L’<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/milano-music-week-2024-497441">ottava edizione della Milano Music Week</a> &nbsp;si terrà dal 18 al 24 novembre a Milano; l’evento dedicato all'industria musicale&nbsp;è promosso dal Comune di Milano - Assessorato alla Cultura, Assoconcerti, Assomusica, Fimi, Nuovo Imaie e Siae. Main sponsor:&nbsp;UniCredit, UniCredit Allianz Vita&nbsp;e&nbsp;TicketOne.

Ecco gli eventi di mercoledì 20 novembre, terza giornata:

14.00: Come gira la musica: piattaforme e compensi agli artisti. (Castello Sforzesco, Sala Viscontea)

Con: Andrea Miccichè (Presidente NUOVO IMAIE), Giampiero di Carlo (CEO Rockol) e Lodovico Benvenuti (Director of Multilateral Relations, Regional Director Europe per IFPI). Modera: Cristiana Tomei.

14.30: Costruire il concerto: i segreti dietro il palco. (Dazio di Ponente)

Con: Muller Alberto (production manager Live Nation Italia), Zappa Mario (production manager Friends &amp; Partners) e Santucci Claudio (stage and show designer co-founder Giò Forma).

15.30: The road to live: breve viaggio tra concerti e nuove venue. (Dazio di Ponente)

16.00: Grandi concerti a Milano: la ricerca che svela l'impatto sulla città. (Castello Sforzesco, Sala Viscontea)

Con: Dott. Bruno Sconocchia (Presidente AssoConcerti) e Prof. Nicola Salvati (Ordinario di Statistica Università di Pisa). Presentato da AssoConcerti.

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MMW24, gli appuntamenti professionali di mercoledì 20 novembre

Industria

Gli ospiti, gli orari, i dettagli...

Nel corso degli ultimi anni molta attenzione è stata posta sulla capacità della musica dal vivo di generare importanti esternalità economiche positive nei territori che ospitano concerti e, più in generale, eventi culturali. Il tema è stato per lo più analizzato nell’ambito delle grandi superstar internazionali, quali ad esempio Taylor Swift o Coldplay, per via dell’impressionante mole di appassionati che sono in grado di mobilitare in pressoché tutti i paesi del mondo. Molti autori hanno ad esempio identificato con il termine “<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-745350/taylor-swift-regno-unito-spinta-300-milioni-all-economia-britannica">Swiftonomics</a>” l’insieme degli impatti economici generati dal “The Eras Tour” di Taylor Swift. Bloomberg – società statunitense leader nell’elaborazione e diffusione di dati economici e finanziari – stima che la leg americana del tour abbia contribuito per 4,3 miliardi di dollari alla formazione del prodotto interno lordo nazionale del 2023. Similmente, il Washington Post – uno dei principali quotidiani statunitensi – riporta come le 6 date a Singapore della cantante americana potrebbero aver generato <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-746120/top-tour-e-ricadute-economiche-sui-territori-il-caso-singapore">un indotto economico compreso tra i 350 milioni e i 500 milioni di dollari di Singapore</a> (ammontare compreso tra i 260 milioni e i 375 milioni di dollari statunitensi). Il fenomeno delle ricadute economiche dei concerti tuttavia non riguarda soltanto le superstar del momento e diversi autori si sono posti l’obbiettivo di stimare le esternalità positive degli eventi culturali nella loro generalità.

All’interno di questo filone di ricerche si colloca <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-748104/tax-credit-musica-dal-vivo-proposta-di-assoconcerti">lo studio svolto dall’Università di Pisa, in collaborazione con Assoconcerti</a>, finalizzato a stimare l’impatto economico di alcuni concerti svolti in Italia nel corso dell’estate 2024 (Vasco Rossi, Coldplay, Taylor Swift, David Gilmour, Zucchero, Lucca Summer Festival o La Prima Estate, per citarne alcuni). L’indagine ha riguardato spettacoli molto eterogenei in termini di generi musicali, dimensione, pubblico, format dell’evento o territori coinvolti. Questa variabilità permette, non solo di poter prevedere l’impatto sul territorio di spettacoli tra loro molto diversi, ma anche di poter maturare delle considerazioni sulle determinanti dei soprammenzionati impatti. L’indotto economico non è infatti funzione soltanto del numero di spettatori coinvolti: concerti dall’affluenza simile possono avere ricadute sul territorio molto diverse. A titolo puramente esemplificativo, i concerti di David Gilmour e Ed Sheeran hanno richiamato entrambi un numero simile di fan (i primi 73.383, i secondi 78.821), ma l’indotto stimato è rispettivamente 61 e 24 milioni di euro. Obbiettivo del presente articolo è quello di commentare alcune delle variabili che potrebbero influenzare l’entità degli impatti economici degli eventi dal vivo, senza però presumere l’esistenza di relazioni di causalità, le quali dovrebbero essere validate attraverso ulteriori studi sul tema.

Una prima classe di determinanti potrebbe riguardare le caratteristiche del pubblico partecipante all’evento. Tra queste, l’internazionalità dell’audience è uno dei tratti che più contraddistingue il comportamento dei consumatori appartenenti al campione considerato. Per tutti gli eventi oggetto di studio infatti gli spettatori stranieri tendono a pernottare per più giorni rispetto al pubblico domestico. A titolo esemplificativo, il numero medio di notti passate a Roma e in provincia dai fan dei Coldplay è pari a 2,4, mentre quello riferibile ai soli fan stranieri è 3,2. Similmente, i valori corrispondenti per il concerto dei Green Day a Milano sono rispettivamente 2,9 e 4. In aggiunta, gli eventi caratterizzati da una maggior presenza di spettatori stranieri tendono ad avere una spesa media per consumatore più elevata. Questo è vero per i primi tre concerti per percentuale di fan internazionali compresi nello studio, ovvero David Gilmour (43%), Taylor Swift (30%) e Stray Kids (24%). La spesa media per singolo spettatore riferibile a questi tre eventi è rispettivamente 826,61, 570,19 e 395,95 euro, superiore rispetto alla spesa media connessa a tutti i concerti oggetto di studio, stimabile nella misura di 324,57 euro.

Un secondo fattore riferibile alle caratteristiche del pubblico in grado di influenzare l’indotto economico generato può certamente essere la sua età anagrafica e la corrispondente capacità di spesa. Infatti, è ragionevole supporre che la spesa media del consumatore aumenti al crescere dell’età ed i dati riferibili al <a href="https://www.rockol.it/tutto-su/lucca-summer-festival-210634">Lucca Summer Festival</a> sembrano supportare tale ipotesi. I concerti della rassegna sono infatti stati suddivisi in diverse categorie (o strati), ognuna contraddistinta da una diversa età media dell’audience. I raggruppamenti caratterizzati da un pubblico più senior, sono anche quelli in cui si evince una maggior capacità di spesa. Ad esempio, la percentuale di persone appartenenti al campione d’analisi che prevede di spendere almeno 200 euro (all’infuori del prezzo del biglietto) durante la permanenza in Toscana varia sensibilmente al variare dell’età: per lo strato con età media di 24 anni la percentuale è pari al 2%, mentre per quello con età media di 47 anni il valore sale al 39%. È tuttavia doveroso specificare che nei concerti con un’ampia proporzione di spettatori giovanissimi (a maggior ragione se minorenni) la capacità di spesa potrebbe aumentare poiché essa verrebbe sostituita con quella dei genitori accompagnatori. Questa situazione potrebbe essersi verificata ad esempio al concerto degli Stray Kids di Milano, dato che, nonostante quasi un terzo degli spettatori del campione avesse meno di 20 anni, la spesa media stimata è tra le più alte degli spettacoli aventi luogo nella stessa città.

Infine, tra le caratteristiche riferibili ai consumatori potenzialmente in grado di influenzare l’impatto economico di un concerto, potrebbero essere incluse anche le loro motivazioni. Gli elementi che spingono un individuo a partecipare ad un evento culturale sono molteplici. Alcuni di questi appartengono alla sfera individuale, altri a quella sociale. Allo stesso modo, i bisogni che i consumatori si aspettano di soddisfare attraverso un concerto possono anche avere natura non artistica, come ad esempio ricerca di status, evasione o nostalgia. A tal proposito, è ragionevole supporre che la propensione alla spesa dell’individuo sia ben diversa a seconda di ciò che il concerto stesso significhi per il consumatore. A titolo esemplificativo, Vasco Rossi è riuscito nel tempo a costruire un solidissimo legame con i propri fan, legame che viene mantenuto e rafforzato attraverso una serie di concerti che l’artista tiene con cadenza annuale nel mese di giugno. Gli eventi dell’artista sono quindi accompagnati da forti elementi di ritualità, a cui si aggiungono spesso fattori di unicità per via dei record che il cantante è spesso in grado di conquistare, come ad esempio la realizzazione di 7 sold-out consecutivi allo Stadio San Siro di Milano. Queste considerazioni fanno ipotizzare come per molti fan il fulcro dell’esperienza sia l’artista stesso, mettendo quindi in secondo piano tutto ciò che sia estraneo ad esso. Ne consegue ad esempio che, tra i concerti analizzati, Vasco Rossi sia tra quelli con il minor numero medio di pernottamenti (pari a 1,5 giorni).

Altri fattori alla base dell’indotto economico dei concerti potrebbero invece essere legati alle caratteristiche connesse allo svolgimento dell’evento stesso. Tra queste, non si può certamente ignorare la location e la città che ospita lo spettacolo. Alcuni centri sembrano infatti meglio predisporre gli spettatori al pernottamento o allo svolgimento di attività parallele alla musica. Ad esempio, i dati suggeriscono come gli spettatori dei concerti romani tendano in media a prolungare la permanenza in città più frequentemente rispetto a quelli dei concerti milanesi. Circa il 49% dei fan di Gilmour e dei Coldplay ha infatti deciso di pernottare in città, mentre per nessuno dei concerti tenuti a Milano tale percentuale è riuscita a superare il 33%. Allo stesso modo, anche la durata media del pernottamento a Roma (2,51 giorni) si è rivelata superiore rispetto a quella riferibile alla città di Milano (2,05 giorni). I motivi alla base di tale differenza possono essere molteplici e non necessariamente riconducibili all’evento in sé, come ad esempio l’attrattività turistica della destinazione o la sua connettività. Tale aspetto viene però bilanciato dal fatto che, nonostante gli spettatori dei concerti romani tendano in media a prolungare la loro permanenza per più tempo, quelli dei concerti milanesi tendono a ritornare in città per ulteriori eventi di musica dal vivo più frequentemente. Ciò deriva dal fatto che, soprattutto per generi musicali come il rock/metal, molti degli eventi più popolari vengono svolti prevalentemente nel capoluogo lombardo.

In secondo luogo, l’unicità ed esclusività dell’evento può avere un peso nella determinazione degli impatti economici che esso è in grado di generare. Alcuni eventi vengono infatti svolti in maniera più o meno esclusiva all’interno di un’area geografica definita. Questo è il caso, ad esempio, delle 6 date precedentemente menzionate di Taylor Swift a Singapore, svolte in esclusiva rispetto a tutto il Sud-est asiatico. Ma è anche il caso dei concerti romani di David Gilmour, o del concerto milanese degli Stray Kids, uniche date in tutta l’Europa continentale. È verosimile che questa situazione incentivi spostamenti molto lunghi ed è plausibile supporre che gli spettatori provenienti dalle località più distanti siano maggiormente predisposti a prolungare la loro permanenza per ragioni puramente logistiche, alimentando non solo la componente dell’indotto relativa alle spese di pernottamento, ma anche quella relativa alle spese di trasporto e quella per cibo e bevande. Al contrario, i tour di concerti che si articolano in maniera più capillare all’interno di una medesima area geografica avranno verosimilmente un pubblico per data pressocché locale. Come anticipato, i concerti del Lucca Summer Festival sono stati suddivisi in diverse categorie, una fra queste ricomprende concerti di artisti italiani inquadrabili all’interno di un tour nazionale diffuso (Calcutta, Gazzelle, Tedua, Geolier, Salmo e Noyz). Anzitutto si evince dai dati come l’82% degli spettatori di questi spettacoli provenga dalla Toscana, ma soprattutto come solo il 6% abbia deciso di pernottare a Lucca o in Provincia, suggerendo al contrario un rientro a casa immediato dopo la fine dello show.

