Il britannico Guardian ha offerto ai propri lettori l’opportunità di porre una domanda a David Gilmour, che proprio nella serata di ieri, a Roma, ha chiuso la propria residency di sei date al Circo Massimo in sostegno al suo nuovo album, “Luck and Strange”. L’ex sodale di Roger Waters nei Pink Floyd - che, secondo quanto riferito da testate internazionali come Financial Times e Variety, avrebbe appena beneficiato di diverse decine di milioni di dollari generati dalla cessione dei master della band di “The Dark Side of the Moon” a Sony Music - ha scelto di rispondere alla domanda di un suo fan, registrato sulla piattaforme del quotidiano come Zvilnik, che gli ha chiesto quale fosse la sua posizione nei confronti della proposta - già messa in atto su base volontaria dai Coldplay - di finanziare gli spazi di musica dal vivo di base in Gran Bretagna con una tassa sui biglietti delle grandi produzioni internazionali per le date previste nel paese. “Penso che l'industria musicale sia dura di questi tempi, e, per le persone che ci lavorano, le ricompense non siano giustificabili”, ha spiegato Gilmour: “I ricchi e i potenti hanno dirottato a loro beneficio la maggior parte dei soldi che girano nel settore. Ho avuto la fortuna di vivere gli anni d'oro, quando i musicisti se la passavano molto meglio, quindi sostengo tutto ciò che potrebbe essere fatto per rendere la vita degli artisti più semplice”. “Il musicista che lavora oggi deve uscire e suonare dal vivo, perché non potrebbe sopravvivere in nessun altro modo”, ha concluso Gilmour: “(i concerti) non si fanno durante le session di registrazione degli album, e questa è una tragedia, perché (questo fenomeno) non incoraggia la creazione di nuova musica. Non è il periodo più bello che il mondo abbia mai attraversato, poiché gradualmente tutto il lavoro si sposta verso le automazioni e l’intelligenza artificiale, e la quantità di persone che guadagnano (dalla musica) diventa sempre più piccola, con i ricchi che diventano sempre più ricchi. L'atteggiamento generale sembra essere quello di ‘al diavolo tutti gli altri’”. Prima che il Financial Times riferisse dell’effettiva cessione di master, diritti connessi e d’immagine dei Pink Floyd a Sony Music, Gilmour aveva spiegato di essere favorevole alle vendita del repertorio della band per ragioni personali, non economiche: "Sbarazzarmi del processo decisionale e delle discussioni che sono coinvolte nella gestione del catalogo è il mio sogno - aveva detto l’artista all’edizione americana di Rolling Stone - [La cessione] Non mi interessa da un punto di vista finanziario; mi interessa solo uscire dalla palude nella quale mi trovo da un po' di tempo".