Se una canzone – sempre più breve, peraltro – diventa superflua con i suoi tre minuti di durata, l’album è un lusso non necessario nell’economia dell’attenzione, in cui costa e dura troppo. Ma la competizione per l’attenzione del consumatore – il terreno socio-economico-culturale in cui ha preso forma l’economia dello streaming – non è il riferimento corretto, qui. Sorge la necessità, invece, di dare priorità non al consumo della musica in sé, ma al contesto e al significato più ampio che la circonda, di cui è stata progressivamente spogliata con la sua smaterializzazione. Comincia a riavvertirsi l’esigenza di maggiore spazio per celebrare gli artisti, per interagire con loro oltre lo streaming, per un ecosistema musicale più ampio in cui curatela, narrazione e punti vendita specializzati siano il contesto in cui gli appassionati di musica generano valore per l’industria. Un album non si consuma, si ascolta. L'album è un progetto coeso, una dichiarazione artistica che i fans recepiscono e desiderano celebrare fuori dalla sfera digitale. Nel nuovo gergo del settore questo ritrovato focus su come amplificare la vera connessione tra le persone e la musica viene indicato come "world-building", la costruzione di mondi unici e completi intorno all’artista perché il suo successo sia duraturo, strategico, non parametrato a frammenti di 15 secondi di musica sui social media. Un potenziale fan deve essere attratto dall'artista, dalla sua storia, dalla sua visione del mondo e dai vari livelli che la sua arte porta con sè: a quel punto gli interesserà approfondire, fare parte di un mondo, anche acquistando e riproducendo un album. E’ un po’ la differenza tra sentire una traccia di passaggio anonima dentro una playlist che non ho scelto e riprodurla per un giorno e imbattermi in un artista la cui musica, visione, stile e arte si connettono profondamente con me: allora riprodurrò il suo album per tutta la vita.