In conclusione, anche il format dell’evento potrebbe essere in grado di influenzare le sue esternalità economiche positive e, a tal fine, potrebbe essere utile distinguere i concerti singoli, dalle rassegne e dai festival. Ai fini del presente articolo viene definita “rassegna” un insieme di concerti, svolti anche lontani nel tempo, che condividono spesso la stessa location e la medesima programmazione artistica di base, mentre viene definito “festival” un insieme di concerti, svolti in giorni consecutivi, caratterizzati dalla medesima programmazione artistica e da un pubblico pressocché simile. È doveroso precisare che i suddetti termini potrebbero avere un significato differente all’infuori di questo contesto. Fatta questa premessa, la ricerca suggerisce come gli spettatori di rassegne e festival siano maggiormente propensi a prolungare la loro permanenza e ad aumentare l’entità della spesa. Confrontando alcuni concerti tenuti nell’ambito degli I-Days (ai fini del presente articolo considerata una rassegna) con altri svolti allo Stadio San Siro di Milano è possibile evincere come la percentuale di permanenza con pernottamento a Milano e Provincia sia stata rispettivamente il 27% ed il 17%. Inoltre, la percentuale di spettatori di San Siro che ha previsto di spendere almeno 200 euro (all’infuori del prezzo del biglietto) durante la permanenza in Lombardia è pari al 9,1%, la medesima percentuale riferibile agli spettatori degli I-Days supera il 31%. L’effetto sembrerebbe ancora più evidente nel caso dei festival, come ad esempio La Prima Estate, plausibilmente per poter prolungare l’esperienza musicale su due o più giorni consecutivi. Per questo evento infatti il numero medio di pernottamenti è pari 2,91 giorni, valore che sale a 7,55 giorni qualora si considerassero i soli spettatori stranieri.

A conclusione di questa disamina è doveroso precisare che le variabili identificate come plausibili determinanti dell’indotto economico non possono essere intese come compartimenti stagni. Viceversa, è ragionevole supporre come queste possano influenzarsi a vicenda, facendo sì che l’effetto finale sia frutto della loro influenza congiunta e reciproca. Come premesso, l’analisi proposta non intende stabilire alcuna relazione di causalità tra le variabili interessate, la quale dovrebbe essere validata attraverso ulteriori ricerche e strumenti statistici. Al contrario, la trattazione intende offrire degli spunti di riflessione sui possibili fattori potenzialmente in grado di influenzare le esternalità economiche positive degli eventi dal vivo, evidenziando come esse non riguardino soltanto i tour delle superstar internazionali. Infatti, qualsiasi evento culturale è potenzialmente in grado di generare significativi impatti, non solo di natura economica, ai fini della valorizzazione del territorio in cui esso stesso ha luogo.

MMW24, le ricadute economiche dei concerti italiani: lo studio

Cosa dicono i dati raccolti ed elaborati dall'Università di Pisa in collaborazione con AssoConcerti

Come ogni anno, la Milano Music Week ospita un incontro organizzato dal Master in Comunicazione Musicale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che quest’anno compie 25 anni. “Ci avvaliamo dell’esperienza di nostri ex studenti che ora sono diventati importanti professionisti” spiega Gianni Sibilla, direttore didattico del master, che presenta l’incontro dal titolo “L’A&amp;R e la relazione con l’artista nell’industria musicale”, moderato da Francesca Cortese, coordinatrice del master. Partecipano Giuseppe Barone (artist &amp; projec development manager Carosello Records), Gabriele Compierchio (A&amp;R Sugar Music Publishing) e Sara Beretta (artist Relations Manager Believe), che rappresentano tre prospettive diverse della professione: discografia, distribuzione e publishing.

Giuseppe Barone, che incarna la discografia, ha iniziato nove anni fa lavorando nel reparto promozione di Carosello. “Successivamente mi è stata proposta questa sfida. Nel mio job title c’è anche project development perché non faccio solo scouting, ma anche sviluppo: dopo aver fatto firmare un artista devo metterlo nelle condizioni di crescere, metterlo in contatto con autori e produttori, consigliarlo sulle canzoni. Siamo la prima figura con cui si interfacciano l’artista e il management, e il fulcro del collegamento con tutte le altre figure della discografia” spiega. “Il bene dell’artista è anche il bene del suo A&amp;R: la responsabilità finale del progetto è la sua, il mio ruolo è quello di dargli degli strumenti per interpretare se la scelta che fa è giusta o sbagliata, lasciandogli ovviamente l’ultima parola”. Una delle maggiori difficoltà deriva dal periodo storico, in cui anche i più giovani sono ossessionati dai numeri e hanno fretta. “Bisogna avere tanta sensibilità e tanto tatto, e bisogna saper accompagnare questo flusso di energia creativa, emotività (e a tratti anche arroganza e ego) verso una direzione precisa. Mettere degli argini,&nbsp;in modo che il disco possa essere lanciato e promosso nel migliore dei modi”.

Per Gabriele Compierchio, in una battuta “il publishing è la dermatologia della musica, mentre la discografia è il pronto soccorso: l’atteggiamento che abbiamo nei confronti degli autori è molto più rilassato, perché i tempi dell’editoria sono più lunghi” scherza. “A livello di lavoro quotidiano abbiamo dei focus diversi, perché quando firmiamo un autore o un compositore emergente i risultati si vedono dopo un paio d’anni: solo sulla distanza capiamo con chi può scrivere, cosa può scrivere, cosa terrà per sé e cosa darà ad altri se è un cantautore…”. Anche fare conoscere il proprio roster alle etichette è un lavoro laborioso, perché spesso sono più focalizzate sull’acquisire brani da autori già importanti. “La qualità si misura da come riesci a tenere un piede nell’innovazione e un piede nella tradizione, soprattutto se lavori per realtà storiche come Sugar”.

Sara Beretta, invece, si trova più vicina al ruolo dell’A&amp;R in ambito discografico: “Believe segue sia artisti che etichette, ma personalmente seguo artisti” racconta. “Si parte da una riunione in cui si cerca di capire da chi l’artista si circonda, e si capisce che tipo di figure deve attivare Believe. Spesso, pur essendo distributori, se l’artista non ha un manager diventiamo anche il riferimento per ufficio stampa, marketing e promozione. Sicuramente, con i nomi più green è importante far capire che è un lavoro di progettualità a lungo termine, e che il primo motore è l’arte. Bisogna inoltre sottolineare che bisogna sfruttare i propri mezzi per promuovere la musica, e non aspettarsi che tutto piova dall'alto”.

Il tipo di struttura in cui si lavora è fondamentale per determinare il tipo di lavoro che si farà. Per Barone, che lavora per una storica etichetta indipendente come Carosello, “a noi è concesso il lusso del tempo. Anche se il primo disco di un artista non funziona, se ci crediamo comunque continuiamo a lavorarlo. La mission è sempre stata quella di far fede alla tradizione: il gruppo Curci esiste da prima dell’unità d’Italia e nel ‘59 è stata aperta l’etichetta, che ha accolto artisti come Vasco Rossi, Giorgio Gaber, Toto Cutugno”. L’idea è scommettere su quella che potrebbe essere la tendenza del domani, come Coez (ibrido tra rap e indie, un genere che ai tempi della firma nel 2012 ancora non esisteva) o Diodato (cantautore puro che nel 2017, in un mercato era già dominato da streaming e piattaforme, era un alieno). “Cerco sempre di non fare promesse in termini di risultati, ma prometto sempre che farò di tutto per aiutarli a ottenere delle opportunità”.

Il rapporto umano con gli artisti non è sempre facile da gestire, concordano tutti. “Bisogna essere empatici e a volte la cosa più pericolosa è esserlo troppo.&nbsp;E'&nbsp;importante mettere i paletti al rapporto, ma è anche importante che&nbsp;ci sia armonia” sottolinea Gabriele Compierchio. “Se durante una session dico qualcosa, posso spostare gli equilibri in maniera grave, quindi è importante sapere cosa dire e quando. L’artista va tutelato, deve sentire meno voci possibili, mentre con gli autori invece ci si può prendere più libertà”. Anche per Sara Beretta quello umano è uno degli aspetti più complessi: “Per il 60% bisogna avere una serie di soft skills che fanno parte del bagaglio di ciascuno di noi, il restante 40 è allenamento” osserva. “Servono razionalità e lucidità, perché ovviamente certe situazioni triggerano anche la nostra emotività personale”. Inoltre, non è opportuno stringere legami troppo viscerali con gli artisti. “Per la figura professionale che continuo a rivestire bisogna stare attenti a non varcare certi confini: la parola amicizia va usata con le pinze” dice.

Si dichiara d’accordissimo anche Barone, che per quanto abbia ottimi rapporti con i nomi con cui lavora spiega che “se ho un problema non lo racconto al mio artista, se voglio uscire per una pizza non chiamo il mio artista, se voglio festeggiare il compleanno non invito il mio artista”. Più possibilista Gabriele Compierchio, secondo cui creare un ambiente familiare e di condivisione è utile e importante: “Può fare la differenza nel momento in cui dovesse arrivare&nbsp;un altro editore a cercare di stipulare un contratto con i miei autori. Se c’è un bel clima, saranno meno invogliati ad andare altrove, anche qualora ci fossero offerte economiche più allettanti”.

MMW24: il lavoro dell'A&R raccontato al Master Musica

In Cattolica ospiti gli ex studenti Barone (Carosello), Beretta (Believe) e Compierchio (Sugar)

In occasione della Milano Music Week 2024 TicketOne, partner dell’evento, aveva indetto un concorso abbinato a una survey sulla fruizione dei concerti da parte del pubblico italiano. Nel corso del panel di oggi pomeriggio al Dazio Levante i risultati di questo sondaggio sono stati presentati alla presenza di Andrea Grancini (direttore generale TicketOne), Daniele Orlando (ex direttore di locali storici come Rolling Stone e Magazzini Generali, nonché fondatore di Fabrique e Milano Summer Festival) e Giampiero Di Carlo (fondatore, editore e AD di Rockol). Moderavano l’incontro gli speaker radiofonici e creator Umberto Muscetta e Damiano Paolacci (Radio Deejay).

Si rende innanzitutto necessario tenere presente che la platea raggiunta dal sondaggio non rappresentava del tutto la popolazione italiana: si tratta infatti di un 75% di donne, residenti prettamente in Lombardia, in quanto era appunto legato a un concorso che metteva in palio gli ingressi al party inaugurale della Music Week. Ad ogni modo, emergono risultati interessanti: il 44% dei rispondenti nell’anno passato ha partecipato a diversi concerti (anche se non più di 3), il 52% a più di 3 concerti e solo il 4% a nessuno. Sembra un dato più roseo, rispetto anche solo a qualche anno fa, conferma Grancini: “C’è voglia di condividere con qualcun altro la propria passione, di scoprire nuovi generi che una volta non c’erano (come il rap o la trap), e senz’altro influisce l’aspetto social, che permette di dialogare sulla musica dal vivo con coetanei e amici che si ritrovano sulle stesse piattaforme” riflette. Anche Orlando, dal canto suo, conferma la tendenza: “Nel 2000 gestivo il Rolling Stone, che era il tempio del rock in Italia e aveva capienza di 1700 persone” ricorda. “In quegli anni quando i concerti che organizzavamo nella stagione settembre-maggio erano al massimo una quindicina, tendenzialmente per un pubblico adulto. Oggi con il Fabrique (che è nato nel 2014) facciamo circa 120 concerti in 8-9 mesi. Il tipo di pubblico cambia in base alla proposta, ma l’età media si è abbassata moltissimo. Anna, ad esempio, ha fatto cinque sold-out da 3300 persone l’uno, e ricevo chiamate di genitori che vogliono portare i figli e sono alla disperata ricerca dei biglietti”. Il fatto che anche i ragazzini frequentino i live club, sottolinea Grancini, “è anche merito del grande lavoro sulla sicurezza fatto dalle venue; in passato i genitori non mandavano così tranquillamente i figli ai concerti”.

