Nel 2019 la nuova presidente eletta della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, delineò le sei priorità politiche che avrebbero guidato il lavoro della Commissione nel quinquennio 2019-2024. Tra queste spiccò il Green Deal europeo, definito dalla stessa presidente come un’impresa paragonabile a quella dello sbarco del primo uomo sulla luna. L’ambizioso programma infatti si prefigge l’obbiettivo di far diventare l’Europa il primo continente a zero emissioni entro il 2050, raggiungendo così la neutralità climatica. Il Green Deal è parte integrante della strategia della Commissione finalizzata ad attuare gli obbiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite delineati con l’accordo di Parigi del 2015, accordo che mira a contenere l’innalzamento della temperatura media globale al di sotto dei 2 gradi centigradi sopra i livelli pre-industriali, cercando di limitare tale incremento a 1,5 gradi centigradi per evitare i disastrosi effetti del cambiamento climatico. Questi obbiettivi riguardano tutti i settori dell’economia, tra cui anche quello dell’intrattenimento dal vivo, il quale contemporaneamente causa e subisce il cambiamento climatico. Il costante aumento delle temperature o la maggior frequenza di temporali sempre più violenti sono solo alcuni degli aspetti che minano l’esistenza stessa del business. Lo scorso anno gli organizzatori del Wacken Open Air – festival tedesco di musica metal – si sono trovati costretti, per la prima volta dopo 32 edizioni, a negare l’ingresso a 35.000 fan a causa dei violenti temporali che hanno danneggiato e reso inaccessibili alcune zone della venue. Qualche mese più tardi a Rio de Janeiro forti ondate di calore hanno portato al decesso di una ragazza 23enne, a seguito di un malore accusato durante il concerto di Taylor Swift. Benché vittima, il contributo del settore della musica dal vivo alla crisi climatica è tutt’altro che trascurabile. Tapio – società di consulenza belga – stima che il noto festival musicale Tomorrowland emetta ogni anno 150 tonnellate di diossido di carbonio, l’equivalente delle emissioni annuali medie di 9.300 belgi. Si stima che le emissioni di un concerto siano imputabili per l’80% agli spostamenti dei fan e degli artisti, i quali spesso intraprendono lunghi viaggi per raggiungere l’evento. Sempre più stakeholders della filiera sono consapevoli dei danni ambientali causati dal loro lavoro ed artisti, fan, organizzatori, venues stanno cercando delle alternative sostenibili per modificare il loro portafoglio di attività. Tra gli artisti, i Coldplay probabilmente sono tra i più noti, i quali hanno recentemente dichiarato come il loro ultimo tour “Music of the Spheres” abbia ridotto le emissioni di carbonio del 59% rispetto a quello precedente. L’impegno della band è globalmente riconosciuto anche se le accuse di greenwashing non sono tardate ad arrivare per via della loro partnership con Neste – azienda finlandese attiva nel settore della raffinazione, trasporto e vendita di petrolio e diesel rinnovabile. Tra le venues, molta attenzione si è concentrata attorno all’O2 di Londra. L’arena, gestita dalla multinazionale AEG Europe, ospita più di 200 eventi e attrae più di 9milioni di visitatori l’anno, confermandosi una delle location più importanti del mondo. Negli anni la qualità della proposta artistica è stata affiancata da una crescente attenzione verso il tema della sostenibilità. Tra le tante iniziative, l’O2 ha sviluppato una guida – Green Rider – contenente le best-practices per la realizzazione di un evento sostenibile che possa essere di ispirazione per tutti gli addetti ai lavori. Sono altresì note le numerose partnership con artisti finalizzate alla riduzione degli impatti dei loro eventi. Tra le più note vi è sicuramente quella con Billie Eilish, la quale terrà nel corso del 2025 ben 6 concerti all’O2. In occasione delle quattro date dei 1975 nella capitale inglese svolte tra il 12 ed il 20 febbraio di quest’anno, l’O2 è riuscita a realizzare i primi eventi “a carbonio rimosso” nella storia di questa venue. Ma come fa un evento ad ottenere tale qualifica? L’O2 è in grado di stimare ex-ante le emissioni di diossido di carbonio che un evento causerà. Queste, come anticipato, derivano ad esempio dal trasporto di fan ed artisti, dal consumo di cibo e bevande, dalla produzione dello show, dallo smaltimento dei rifiuti o dall’alimentazione della struttura. La principale soluzione a questo problema è naturalmente la riduzione delle emissioni stesse. La venue ha già in atto un portafoglio di attività finalizzate alla riduzione della quantità di diossido di carbonio emessa nell’atmosfera, tra queste attività figurano ad esempio la rimozione di cibo a base animale, l’introduzione di bicchieri riutilizzabili e di posate in materiali alternativi alla plastica o l’imposizione di una tassa per i parcheggi auto a carico dei consumatori. Benché un promoter possa impegnarsi per rimuovere quante più emissioni possibili, allo stato attuale è impossibile auspicare la realizzazione di un evento a emissioni nulle. Per ovviare a questo limite, la soluzione dell’O2 è il finanziamento di progetti CDR (Carbon Dioxide Removal) per la parte residuale di emissioni che non è in grado di eliminare. Tali progetti utilizzano specifiche tecnologie per rimuovere in maniera semi-permanente l’anidride carbonica presente nell’atmosfera, immagazzinandola in apposite riserve naturali o artificiali. Il rimboschimento è un esempio tipico di CDR, data la capacità degli alberi di immagazzinare temporaneamente il diossido di carbonio. Queste attività non vengono svolte direttamente dalla venue, ma questa si avvale di appositi market-maker che si occupano di veicolare le risorse finanziare verso quei soggetti che si occupano direttamente della rimozione del diossido di carbonio. La serie di eventi-pilota è stata realizzata in collaborazione con A Greener Future – associazione no profit inglese operante nell’ambito della sostenibilità degli eventi – e CUR8 – market maker per progetti CDR. Si stima che ogni serata di concerto abbia contribuito alla rimozione di 136,46 tonnellate di diossido di carbonio, per un totale nelle quattro serate di 545,9 tonnellate – l’equivalente dell’utilizzo annuo medio di elettricità di 395 case. Sam Booth – capo della divisione Sostenibilità di AEG Europe – commenta: “Con il successo di questa serie di eventi pilota primi al mondo nelle arene, abbiamo provato come sia possibile organizzare concerti nelle arene che non compromettano l’ottima esperienza dei fan, ma che allo stesso tempo tengano conto del loro impatto sull’ambiente. Speriamo che questo possa servire da campanello d’allarme per il settore su come la rimozione delle emissioni di carbonio sia una soluzione praticabile per la gestione degli eventi dal vivo, ma affinché sia un successo appare necessario il consenso di tutti gli operatori dell’industria dei live, dalle venue ai promoter, per arrivare agli artisti stessi”. Queste dichiarazioni fanno luce su come l’impegno dell’O2 si collochi all’interno di un più ampio terreno di gioco all’interno del quale tutti gli operatori possono sperimentare soluzioni e fornire contributi per la creazione di guidelines e best-practices condivise finalizzate alla realizzazione di eventi più sostenibili di cui può beneficiare il settore nella sua interezza. L’augurio è che sempre più realtà seguano questo esempio.