Nel post-pandemia alcuni settori hanno fatto più fatica a riprendersi (ad esempio, il cinema): c’è stato invece un vero e proprio boom dei concerti. Secondo Giampiero Di Carlo, questo dipende da un’assenza fortemente percepita dal pubblico: “I concerti mancavano tantissimo, mentre i film no, perché anche durante il lockdown c’erano le piattaforme. Inoltre, il cinema è un luogo di aggregazione in misura inferiore, rispetto a un live: non ci si va per condividere qualcosa, ma soprattutto per vedere qualcosa”. Emerge però un dato interessante: ben il 15% dichiara di andare ai concerti da solo, mentre il 28% è accompagnato da un gruppo di amici e il 57% da un amico del cuore o dal/la fidanzato/a. La maggior parte delle persone viene a sapere degli eventi in programma tramite i social (56%), con un’importante fetta proveniente da motori di ricerca e siti web (38%) e qualche sporadico affezionato al passaparola (6%). “Dietro alla comunicazione di un concerto c’è un lavoro molto articolato, portato avanti da diversi stakeholder all’interno della filiera” spiega Grancini. “La promozione viene fatta dall’artista stesso sulle sue piattaforme social, ma anche dal promoter e dalle stesse venue”.

Interessante anche notare come gli intervistati dichiarino che la partecipazione a un concerto non è un gesto puramente di facciata: per il 9% influenza abbastanza la percezione della sua immagine, per il 32% è addirittura essenziale, ma per ben il 59% l’autostima non dipende dai concerti. “Molto dipende dalla singola persona, come vediamo anche dalle condivisioni dei singoli eventi sui social” sottolinea Di Carlo. “Alcuni non sono fan dell’artista che vanno a vedere, ma vogliono sentirsi in tendenza; altri invece hanno uno sharing più qualitativo”.&nbsp;L’uso del telefono e dei social ai concerti, in effetti, sembra essere percepito come un elemento di distrazione da molti artisti, ma anche in questo caso non esiste una risposta giusta per tutti: dipende dal tipo di artista, dal target, dalla location. “Un dj che vieta i telefoni al suo show mi lascia perplesso, mi fa pensare che abbia qualcosa da nascondere. Bob Dylan che non vuole che il pubblico degli Arcimboldi si distragga è coerente con la situazione e il personaggio”. “Le condivisioni sui social sono anche un modo per l’artista di fare conoscere ciò che fa agli amici dei suoi fan, quindi fa comodo a tutti” aggiunge Grancini.

La maggior parte del pubblico oggi acquista i biglietti in anticipo: lo fa il 69% dei fan, mentre il 27% aspetta mesi e il 4% si muove last minute. “Accade ancora che la gente si presenti fuori dai concerti anche se non ha il biglietto, ma non è un fenomeno enorme” commenta Orlando. “Oggi non solo con i concerti, ma anche con il clubbing abbiamo un metro preciso di misura di quanti biglietti abbiamo venduto, e di solito si presentano alla porta senza biglietto non più del 20% di quelli che hanno acquistato le prevendite”. Per il 59%, però, i prezzi dei biglietti sono aumentati troppo. “Negli ultimi anni abbiamo visto un 20% di aumenti costi energetici e di produzione, i biglietti sono in linea con l’inflazione generale” dice Grancini. “Sembra che siano cresciuti tanto soprattutto perché in Italia i prezzi dei biglietti sono rimasti fermi molto a lungo: nel mondo la media è tra le 100 e le 130 sterline, da noi siamo intorno ai 55 euro”. C’è poi il capitolo dei biglietti volutamente carissimi, come quelli dello spettacolo di Broadway di Bruce Springsteen, venduti anche a 800 dollari l’uno. “È un fenomeno, però, che riguarda quel 15% che va al concerto da solo: ovvero i superfan, che scelgono un concerto per vedere quel determinato artista, e non per trend o aggregazione” chiosa Di Carlo. Quanto al secondary ticketing, la maggior parte del pubblico sembra immune al suo fascino: l’86% non utilizzerebbe mai sito non ufficiale per acquistare biglietti, il 12% lo farebbe tramite amici o social, solo il 2% si è rivolto a secondary ticketing o bagarini. “È stato fatto tanto sul tema: acquistare su piattaforme di mercato secondario è un reato a tutti gli effetti e le piattaforme legali hanno dovuto adeguare i sistemi a livelli di sicurezza da transazioni bancarie” spiega Grancini. “Ovviamente gli scambi di biglietti p-2-p avvengono prevalentemente via social, e quindi non si potranno mai bloccare davvero del tutto”.

Rispetto alle venue, invece, per il 59% quella ideale è un luogo con una buona acustica, per il 23% conta poco e il 18% cerca servizi collegati di qualità. Emblematico il caso del Fabrique, di cui Daniele Orlando racconta la genesi: “Un tempo il Fabrique era il più grande distributore di dischi di Milano, la Venus. Una sera stavo passeggiando in zona e ho visto che era in affitto: mi sono subito deciso a rilevarlo io. È ubicato in un punto strategico: la tangenziale è vicina, non ci sono abitazioni intorno, c’è tanto parcheggio perché la sera le aziende sono chiuse, si possono usare i volumi giusti senza disturbare nessuno, e in più ha un’ottima acustica naturale grazie al tetto a cupola continua”. Il 32% del pubblico preferisce assistere a un concerto seduto, il 44% in piedi, il 24% predilige l’area vip. “I festival devono rimanere un’oasi di libertà di movimento, ci si va per stare in mezzo alla gente e vivere l’esperienza” dice Orlando. Diversa la questione delle venue al chiuso, che invece devono rispettare certi standard, come un’acustica e una visuale ottimale da tutti i punti di seduta: “Nel nord Italia sono in dirittura d’arrivo luoghi come Arena Santa Giulia a Milano, che è stata creata apposta per i concerti; in precedenza c'erano solo realtà costruite in primis per eventi sportivi, e solo dopo riadattate per la musica. Spero che la stessa cosa accada anche in tutto il resto d’Italia” chiosa.

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MMW24: i concerti visti dal settore del ticketing

La parola ad Andrea Grancini (TicketOne), Daniele Orlando (Fabrique) e Giampiero Di Carlo (Rockol)

La <a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/milano-music-week-2024-497441">Milano Music Week</a> è tra le manifestazione che permetto a tutti – addetti ai lavori e non – di approfondire le più svariate tematiche dell’industria musicale: dall’AI fino all’organizzazione di un concerto.

Effettivamente, cosa succede dietro le quinte di un live? Durante il panel “Costruire il concerto: i segreti dietro il palco” presentato da AssoConcerti gli ospiti hanno raccontato le loro esperienze e di quanto effettivamente siano cambiate le dinamiche negli ultimi anni.

Claudio Santucci, Stage and show designer co-founder Giò Forma, è stato il primo ospite a raccontarsi: “Non ero un musicista e non ero abbastanza bravo per suonare sul palco, così ho unito la passione per il design con quella per la musica (ero uno studente di architettura). Guardando lo spettacolo dei Pink Floyd, ho pensato: ‘Voglio fare questo nella vita.’ All’epoca non c’erano grandi strutture o percorsi di studio dedicati, quindi ho approfondito tutto da solo, cercando di capire come poter fare. Un giorno ho incontrato i miei due attuali soci e abbiamo iniziato a lavorare insieme. Tra gli artisti di cui ci occupiamo ci sono Vasco Rossi, Tiziano Ferro, Cremonini e molti altri. La cosa interessante è che abbiamo portato alla musica l’approccio dell’architettura, e oggi siamo diventati uno studio con 40 persone”.

Santucci ha messo in evidenza una difficoltà, quello della non presenza di studi dedicati, che negli ultimi anni è stata risolta, come ha confermato Mario Zappa, Production manager Friends &amp; Partners: "Negli ultimi anni tutto è diventato più semplice per quanto riguarda la preparazione e la messa in opera, grazie a una serie di professionalità e a un meccanismo che si è rodato bene. La vera difficoltà, semmai, riguarda le idee del cliente e il budget a disposizione. Che si tratti di un concerto, un evento o una trasmissione televisiva, il nostro ruolo è incanalare queste idee in qualcosa di concreto e realizzabile, sia dal punto di vista economico che dei tempi di realizzazione. Oggi la sfida principale è questa, più che quella tecnica: c’è una grande professionalità che rende il lavoro molto più semplice”.

Alberto Muller, Production manager Live Nation Italia, ha aggiunto: “È vero: le figure professionali sono migliorate, ma si è alzata molto l’asticella e, allo stesso tempo, il lavoro è diventato più complesso. Come azienda, abbiamo la fortuna di collaborare con band straniere, soprattutto americane, e prendiamo ispirazione dal loro approccio, adattandolo al nostro mercato. Riusciamo a realizzare progetti in un lasso di tempo breve, con un numero di show molto alto, grazie anche agli investimenti significativi da parte dei promoter. I club? Negli ultimi due mesi abbiamo organizzato dei tour in queste location e devo dire che stanno funzionando bene, con una bella risposta da parte del pubblico”.

Uno dei temi trattati nel panel ha riguardato l'equilibrio tra tecnologia e umanità nei concerti, considerati oggi un grande business. Si è discusso di come la tecnologia, pur essendo sempre più presente, non sia responsabile della percepita uniformità degli spettacoli, ma anzi, se utilizzata bene, possa migliorare notevolmente l’esperienza. È stato evidenziato come le scenografie tradizionali, più materiche, richiedano tempi di montaggio, logistica complessa e personale specializzato, motivo per cui sono ormai rare. Al loro posto si preferiscono soluzioni più moderne, basate su LED, luci e scenografie digitali, in linea con le tendenze delle nuove generazioni di artisti.

Claudio Santucci ha sottolineato: “Come in tutti i settori, anche in questo si seguono vere e proprie mode, spesso con riferimenti a ciò che accade all’estero. Tutto è iniziato con Mark Fisher, uno dei più grandi architetti del settore, scomparso all’età di 65 anni. Con il tempo, i led hanno iniziato a entrare nei progetti, trasformando il mestiere e il modo di lavorare. Ho capito che stavano cambiando anche i materiali: non si trattava più di legno, ma di laser, fumo... tutto è diventato un elemento scenografico. Insieme all’artista, canzone per canzone, lavoriamo alla progettazione della scenografia e, a volte, riesco anche a influire sulla scaletta per motivi legati allo spettacolo. Con il tempo, anche gli artisti hanno compreso l'importanza di creare un equilibrio tra musica e scenografia”.

Muller ha dichiarato: “È cambiato tutto: oggi, con un telefonino, si può vedere qualsiasi cosa. Se realizzi uno show in uno stadio, non puoi offrire qualcosa di meno; devi aggiungere elementi che catturino l’attenzione, altrimenti chi guarda avrà l’impressione di assistere a qualcosa di già visto. La percezione del pubblico è cambiata, ed è fondamentale risvegliare il suo interesse e stupirlo”.

Uno degli argomenti affrontati ha riguardato le differenze tra il panorama italiano e quello internazionale nel settore degli spettacoli dal vivo. È stato evidenziato come in Italia si riesca a distinguersi per gusto e design, nonostante budget e professionalità siano spesso inferiori rispetto ai grandi tour internazionali, soprattutto quelli americani. All’estero, infatti, esiste una cultura dello spettacolo più sviluppata, con tour di lunga durata, spesso oltre 80 date, mentre in Italia raramente si superano le 15. Nonostante ciò, gli italiani riescono spesso a ottenere risultati migliori, grazie alla capacità di superare le difficoltà e proporre soluzioni creative. È stato inoltre sottolineato quanto sia fondamentale considerare il luogo dell’evento: ad esempio, è importante verificare se le strutture di città come Roma siano effettivamente adeguate a supportare certi tipi di show.

L’importanza dell’esperienza e della gestione di tutte le aree di un concerto è un tema sempre più rilevante. Muller ha concluso: "La questione dell’esperienza interessa sempre di più e si sta sviluppando costantemente. Esistono diverse tipologie di biglietti, gadget e opportunità di incontro con gli artisti. Ma allo show bisogna anche raccontare una storia, e questo sta avendo grande riscontro”.

Sono intervenuti:&nbsp;Alberto Muller, Production manager Live Nation Italia; Mario Zappa, Production manager Friends &amp; Partners; Claudio Santucci, Stage and show designer co-founder Giò Forma.

Modera: Tommaso Toma, Direttore Billboard Italia

MMW24, il panel Costruire il concerto: i segreti dietro il palco

Con Alberto Muller, Mario Zappa e Claudio Santucci

L’<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/milano-music-week-2024-497441">ottava edizione della Milano Music Week</a> &nbsp;si terrà dal 18 al 24 novembre a Milano; l’evento dedicato all'industria musicale&nbsp;è promosso dal Comune di Milano - Assessorato alla Cultura, Assoconcerti, Assomusica, Fimi, Nuovo Imaie e Siae. Main sponsor:&nbsp;UniCredit, UniCredit Allianz Vita&nbsp;e&nbsp;TicketOne.

Ecco gli eventi di giovedì 21 novembre, quarta giornata:

11.00: Strategie di leadership delle etichette discografiche tra innovazione tecnologica e mercato globale. (Castello Sforzesco, Sala Viscontea)

Con: Alessandro Massara (Presidente Universal Music Italia), Andrea Rosi (Presidente &amp; CEO Sony Music Italy), Pico Cibelli (Presidente Warner Music Italy), Dino Stewart (Managing Director BMG) e Luca Daher (Managing Director, Believe Italy). 

Modera: Francesco Prisco (Il Sole 24 Ore).

12.00: Il Sanremo che verrà: una conversazione con Carlo Conti. (Castello Sforzesco, Sala Viscontea)

Con: Carlo Conti (Presentatore) e Claudio Fasulo (ViceDirettore Direzione Intrattenimento Prime Time Rai). 

Modera: Marta Cagnola (Radio 24).

14.30: A European agenda for music. How European policies influence record industry. (Dazio di Ponente)

Con: Enzo Mazza (CEO FIMI), Antonio Guisasola (Presidente Promusicae, Spagna), Alexandre Lasch (Directeur général, SNEP, Francia), René Houareau (Managing Director for Legal &amp; Political Affairs BVMI, Germania) e Francesca Trainini, (Vice Presidente PMI &amp; Presidente IMPALA). 

Modera: Lodovico Benvenuti (Director of Multilateral Relations and Regional Director, Europe, IFPI).

15.00: Music Publishing Day - Music publishing survey. (Castello Sforzesco, Sala Viscontea)

Relatori: Pietro Villani (Communication Officer ICMP), Paolo Franchini (Presidente FEM), Carlo Solaro (Presidente EMUSA), Toni Verona (Presidente ANEM).

Modera: Marta Cagnola (Radio24).

15.30: Comunicare il concerto nell'era dell'intelligenza artificiale. (Dazio di Ponente)

16.00: Music Publishing Day - Intelligenza artificiale o creatività originale? Il futuro del diritto d'autore tra rischi e opportunità. (Castello Sforzesco, Sala Viscontea)

Relatori: Pietro Villani (Communication Officer ICMP), Nicola Migliardi (Coo SIAE), Pivio (Compositore), Dino Stewart (Managing Director BMG Music Italy), Francesca Trainini (Managing Director PEER Music Italy).

Modera: Marta Cagnola (Radio24).

16:00:&nbsp;Musica e salute mentale: rompi il silenzio! (Ronin)

17.00: Music Publishing Day - Autori, Editori e società di gestione dei diritti: immaginando la SIAE del futuro. (Castello Sforzesco, Sala Viscontea)

Relatori: Matteo Fedeli (Ceo SIAE), Giovanni Caccamo (Autore), Andrea Tonoli (Autore), Claudio Buja (Presidente Universal Music Publishing Ricordi), Guendalina Gramitto Ricci (Edizioni Curci), Filippo Sugar (Ceo Sugar Music).

Modera: Marta Cagnola (Radio24).

17.30: La musica che conta. Ma quanto conta? Lo studio di settore sull'industria discografica italiana. (Dazio di Ponente)

21:30:&nbsp;"GenZ Stage" (Ronin)

MMW24, gli appuntamenti professionali di giovedì 21 novembre

Ha avuto luogo oggi, mercoledì 20 novembre, presso la Sala Viscontea del Castello Sforzesco, nell’ambito dell’<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/milano-music-week-2024-497441">ottava edizione della Milano Music Week</a>, il panel - presentato da NUOVOIMAIE - “Come gira la musica: piattaforme e compensi agli artisti”: all’incontro - moderato da Cristiana Tomei - hanno preso parte il Presidente di NUOVOIMAIE Andrea Miccichè, il CEO di Rockol Giampiero Di Carlo, e Lodovico Benvenuti, Director of Multilateral Relations, Regional Director Europe per IFPI.

"L'avvento dello streaming ha cambiato tutto per l'industria musicale”, ha premesso Di Carlo inquadrando il periodo storico attuale del settore: “E’ stato un cambio di paradigma epocale". Osservando come in 23 anni il prezzo dell'abbonamento ai principali DSP sia rimasto più o meno lo stesso, a fronte di un aumento della quantità di musica disponibile di 8700 volte, Di Carlo ha chiarito come il quello attuale sia “un tipo di consumo musicale abituato all'accesso". Scenario, questo, che “mette i diritti musicali, primari o connessi che siano, al centro”. “Oggi l’offerta musicale è sovrabbondante: lo streaming continua a crescere ma c'è un rallentamento” su un mercato nel quale “DSP tradizionali e social media convergono”.

"E' vero che c'è ancora un value gap nell'economia delle piattaforme, ma dobbiamo guardare indietro e da dove veniamo”, aggiunge Benvenuti: “In Europa, più che negli altri mercati maturi, la discografia ha rischiato di scomparire, e solo grazie allo streaming adesso sta conoscendo una crescita di revenue, e di artisti ed editori che riescono a beneficiare della propria presenza sulle piattaforme. Stiamo parlando di una crescita costante per tutti gli attori della filiera che dura ormai da decina d'anni. D'altra parte, è evidente che ci siano aspetti dell'economia dello streaming che potrebbero non piacerci, come - per esempio - l’asimmetria tra aumento dei contenti e uguaglianza del prezzo dei contenuti stessi. Questo tema andrà affrontato a livello commerciale: credo che eventuali normative in merito non possano fare altro se non destabilizzare un mercato ancora fragile". Perché, aggiunge Benvenuti, “la questione fondamentale che unisce tutto il settore è che i contenuti vanno pagati, e deve esistere un'autorizzazione preventiva all'utilizzo degli stessi", come accade, per esempio, nei processi di training delle soluzioni di AI generativa. “Il mio richiamo ai colleghi internazionali è di non dimenticare la big picture e la taglia della torta da dividere".

“Quando si è trattato di mettere la faccia sulle battaglie comuni per far pagare i contenuti NUOVOIMAIE è sempre stato in prima linea”, spiega Micciché: “Abbiamo sempre sostenuto la direttiva copyright”. Il Presidente della collecting illustra un tecnicismo molto importante, che potrebbe liberare - a favore degli autori - un’enorme quantità di risorse: “Il diritto di messa a disposizione è nato apposta per le piattaforme, e consiste nel dare l’opportunità all’utente di fruire un contenuto protetto da diritti nel luogo in cui si trova nel momento in cui lo vuole seguire”, spiega Miccichè, indicando la formula on demand che caratterizza le offerte dei DSP musicali. “E’ un diritto primario. Tuttavia, quando questo diritto viene meno” - come, per esempio, nel caso delle playlist, degli shuffle “imposti” agli account free, o in caso di inserzioni pubblicitarie - “il diritto non è più di messa a disposizione, ma di pubblica esecuzione”. Quindi, puntualizza Miccichè, “c’è una vasta prateria di messa a disposizione del fonogramma che non viene pagata". Un “importante vulnus”, lo definisce il Presidente della collecting, che implica “una totale evasione dall'obbligo di pagamento di questo compenso” a discapito degli aventi diritto.

“La questione di fondo è qual sia la modalità più efficiente e lo strumento più efficace per remunerare gli artisti con il sistema di messa a disposizione”, ribatte Benvenuti: “Il sistema basato sul making available e il rapporto esclusivo e non mediato tra artisti e case discografiche credo sia il più efficiente di tutti".

Presente come spettatore tra il pubblico Claudio Carboni, (titolare di Egea Records, delegato di NUOVOIMAIE e consigliere di sorveglianza di SIAE) chiede come mai anche in Italia non si adotti la <a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/streaming-tax-498473">streaming tax</a>, tassa già applicata in Francia e Canada alle grandi piattaforme a favore di generi che generano meno remunerazioni dal digitale”.

"Non la facciamo perché stiamo parlando - appunto - di un modello che andrebbe a impattare su un'economia fragile”, risponde Benvenuti: “Così torna a parlare delle dimensioni della torta da spartirsi. Non riteniamo che un provvedimento del genere, nato in Francia nel tentativo di ridistribuire la ricchezza, possa essere sufficiente".

In conclusione Di Carlo cita, a titolo di caso di studio in grado di sollevare sul tema, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-745135/nmpa-depositato-procedimento-legale-contro-spotify-tutela-consumatori">lo scontro tra Spotify e l’NMPA</a> riguardante l’accorpamento dell’offerta di audiolibri a quella tradizionale di contenuti musicali: “In questo caso i soldi che non sono andati ai publisher non sono andati né agli esecutori né ai produttori. La ‘torta’, quindi, si può ampliare, e le sue dimensioni non dipendono solo da chi produce musica, ma anche da chi la distribuisce”.

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MMW24, il panel 'Come gira la musica': il resoconto

Presentato da NUOVOIMAIE: l’utilizzo sul Web musica alla luce della Direttiva Copyright

Sony Music Italy ha annunciato il rinnovo dell’accordo discografico con Salmo e con Lebonski360, la società che opera nei settori di musica, scouting, cinema ed editoria&nbsp;fondata (nel 2014)&nbsp;e guidata dal rapper e autore di Olbia. “Continuare il percorso professionale con Salmo è motivo di grande orgoglio e aggiunge ulteriori traguardi ad un percorso insieme già colmo di straordinari successi”, ha commentato il Presidente e CEO Sony Music Entertainment Andrea Rosi: “Salmo ha sempre precorso i tempi e ha avuto modo di esprimere la sua creatività in piena libertà, sono convinto che ci sorprenderà ancora”.

Salmo ha all’attivo 76 dischi di platino e 48 dischi d’oro, oltre 3 miliardi di stream audio e video: il sodalizio tra l’artista e la filiale italiana della major guidata a livello globale da Rob Stringer ha avuto inizio nel 2016 con la pubblicazione dell’album “Hellvisback”.

Sony Music Italy rinnova con Salmo e Lebonski360

La label guidata da Andrea Rosi prolunga l’accordo col rapper e con la sua società

Radio e TV continuano a essere strumenti fondamentali per la diffusione e il consumo di musica, ma il loro ruolo si è evoluto con l'avvento delle piattaforme digitali. 

Di questi cambiamenti se n’è parlato durante in panel “Old but gold: la musica in radio e tv” presentato da Nuovo Imaie durante la Milano Music Week.

A dar inizio al confronto è stata Anna Maria Genzano, Responsabile affari istituzionali, relazioni esterne e interne RTL 102,500: “La radio, che celebra i suoi 100 anni, ha affrontato grandi trasformazioni grazie al digitale, che ha giocato un ruolo fondamentale. Questo cambiamento ha permesso di creare radio tematiche, soddisfacendo un pubblico più esigente, ma ha anche reso più complessa la gestione dei diritti e la creazione di contenuti. Ad esempio: una realtà come RTL è passata da una sola rendicontazione a ben nove, richiedendo un adattamento delle strutture per garantire maggiore precisione nel lavoro. Oggi, il processo di rendicontazione è più articolato: servono dati puntuali su tutto ciò che viene trasmesso. Inoltre, il panorama delle collecting non si limita più alla SIAE, ampliando ulteriormente la complessità gestionale”.

Stefano Longhini, Direttore affari legali RTI S.p.a. Mediaset Group, ha sottolineato l'importanza dell'equo compenso e delle collecting per il settore musicale, evidenziando come gli utilizzatori, come radio e TV, siano diventati centrali, spiegando: “Anche il digitale deve contribuire in modo equo, garantendo parità di trattamento e rispetto delle regole, come dimostra il caso Meta-SIAE, che mette in luce la necessità di compensi adeguati agli autori”.

Rosario Donato, Direttore generale Confindustria Radio Televisioni (CRTV), ha parlato dell'importanza di radio e TV, evidenziando che i numeri parlano chiaro e che, senza considerare il web, le stazioni radio sono migliaia, il che dimostra quanto il ruolo di questi mezzi sia fondamentale. Ha anche aggiunto che, considerando la radio come un mezzo ibrido che si può ascoltare ovunque, l'effetto moltiplicatore sulla diffusione è enorme. In definitiva, ha affermato che, per la diffusione della musica, radio e TV continuano ad essere molto forti.

Andrea Miccichè, Presidente di Nuovo Imaie, ha sintetizzato l’attuale situazione normativa: “Abbiamo una difficoltà oggettiva poiché la tendenza alla moltiplicazione dei diritti non è stata adeguatamente affrontata dalla disciplina giuridica. Le normative in materia di diritti non hanno considerato che, parcellizzando le tariffe e le banche dati, si crea la difficoltà di aprire trattative separate che spesso portano a conclusioni contraddittorie. Una liberalizzazione avrebbe senso se alcune attività fossero rimaste monopolizzate. Pertanto, dovrebbe essere individuato un terreno competitivo chiaro”.

Stefano Longhini ha spiegato che, con la liberalizzazione e l'introduzione di nuove collecting, si è passati dalla situazione in cui l'utilizzatore doveva pagare una somma fissa a un monopolista, a una realtà più complessa. Ha evidenziato come gli "apolidi", ovvero coloro che non sono affiliati a una collecting, creino confusione. Secondo Longhini, quando si parla di una soluzione univoca con un'unica banca dati, la trattativa diventa più chiara e pulita, poiché le parti coinvolte sono ben definite. Ha aggiunto che l’utilizzatore desidera pagare in modo equo e trasparente, attraverso uno sportello unico, mentre chi non lo desidera sfrutta la confusione a suo favore.

Anna Maria Genzano ha sostenuto che la trasparenza e l’adozione di regole chiare porterebbero benefici sia agli utilizzatori che agli aventi diritto. Tuttavia, ha evidenziato che, sebbene l'AGCOM abbia il potere di regolamentare, non può imporre direttamente le norme, e quindi è necessario che sia il legislatore a intervenire per stabilire e far rispettare le regole.

ha affermato che la liberalizzazione è nata in modo problematico: pur potendo portare a un equilibrio positivo, l'assenza di regole ha creato diversi problemi. Ha aggiunto che, parlando anche con Micciché, hanno cercato di andare oltre le difficoltà iniziali. Attualmente, stanno lavorando per stabilire un prezzo giusto, tenendo conto dei tecnicismi complessi. Ha sottolineato che lo sforzo compiuto negli ultimi sette anni ha portato alla chiusura di accordi che possono essere migliorati. Infine, ha rimarcato come abbiano continuato a garantire un flusso legittimo, considerando anche le esigenze dell'industria.

Miccichè ha specificato: "AGCOM svolge un ruolo importante e da anni sostiene la banca dati unica. Siamo sostenitori di questo progetto; sarebbe interessante sapere i costi dell’avvio delle trattative e della gestione della reportistica. Queste spese potrebbero essere investite sugli artisti e potrebbero rappresentare un terreno di trattativa, perché ci sarebbe un risparmio. La banca dati unica con le tracce, sono convinto, potrebbe produrre reportistiche immediate e un’attività di fornitura per le collecting agli utilizzatori. Questo comporterebbe un risparmio anche di qualche milione. Sarei contento se riuscissimo a ottenere almeno la banca dati unica. Il modello proposto da Longhini è simile a quello francese, che prevede che, se gli incontri tra utilizzatori e collecting non portano a un accordo, intervenga il ministro della Cultura e si stabilisca un decreto. Noi non siamo ancora pronti, ma un primo passo potrebbe essere la banca dati, che farebbe funzionare meglio il nostro mercato”.

Sono intervenuti: Anna Maria Genzano, Responsabile affari istituzionali, relazioni esterne e interne RTL 102,500 HIT RADIO SRL; Stefano Longhini, Direttore affari legali RTI S.p.a. Mediaset Group; Rosario Donato, Direttore generale Confindustria Radio Televisioni (CRTV); Andrea Miccichè, Presidente NUOVO IMAIE.

A moderare l’evento: Davide Poliani, Giornalista Rockol.

MMW24, il panel "Old but gold: la musica in radio e tv"

Con Anna Maria Genzano, Stefano Longhini, Rosario Donato e Andrea Miccichè

“La rivoluzione AI nel mercato dei diritti musicali: rischi, etica, nuovi strumenti” è il panel presentato da SCF in occasione dell’<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/milano-music-week-2024-497441">ottava edizione della Milano Music Week</a>.

Agli inizi di novembre SCF - collecting italiana per i diritti connessi fonografici - ha dichiarato ufficialmente di <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-748031/scf-posizione-su-diritti-intelligenza-artificiale-intervista-fiorito">sostenere la limitazione del mandato per le opere create interamente dall'intelligenza artificiale</a>. La decisione è in linea con la strategia di IFPI (International Federation of the Phonographic Industry), di cui SCF è rappresentante in Italia.

Partendo proprio da questa notizia, Paolo Marzano – Docente di Diritto della Proprietà Intellettuale e di Tutela della Proprietà Intellettuale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università LUISS – ha spiegato l’attuale stato dell’arte a livello legislativo in rapporto con l’AI: “Il quadro dell’arte è in divenire. I problemi sono essenzialmente tre: l’input (utilizzo di materiale protetto per l’addestramento dei sistemi di intelligenza artificiale), output (la successiva generazione di nuovi contenuti grazie ai sistema AI), e i deepfakes”.

L’avvocato passa a una breve spiegazione dell’articolo 4 della Direttiva 790, spiegando che introduce un'eccezione al diritto d'autore per il text and data mining (TDM) su opere legalmente accessibili, esclusa se il titolare dei diritti riserva esplicitamente tali usi tramite strumenti leggibili automaticamente. 

“Il regolamento AI act che ha come principio la trasparenza: chi addestra queste macchine deve sempre dimostrare e deve esser chiaro cosa ha utilizzato per addestrare i sistemi” – ha continuato Marzano - “Per rispettare il diritto dell'Unione in materia di diritto d'autore e diritti connessi, è previsto che venga redatta e resa pubblica una sintesi dettagliata dei contenuti utilizzati per l'addestramento, adottando codici di buone pratiche come riferimento per conformarsi alle normative”.

Mariano Fiorito – Direttore Generale SCF – ha motivato la scelta di SCF in merito alla limitazione dei contenuti creati interamente da AI: “La scelta è arrivata con confronti internazionali anche con IFPI. È stato istituti un gruppo di lavoro dalla Human Artistry Campaign per monitorare gli effetti del’Ai, la possibilità di utilizzo, non solo i pericoli, e per affinare la produttività…Questi temi hanno portato SCF a non tutelare i contenuti prodotti interamente dall’AI, perché questi non generano diritto. L’altro punto è prevenire il riciclaggio, ossia la possibilità di prendere i punti non tutelati e su questi andremo a modificare il regolamento, il contratto di mandato, escludendo questa fattispecie. I tempi? Da subito, nel giro di qualche giorno”.

Luca Maino – Responsabile Amministrazione e Controllo di Gestione SCF – ha aggiunto: “I tool di Ai poggiano le basi su tre pilastri: dati, algoritmi e capacità computazionale. I dati non devono essere solo quantitativamente rilevanti, ma anche qualitativamente e questo può avvenire attraverso dei sistemi. Questi tre pilastri fanno parte della nostra quotidianità”. Maino ha riportato alcuni esempi degli usi delle collecting come quello di customer service, repertoire management, meeting support security, systems management, marketing etc.

Eros Blanco – Head of Sales Operations BMAT – ha presentato un focus sui prodotti utilizzati nell’ambito dell’AI: “Di Ai ne stiamo parlando tanto in questi ultimi tempi, ma non è di recente creazione: ne facciamo uso da anni in Bmat per fornire dati, per validare le connessioni tra una registrazione (master) e la corrispondente opera museale (entità astratta composta da spartito e testo), oppure il deep music detector che si occupa di classificare il file audio in tre categorie: solido, liquido, gassoso”. 

“Per risolvere questi problemi” – ha spiegato Eros Blanco – “strumenti come Amplify, sviluppato da IRCAM, promettono di rilevare se un brano è stato generato dall'AI, mentre Prorata.ai assegna royalties identificando i brani originali che hanno contribuito alla creazione del file. L’AI è una "scatola nera" con processi complessi e non lineari che rendono ardua l’identificazione dei contributi originali. Bmat si concentra sull’identificazione dei repertori usati nell’addestramento. Sono necessari nuovi modelli, come il fingerprinting avanzato, per far riconoscere all’AI i propri prodotti e garantire trasparenza”.

Ma che impatto avrà tutto questo sui diritti musicali?

Blanco ha sottolineato l'importanza di progressi futuri, legando gli sviluppi tecnologici alle restrizioni legali, e osserva che l’evoluzione dell’AI generativa sarà accompagnata da strumenti per analizzarla. Marzano ha evidenziato come il diritto d’autore diventi sempre più digitale, affrontando nuove sfide con l’AI che assume anche il ruolo di autrice. Mariano ha aggiunto che, per le collecting, la priorità è comprendere come tutelare i dati.

Marzano ha concluso sottolineando&nbsp;la necessità di continuare a progredire senza fermarsi.

Sono intervenuti:&nbsp;&nbsp;Mariano Fiorito – Direttore Generale SCF; Luca Maino – Responsabile Amministrazione e Controllo di Gestione SCF; Eros Blanco – Head of Sales Operations BMAT; Paolo Marzano – Docente di Diritto della Proprietà Intellettuale e di Tutela della Proprietà Intellettuale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università LUISS.

Modera: Davide Poliani – Rockol

MMW24,"La rivoluzione AI nel mercato dei diritti musicali" di SCF

Con Mariano Fiorito, Luca Maino, Eros Blanco e Paolo Marzano

HarbourView Equity Partners, fondo di investimento attivato nel 2021 con il sostegno di Apollo Global Management, ha acquisito la titolarità dei master di George Benson: il catalogo, composto da 36 album da studio e 8 live, è stato ceduto dall’artista per una cifra non resa pubblica.

"Manteniamo l'impegno di essere un punto di riferimento per leggendari promotori di cultura come George Benson", ha dichiarato Sherrese Clarke Soares, fondatrice e CEO di HarbourView Equity Partners: “La sua arte spicca nel suo sound, con sonorità che suscitano per sempre emozioni appartenenti a un'epoca musicale importantissima per molti di noi. Siamo orgogliosi di essere partner e di dargli il benvenuto nella famiglia HarbourView".

HarbourView, al momento, ha nel proprio portfolio una cinquantina di cataloghi, tra i quali quelli di <a href="https://www.rockol.it/news-731444/harbourview-ha-acquisito-i-cataloghi-di-lady-a-e-brad-paisley">Lady A, Brad Paisley</a>, <a href="https://www.rockol.it/news-742818/harbourview-diritto-d-autore-e-di-edizione-full-force">Full Force</a> e <a href="https://www.rockol.it/news-727805/luis-fonsi-despacito-ha-venduto-il-suo-catalogo-a-harbourview">Luis Fonsi</a>: lo scorso marzo il fondo ha avviato <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-743149/harbourview-cartolarizzazione-privata-di-s500-milioni">un’operazione di cartolarizzazione da 500 milioni di dollari</a> per “proseguire nella missione di investire in beni e aziende legati a proprietà intellettuali di altissimo livello”.

George Benson

George Benson, ad HarbourView i master

Alla società di private equity i diritti sulle registrazioni del catalogo dell’artista

Il distributore indipendente Idol, che fornisce servizi per artisti ed etichette a livello globale, ha annunciato una partnership con Full Time Hobby e la sua etichetta dedicata al genere alternative rock, Hassle Records. 

Roo Currier, Direttore Generale UK di Idol, ha dichiarato: "Da sempre ammiriamo il lavoro di Full Time Hobby e Hassle Records, che condividono i valori di Idol di valorizzare l'artista. Non vediamo l'ora di supportare i roster eclettici di entrambe le etichette, che si avviano verso una nuova e ambiziosa fase di crescita”.

Idol si occuperà della distribuzione digitale, del marketing e dell’audience development&nbsp;a livello mondiale per la frontline e catalogo delle due etichette con sede a Londra, escludendo Germania, Austria e Svizzera. 

La divisione specializzata in marketing e audience development di Idol lavorerà a stretto contatto con Full Time Hobby, Hassle Records e i loro artisti per sviluppare il rispettivo pubblico internazionale e le comunità di fan online. Inoltre, in base all'accordo, Idol si occuperà delle nuove uscite di artisti come Bananagun, Canty e Tunng, Brutus, Dead Pioneers e Jools in uscita per Hassle Records. 

Nigel Adams, cofondatore di Full Time Hobby e Hassle Records, ha commentato: "In un panorama dell'industria musicale in continua evoluzione, Wez e io siamo stati attratti dalla collaborazione con Idol perché sono indipendenti, hanno un focus e un'attenzione ai dettagli combinati con la capacità di competere su scala globale. Condividiamo in gran parte la stessa etica e sentiamo di aver trovato il partner ideale per far crescere ulteriormente le nostre etichette - siamo entusiasti di celebrare il nostro 21° anniversario con loro l'anno prossimo e di lavorare insieme alle nuove uscite di artisti come Tunng, Canty, Dead Pioneers, Ghostwoman e altri...”.

Idol e Full Time Hobby insieme per supportare gli artisti rock

Idol si occuperà della distribuzione digitale, del marketing e dell’audience development

All'interno dell'abbonamento premium di Amazon Music saranno disponibili anche gli audiolibri del catalogo Audible: ogni mese, infatti, gli utenti del servizio di streaming avranno accesso a un audiolibro di loro scelta. Il servizio è per ora disponibile solo per i mercati anglofoni, e cioè Stati Uniti, Inghilterra e Canada.

La decisione sembra essere una sorta di contromossa per contrastare Spotify, che a marzo aveva fatto la stessa cosa (sempre nel mercato anglofono) abbassando però automaticamente i compensi per autori ed editori musicali negli Stati Uniti in una sorta di "compensazione" di costi e benefici dei nuovi abbonamenti. Una mossa che aveva scatenato le proteste di&nbsp;National Music Publishers Association e Mechanical Licensing Collective. A quanto pare, però, non sarà il caso di Amazon Music, che avrebbe già promoesso agli editori americani che i compensi resteranno invariati.

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Anche Amazon Music aggiunge gli audiolibri al suo catalogo

A differenza di quanto successo con Spotify, però, i compensi per i musicisti resteranno invariati

Come si sono evoluti i concerti da quel famoso Woodstock del 1969? È la domanda a cui Linus in occasione del talk “Da Woodstock a Marraggeddon con Linus” nell’ambito della Milano Music Week 2024.

Linus ha esordito: “Non ho mai partecipato a Woodstock, ma grazie a quello del 69 è nata l’idea del porridge per colazione: non avevano idea di quante persone sarebbero arrivate e quindi li hanno sfamati con latte e avena”.

Woodstock '69 rappresenta il primo grande evento musicale di massa con un'organizzazione complessa e un'esperienza collettiva unica per 400.000 persone. Un esempio virtuoso?

Secondo Linus ogni esperienza insegna qualcosa: "Woodstock andrebbe visto più come un festival che un concerto, tipico del periodo dei figli dei fiori, e ha mostrato l’importanza del valore aggregativo". Racconta poi di un concerto di Zucchero al Cremlino nel 1990, in un’atmosfera molto formale, dove era vietato alzarsi in piedi, a differenza dei concerti di oggi, diventati esperienze più coinvolgenti.

Un altro esempio è stato il concerto dei Queen a Wembley che ha trasformato un'esperienza collettiva in un evento globale, condiviso per la prima volta anche tramite la TV. Come ha cambiato questo il modo di vivere i live?

Linus: “La gente che era lì so ricorderà per sempre di quella emozione, ma quello che si è divertito di più è stato Freddie Mercury. Guardarlo in tv? È come vedere una partita di calcio da casa, ma credo che il concerto debba essere un evento da consumare sul posto. Il problema, però, che oggi mancano gli headline: fino a 10 anni fa c’era un misto tra i dinosauri del rock n roll e gli artisti contemporanei. Oggi c’è poco del vecchio e dello storico e i contemporanei non sono così forti… Non c’è più mistero: per esempio di Bob Dylan si sapeva pochissimo, oggi è tutto sui social e questo penalizza anche la crescita del personaggio.

Linus evita previsioni sul futuro della società, sottolineando il rapido cambiamento. Ricorda poi esperienze personali legate alla musica: un’intervista a Loredana Bertè nel 1980, un concerto di Bob Dylan a San Siro e l’atmosfera rilassata del concerto di Bob Marley, tra traffico e "nebbia".

Affronta la questione dei concerti estivi a San Siro, chiarendo: Per esempio il Marraggeddon è iniziato il pomeriggio e lo stesso giorno pomeriggio ha giocato il Milan ed è stato l’inferno. Non sono contrario ai live perché il pubblico dei concerti è tranquillo, è quello dello stadio che è pericoloso e selvaggio. Farei meno partite, quello sì Milano? Milano è una situazione affidabile: al concerto della Swift c’erano molti stranieri che oltre al concerto hanno fatto anche una vacanza.&nbsp; Ma c’è stato un momento in cui questa era stata tagliata fuori dalla cerchia dei concerti: erano gli anni 70, quando hanno deciso di non far venire le rockstar in Italia. Poi la situazione è cambiata, proprio con il ritorno di Bob Marley” 

Linus osserva che gli artisti oggi fanno più tour grazie alla crescente domanda, alimentata dal valore ricreativo e dall’impatto social. Lana Del Rey, ad esempio, ha raggiunto grandi numeri grazie a Instagram, dove condividere l’emozione di un evento è diventato essenziale. Tuttavia, non è giusto ridurre i concerti solo a questo. Linus cita artisti emergenti che sorprendono per talento e riflette sui cambiamenti nell’accesso alla musica, passato dai dischi e TV alla disponibilità immediata su Spotify.

Riguardo l’uso dei telefoni ai concerti, Linus lo considera poco significativo, riportando un aneddoto di De Gregori che invitava il pubblico a fare ciò che voleva. Nei concerti più piccoli, però, vietarli potrebbe preservare l’intimità emotiva.

Infine, sul successo del rap negli stadi, Linus lo attribuisce alla crescita graduale del pubblico di rapper come i Dogo e Marracash, che hanno portato con sé nuove generazioni, consolidando il genere come il più seguito in Italia: “Il loro pubblico è cresciuto con loro e hanno portato dietro anche le nuove generazioni. Vedi, per esempio, i Dogo o lo stesso Marra. È un mondo che si è consolidato piano piano. Con la trap sono arrivate anche tante altre persone”.

MMW24, il panel "Da Woodstock a Marrageddon con Linus"

Il passato e il presente dei concerti

L’intelligenza artificiale è tra i temi più discussi di questa ottava edizione della Milano Music Week.&nbsp;&nbsp;Ci sono ancora molte domande sul rapporto tra Ai generativa e il mondo dell’arte, ma le risposte hanno tempistiche che sembrano non stare di pari passo con l’evoluzione degli eventi; questo, di conseguenza, crea disagi e disequilibri tra essere umano e “macchina”.

Quali sono le prospettive? Cosa deve aspettarsi il mondo dell’arte? A parlarne durante il panel “Nuovo Imaie – Musica e intelligenza artificiale” sono stati il Presidente di Nuovo Imaie Andrea Miccichè e il musicista Massimo Varini.

Massimo Varini ha espresso la sua perplessità: “L’Ai generativa fa qualcosa di ben diverso da quello a cui siamo abituati, perché, a differenza di altri sistemi, ha imparato a fare qualcosa tramite il data mind, attraverso del materiale fornito da noi. Quello che preoccupa è il fatto che qualcuno senza nessuna autorizzazione ha istruito i sistemi di Ai generativa. L’altro giorno ho aperto Chatgpt e chiesto di creare un testo di una canzone ironico e simpatico, poi ho usato Suno con cui ho sostituito alcune parti e chiesto di creare una canzone pop nello stile dei Green Day. Il risultato? Un brano credibile.&nbsp; Quello che preoccupa me e chi fa il mio mestiere, specialmente i miei studenti, è come potranno trovare posto sul mercato, in cui le risorse economiche scarseggiano, con l’avvento dell’AI istruita tramite i nostri prompt”.

Partendo dalla fotografia di Massimo Vernini, cosa può fare una realtà come Nuovo Imaie?

Il Presidente Andrea Miccichè ha risposto: “Da giurista posso affermare che il mondo del diritto d’autore è impreparato ad affrontare questo tema, perché fa riferimento alla mente umana. L’AI vampirizza uno stile e prodotti intellettuali identificabili come opera: ciò che non è denunciabile è questa vampirizzazione dello stile, la richiesta ‘scrivi una musica tipo quella dei Beatles’. Questa totale impreparazione giuridica porta a una duplice reazione: quella estremista, che vieta totalmente questo genere di vampirizzazione, e questo potrebbe essere una mossa da lobbista del 1800; l’altra è quella che consente tutto, ma è troppo permissiva. Entrambe le soluzioni sono pericolose. Dovrebbero esserci dei nuovi istituti con nuove fattispecie per salvare l’arte”.

Miccichè riporta l’esempio degli ologrammi degli Abba durante il live di Londra e riflette sul fatto che le persone si fossero scatenate di fronte a quelle che essenzialmente erano immagini: “Ho pensato di assistere alla fine del mondo perché ho visto la tecnologia ‘truffantina’, nel senso che c’è la capacità impareggiabile della macchina di essere come l’umano… è necessario soffermarsi anche su questo tema: l’artista che interpreta la musica non ha la forza contrattuale di non far manipolare le proprie esecuzioni e le clausole di riserva devono tener conto della debolezza contrattuale dove gli artisti sono disposti a cedere tutto pur di lavorare. Deve esserci una tutela forte che impedisca questi tipi di trasferimento e queste autorizzazioni debbano avvenire in presenza di una gestione collettiva e nella raccolta del diritto devono essere inserite norme che disincentivano l’uso dell’AI. Per esempio: nel cinema c’è un decreto del Tax Credit è scritto che qualora la produzione non abbia previsto il divieto di poter attingere all’AI delle propria opera non piò beneficiare della Tax Credit. La cosa più grave è il rischio della perdita dell’utente dell’ascolto della musica umana”.

In collegamento anche l’On. Brando Benifei, Eurodeputato PD e relatore del Regolamento IA che ha descritto il lavoro che stanno svolgendo: “La gestione del rischio nel regolamento dell’AI è legato al caso d’uso e, per esempio in ambito medicale, prevede una serie di regole per gestire e ridurne i rischi, ma ci vorrà ancora del tempo, almeno un anno per far rispettare queste norme, per capire cosa è stato utilizzato per addestrare questo sistema e poter esaminare, analizzare esattamente il materiale. Non vogliamo impedire questi sistemi, ma avere un modello che dia una remunerazione corretta agli aventi diritto. Bisogna trovare un equilibrio a favore dei creativi. Molti musicisti usano l’AI per creare contenuti, quindi serve creare un equilibrio”.

Miccichè ha continuato: “È interessante la posizione dei “modernisti” secondo cui la macchina tramite le informazioni che riceve crea nuovo materiale, ma la macchina riproduce che consuma l’utilizzo di un diritto. Da giurista direi che l’attività umana è diversa in quanto l’attività mentale non consuma un diritto. C’è un tema enorme: quando ci saranno i passaggi dei fonogrammi dell’AI, di chi saranno i diritti? In Francia hanno risolto consentendo il deposito di un’opera generata dall’AI. Questo è un problema politico perché potrebbero esservi due scuole di pensiero”

I protagonisti di questo panel hanno concluso, invitando tutti noi, e in particolare le istituzioni e chi fa uso dell’AI, di considerare la tecnologia al servizio degli uomini e non come qualcosa che lo sostituisce.

L’incontro è stato moderato da Cristiana Tomei, Giornalista.

MMW24, il panel di Nuovo Imaie Musica e intelligenza artificiale

Sono intervenuti Andrea Miccichè, Massimo Varini e  l’On. Brando Benifei

“Ok computer: l'artista, l'AI e la legge", in programma alla <a href="https://www.rockol.it/tutto-su/milano-music-week-446775">Milano Music Week</a>, è stato il panel dedicato ai temi che stanno animando il dibattito tra coesistenza di creatività umana e modelli di intelligenza artificiale generativa. Prodotto da Rockol in collaborazione con Deloitte Legal, il panel è passato dai temi del training dei dati ai prompt fino al prodotto realizzato con il contributo dell’intelligenza artificiale generativa, affrontando le opportunità e le criticità di chi opera tra nuova creatività, responsabilità e diritto d’autore. 

Al workshop sono intervenuti Rocco Tanica (autore, compositore e grande appassionato di AI generativa, nonché elemento storico degli Elio e le Storie Tese), e Diego Gerbino (avvocato e director di Deloitte Legal e del dipartimento di Intellectual Property &amp; Technology della sede di Milano). Il dibattito è partito proprio da un esperimento di Rocco, che ha realizzato un Te Deum, ovvero una composizione sacra, utilizzando l’intelligenza artificiale. “Con l’introduzione dell’intelligenza artificiale generativa in campo audio si sono aggiunte gustose funzioni e soluzioni, che tuttavia ho adottato solo in parte. In questo caso non mi interessava che l’AI agisse in assoluta autonomia, ma che ‘imparasse’ dalla mia scrittura musicale – racconta Rocco - per il Te Deum ho lavorato con il collega Massimo Costa. Siamo partiti con temi per pianoforte; in testa avevo l’inarrivabile ‘Clavicembalo ben temperato’ e relativi preludi e fughe polifoniche di Bach: se devo fare il megalomane, mi sono detto, meglio ispirarsi a quelli bravi. Ho armonizzato i miei temi e lavorato su un minimo di contrappunto”. 

Preparato il tutto, il processo è proseguito: “Abbiamo dato in pasto alla macchina un’enorme quantità di materiale sonoro settecentesco, sinfonie, corali, concerti per solista e orchestra, prestando particolare attenzione all’organico orchestrale e al suono: volevamo che la macchina ne comprendesse i parametri. A questo processo è poi seguita l'elaborazione da parte dell’AI delle melodie iniziali abbozzate al piano e sviluppate in modo essenziale. Una volta ottenuto un output stereo bilanciato siamo passati alla definizione degli strumenti. In sostanza: alla fine sono arrivato al Te Deum, ma ho impiegato più tempo con l’intelligenza artificiale che senza (ride, ndr)”. 

Da qui la domanda delle domande: un progetto di questo tipo è depositabile? A rispondere l’avvocato Diego Gerbino: “Dell’intelligenza artificiale tutti ne parlano o benissimo o malissimo. Dobbiamo comprendere la tecnologia, utilizzarla nel modo appropriato. Noi pensiamo che tutto quello che troviamo su internet sia libero, non è così. Per questo serve un fase di addestramento. Se noi costruiamo fondamenta solide possiamo realizzare una casa, se non è così ci possono chiedere danni o possono crollare i muri. Se usiamo la macchina come strumento, come nel caso di Rocco, gettando basi che abbiamo costruito noi, la possibilità di un deposito è concreta, se invece generiamo dalla macchina automaticamente, senza nessun lavoro artistico alla base, nulla di ciò sarà tutelabile”.

MMW24: l'artista, l'AI e la legge

Rocco Tanica ha realizzato un Te Deum con l’intelligenza artificiale. 

L’occasione è di quelle che non si presentano molto spesso: un dialogo a 360 gradi con Victoria Oakley, dal titolo “The incomparable value of music”, che da aprile 2024 ricopre la carica di CEO di IFPI, moderato da Marta Cagnola, storica voce di Radio24. Come si scopre fin dall’introduzione dell’illustre ospite, il background di Oakley è atipico per una persona che ricopre la sua posizione: dopo vent’anni in diplomazia passa alle pubbliche relazioni e alla consulenza, per poi approdare in Google e infine in IFPI. “Credo che sia stata la preparazione perfetta: il mio lavoro è difendere i diritti e parlare in favore di tutta l’industria, in pratica sono una ‘storyteller in chief’” scherza lei. “Inoltre, è un bene che io conosca così a fondo il settore tech, visto che ormai la tecnologia pervade anche l’industria musicale”.

Cresciuta a Ginevra, in Svizzera, conosce la musica italiana (“Soprattutto Zucchero ed Eros Ramazzotti, che andavano molto ai miei tempi”), ma poi ha smesso di ascoltarla quando si è trasferita altrove. “Credo sia una delle principali sfide per la vostra discografia, perché purtroppo il vostro repertorio non è diffuso ovunque: a Londra, negli USA o in Asia è più difficile ascoltarlo, anche se lentamente le cose stanno cambiando”. Il merito non lo dà tanto a Eurovision, quanto piuttosto alla democratizzazione degli ascolti&nbsp;in atto grazie allo streaming: “Allo stesso tempo, però, ormai si tratta di un mercato super saturo, perciò è difficile per gli artisti riuscire davvero a emergere” fa notare. Tra i pregi del nuovo status quo, riscontra senz’altro la riscoperta della musica di catalogo, che riveste un’importanza sempre maggiore per le case discografiche: “Non solo le persone più anziane continuano ad ascoltare la musica dei loro tempi, ma anche i giovani scoprono quella d’annata. Ho una figlia teenager che grazie allo streaming ora ascolta molta musica anni '70, ad esempio” dice Oakley.

I continui cambiamenti hanno messo a dura prova l’industria discografica, sostiene Oakley: “Le etichette di oggi non assomigliano affatto a quello che erano un tempo, e tutta la narrazione è cambiata” dice. “Allo stesso tempo, però, per i giovani artisti di talento è sempre più difficile farsi notare, perciò avranno sempre più bisogno di servizi professionali come marketing, pr, partnership, sviluppo. È proprio a questo che servono le label”. Ancora oggi i giovani sognano di firmare un contratto, ma con più conoscenza del panorama rispetto ai loro predecessori: “Sanno molto di più dell’industria, perciò hanno più scelte e più strumenti per negoziare. Allo stesso tempo, le etichette si sforzano più di un tempo di scovare nuovi artisti attraverso strumenti che prima non esistevano, come i social: insomma, è un percorso a doppio senso, e se le due parti in causa riescono a incontrarsi a metà strada, sarà un rapporto felice e proficuo per tutti”.

Anche il rapporto con il pubblico è cambiato: “Gli ascoltatori, soprattutto i più giovani, scelgono chi ascoltare in base non solo alle canzoni. Vogliono sapere chi è l’artista, come la pensa su una vasta gamma di tematiche, cosa lo appassiona e via dicendo” spiega. “I cosiddetti superfan sono un’evoluzione estremizzata di questa tendenza, ma in generale i giovani di oggi hanno una connessione e una comunicazione più profonda con i loro idoli: non si tratta più semplicemente di ascoltare la loro musica”. Anche per questo c’è la necessità di un sistema discografico che prosperi a livello di major ma anche e soprattutto a livello di indipendenti: “Le indie possono trascorrere molto più tempo a dedicarsi a generi di cui sono profondamente esperte, cosa che nelle multinazionali è più difficile” osserva. Oltretutto, aggiunge, oggi la divisione è più sfumata per via delle molteplici opzioni relative a contratti di distribuzione, sub-label e servizi per gli artisti, oltre al fatto che è normale fare avanti e indietro tra major e indipendenti, nel corso della carriera di ciascuno. “La mappa è molto più incasinata, ma è meglio così” chiosa. Nonostante il music business sia stato un approdo tardivo per Victoria Oakley, ne apprezza moltissimi aspetti: “La gente entra in questa industria e si sposta in svariati ruoli e settori, ma non va mai via davvero. È complicato lavorare in quest’ambito, perché è in costante evoluzione, ma lavorare per la musica è elettrizzante, e inoltre vengo quotidianamente a contatto con persone che hanno moltissimi talenti diversi, sia a livello creativo che nell’ambito delle vendite”.

Tra gli argomenti toccati, ovviamente, c’è anche quello piuttosto sensibile dell’intelligenza artificiale generativa. “È allo stesso tempo una sfida e un’opportunità” riflette. “Ed è inutile parlarne come se fosse di là da venire: è già qui, nelle nostre vite, e forse come industria non siamo ancora riusciti a capirci abbastanza. Può essere uno strumento fenomenale in termini analitici, ma la vera sfida è l’AI generativa, con la quale si possono fare molte cose intelligenti e divertenti, avendo però il permesso degli aventi diritto”. Tra i problemi che reputa più urgenti c’è quello dell’addestramento dell’AI: “È come una macchina che ingerisce la musica e sputa fuori qualcos’altro, ma gli artisti che hanno creato la traccia originaria non ottengono nulla in termini di compensazione. Abbiamo bisogno di una legislazione che non intralci le cose buone che possono arrivare dall’AI, ma allo stesso tempo non danneggi o penalizzi gli artisti”. Spesso gli sviluppatori insistono sul fatto che non sia possibile creare un sistema che identifichi con certezza che tipo di prodotto l’intelligenza artificiale ha usato come training. “Io però non mi trovo d’accordo: se sono in grado di creare l’AI generativa, devono essere anche in grado di dirci con che cosa hanno generato la loro creatura” ribadisce. “Sembra facile per l’intelligenza artificiale creare da zero un nuovo brano musicale, ma non lasciamoci ingannare: può farlo solo perché è stata addestrata con musica già esistente”. Il punto, spiega, è proprio il consenso: “È necessario che il processo sia trasparente, che ci sia conoscenza di tutte le componenti in causa: altrimenti è impossibile per gli aventi diritto scegliere se dire sì o no all’uso dell’AI, e ottenere il giusto compenso per l’utilizzo delle loro opere”.

Rispetto alla legislazione già esistente in materia, il parere è positivo su quella di alcuni paesi e la fiducia nei rappresentanti di IFPI a Bruxelles è totale, ma “le decisioni non vengono prese solo in sede europea: servono figure chiave che possano dialogare con i governi nazionali e con il settore privato” dice. “Il nostro problema è che dobbiamo farci ascoltare da politici che spesso non capiscono il nostro settore, perciò dobbiamo continuare a raccontare cosa facciamo e come funziona l’industria musicale, in modo da ottenere leggi più eque”. Il rischio, ribadisce Oakley, è che tra le pressioni&nbsp;dell’industria tech e le continue evoluzioni dell’AI, il focus sulla musica vada un po’ a perdersi. “Sulla carta, l’EU AI Act è una buona legge, ma la prova del nove sarà capire se funziona nel concreto. Bisognerà capire come evolverla anche in base all’uso che verrà fatto dell’AI nella vita reale”.

Resta il fatto che uno degli aspetti più positivi dell’industria musicale, dice Oakley, è la sua capacità di adattarsi ai continui cambiamenti tecnologici e dei tempi. “Anche l’avvento dello streaming all’inizio è stato complicato per le etichette, ma ora hanno aggiustato il loro modello di business e tutto funziona per tutti”. Anche le piattaforme di streaming, dal canto loro, sono in costante trasformazione: “Stanno cercando nuovi settori e sistemi per generare introiti, come il ticketing, gli abbonamenti super premium o la specializzazione nei superfan” racconta. “In generale l’ecosistema della musica è fragile e bellissimo, e funziona solo se le etichette continuano a essere invogliate a correre rischi e a investire in artisti, anche se alcuni di loro non funzioneranno mai. Per fare in modo che questo succeda, dobbiamo proteggere l’intero ecosistema”. Un ecosistema dove attualmente è anche possibile pubblicare da autoprodotti, senza l’ausilio di una label, e avere comunque successo (“Sono contenta che gli artisti abbiano anche questa possibilità, la gamma delle scelte è più ampia che mai, anche se una label può garantire un successo più rapido e duraturo”) e dove non esiste una contrapposizione netta tra major e indipendenti (“Non si tratta di animali grandi contro bestie più piccole: a tutti fa comodo che l’industria musicale prosperi. E oggi il successo di un artista non si misura dal suo volume di affari, ma dalla profondità e dalla qualità del rapporto con i suoi ascoltatori”).

MMW24: a tu per tu con Victoria Oakley, CEO di IFPI

Un'occasione per approfondire lo stato dell'arte dell'industria discografica a livello globale

Era una linea di ricavo marginale e accessoria per discografia e publishing, oggi è protagonista della rivoluzione innescata dalle piattaforme: il filone sync (sincronizzare una composizione musicale a fotogrammi o immagini in una produzione audiovisiva, come ad esempio un film, un programma televisivo, spot pubblicitario, cortometraggio, video musicale etc), nel mercato attuale, può rilanciare cataloghi, aprire spazi su nuovi mercati e, soprattutto, generare ricavi come mai era successo prima. Prospettive e opportunità nuove si stanno delineando per il settore: come sta cambiando il lavoro dei suoi professionisti? Come differenziano le proprie strategie le major e le indie? In che modo stanno evolvendo le interazioni tra industria musicale e settore dell’audiovisivo? Dove cercare la nuova frontiera per spingere su un consumo costruttivo (e redditizio) di musica? 

Questi i temi al centro del talk in programma alla <a href="https://www.rockol.it/tutto-su/milano-music-week-446775">Milano Music Week</a> “Sincronizzazioni, un futuro da scrivere” a cui hanno partecipato Roberto Razzini (managing director, Sony Music Publishing Italy), Elisabetta Biganzoli (executive director, Sugarmusic Group), Antonella Zappietro (synch &amp; licensing manager, Edizioni Curci), Francesco Brambilla (branded entertainment director camelot). A entrare subito nell’argomento, Razzini: “Oggi il mercato è parcellizzato, è più ampio e investe più campi. Noi siamo sempre più portati a trovare degli equilibri tra le richieste di un cliente e il nostro catalogo. E saper cogliere anche le nuove grandi opportunità è sempre fondamentale. Faccio un esempio: alla fine di ogni spot auto, ormai, c’è un suono caratterizzante. Ecco, quel suono è musica, è un’occasione per i nostri compositori perché richiede lavoro e competenze. Il futuro delle sync, in poche parole, ha infinite declinazioni”. 

Antonella Zappietro ricorda come il mercato sia in crescita: “Abbiamo avuto un boom di sincronizzazioni durante la pandemia, un’espansione dell'audio-visivo così grande che è andata a compensare quello che non è stato fatto a livello di pubblicità. Stiamo parlando di un settore che, per la sempre maggiore fruizione di contenuti in casa, non arretra”. Biganzoli di Sugar sottolinea l’importanza non solo della musica, ma anche del dialogo tra le parti: “Alcuni registi si innamorano di alcune canzoni e le vogliono a tutti i costi per i loro film: ricordo quando Lars Von Trier voleva un brano di Nino Rota per ‘Nymphomaniac’, ma alla fine uno degli aventi diritto non rese possibile l’operazione. Ma in generale, al di là di questo caso limite, è importante che ci siano tavole rotonde di confronto, di dialogo con la produzione per capire budget e necessità, per cercare di far sì che tutte le esigenze vengano soddisfatte”. Francesco Brambilla mette in evidenza alcune dinamiche: “Il nostro lavoro è mettere insieme tutti i player per la creazione di uno spot o di un contenuto, ma spesso ci rendiamo conto come la musica e i diritti di sincronizzazione siano materie poco conosciute. Ci sono brand che ci domandano: se un pezzo è già su TikTok possiamo usarlo per uno spot sui social? Ci sono sempre più aziende che ci chiedono un’identità sonora, e questo fa capire che il futuro è florido, ma sarà fondamentale una maggiore cultura e conoscenza del campo. Noi lavoreremo su questo”.

MMW24: il futuro delle sincronizzazioni 

Il filone sync, nel mercato attuale, può rilanciare cataloghi, aprire spazi. 

<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-745535/suno-azienda-anno-profilo-startup-intelligenza-artificiale-parte-uno">Suno</a> ha presentato “Suno V4”, una nuova versione del proprio strumento di musica AI, che, come riportato sul sito ufficiale della startup di intelligenza artificiale generativa musicale, segna “una nuova era nella generazione di musica con AI”.

Suno V4 è uno strumento avanzato che consente di creare processionalmente musica in pochi secondi, adattandosi a diverse esigenze creative: dai content creator - permette di produrre musica di sottofondo personalizzata per video, podcast e contenuti sui social media – fino ai professionisti del marketing per creare musiche per video aziendali e jingle pubblicitari. 

Suno offre sia una versione gratuita, con la quale gli utenti possono creare un numero limitato di brani, sia una versione a pagamento con un numero illimitato, che dà agli iscritti tutti i diritti sulla musica creata.

E proprio su quest’ultimo punto che Suno e Udio sono state <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-745385/intelligenza-artificiale-maxi-cause-delle-major-a-suno-e-udio">citate in giudizio dalle tre major musicali Sony Music Entertainment, Universal Music Group e Warner Music</a>, le quali hanno sostenuto che le due società avevano addestrato i loro modelli di intelligenza artificiale su musica protetta da copyright senza autorizzazione e che gli strumenti di intelligenza artificiale avevano creato musica che essenzialmente copiava musica esistente protetta da copyright.

Suno e Udio hanno riconosciuto che i loro modelli di AI potrebbero aver utilizzato musica protetta da copyright durante l'addestramento, sostenendo che ciò rientra nel "uso corretto" previsto dalla legge statunitense. Questa difesa, comune tra le aziende di AI coinvolte in simili controversie, non è ancora stata verificata nei tribunali.

Suno, la sua ascesa nell'Ai generativa musicale con Suno V4

Ma la diatriba con le major...

Un talk, organizzato da Sony Music Italy e Rockol, per esplorare il crescente impatto della musica dedicata al segmento dell’infanzia e analizzarne le tendenze all’interno dell’industria musicale: questo è stato “Kids go pop” in programma alla <a href="https://www.rockol.it/tutto-su/milano-music-week-446775">Milano Music Week</a>. Al centro la creazione di contenuti ad hoc, testi, messaggi e stile musicale appropriati per l’età, coerenti con specifici comportamenti di consumo e di accesso alle piattaforme. Un punto di partenza non poteva non essere il patrimonio musicale dello Zecchino D’Oro. Appuntamento nei pomeriggi di venerdì 29 e sabato 30 novembre per l'edizione numero sessantasette della manifestazione con la conduzione di Carolina Benvenga e Lorenzo Baglioni, la finalissima sarà nel prime time di domenica 1 dicembre con Carlo Conti, il tutto in diretta su Rai1. 

“Le canzoni dello Zecchino hanno avuto anche autori illustri, questo racconta già molto: da Lucio Dalla a Pino Daniele fino a Cristicchi e Max Gazzé, il cui testo recentemente ha vinto un’edizione – ricorda Cinzia Del Vecchio uff. stampa e com.ne digitale Antoniano di Bologna/Zecchino d’Oro - in più di 60 anni è diventato un fenomeno televisivo, ma anche discografico. Vanta un repertorio da 846 canzoni che contiene anche delle hit, tutti ricorderanno, per esempio, ‘Il Coccodrillo come fa’. È un mondo in crescita, siamo sbarcati anche su TikTok e cerchiamo di essere perfettamente ancorati al presente”. Il confine tra questo universo e quello della musica pop è più sottile di quello che si possa pensare. “Le canzoni dello Zecchino d’Oro sono le prime hit comparse sul pianeta Terra – sorride Mamo Giovenco, owner Ocho, editore, manager, discografico, consulente artistico – i bambini sono il pubblico più esigente in assoluto. Quelle canzoni sono costruite con lo stesso livello di costruzione delle hit pop, soprattutto quelle estive. Non c’è distanza. Io lavoro con Rondine, che è già un autore multiplatino, e più volte mi ha detto che parte dalle hit dello Zecchino per scrivere brani”. 

Spazio anche a riflessioni su strategie di marketing e di brand partnership coniugate con la garanzia di un’esperienza sicura. Sfide e opportunità legate alla costruzione di una connessione duratura con il pubblico più giovane. “Il nostro obiettivo è cercare di intercettare un'audience e fornire contenuti di qualità, l’evoluzione che ha avuto questo mondo è assolutamente pop – sottolinea Lino Prencipe, director digital &amp; business development Sony Music Entertainment Italy - è anche importante portare avanti strategie e collaborazioni. Un esempio? Un dispositivo come Alexa, che fa ascoltare canzoni per bambini con una richiesta vocale immediata, è una grande opportunità su cui, infatti, abbiamo lavorato”. E ancora: “Il prodotto deve essere entusiasmante. La tendenza sempre più forte dei bambini, tra i 4 e i 5 anni, ad abbracciare il pop e a lasciare da parte la musica per piccini, è sotto gli occhi di tutti e cambia molte dinamiche – racconta Luca Fantacone, director catalogue Sony Music Entertainment Italy - i bimbi sono giudici spietati che dicono subito se un pezzo piace o meno. Mahmood, i Pinguini Tattici Nucleari, per esempio, sono seguiti da tanti bambini, questo il vero centro di ‘Kids go pop’”. Jacopo Failla, MTKG specialist &amp; CEO RockSlam, pone i riflettori su un altro aspetto importante: “Quando creiamo contenuti in questo settore non ci rivolgiamo solo ai bambini, ma anche ai genitori che selezionano gli stessi per loro. Io lavoro con Carolina Benvenga, che ha saputo perfettamente abbracciare questo tipo di dinamiche. E, infatti, oggi viene considerata a tutti gli effetti un’artista pop, non solo come una realizzatrice di canzoni per bambini”.