Il bilancio del terzo trimestre 2024, annunciato nella notte a Los Angeles, mostra una Spotify che gode appieno degli effetti della cura cominciata un anno fa, quando dopo anni di conti in rosso l’attenzione si era focalizzata sull’efficienza, reclamata a gran voce dagli stakeholders. I numeri I numeri, in sintesi, dicono che i ricavi hanno raggiunto € 3,99 miliardi e che gli abbonati sono aumentati di 6 milioni; ma mentre i primi sono risultati leggermente inferiori alla previsione del DSP (€ 4 miliardi), l’utile operativo ha raggiunto un record di € 454 milioni, qui superando le previsioni del 12%. Per dare un’idea della svolta, si consideri che questo dato è in crescita del 70% rispetto al secondo trimestre ed è più di 14 volte maggiore rispetto al trimestre dell'anno precedente. L’utile, peraltro, rispecchia l’andamento del margine lordo, a € 1,24 miliardi e pari al 31,1% dei ricavi. Abbonati Spotify ha concluso il terzo trimestre con 252 milioni di abbonati, un aumento di 6 milioni rispetto al trimestre precedente e un incremento dell'11,5% rispetto al periodo dell'anno precedente. I ricavi da abbonamenti hanno raggiunto € 3,51 miliardi, in crescita del 20,8% su base annua. Il ricavo medio per utente premium è aumentato del 9% (a valuta costante) a € 4,71 euro. Pubblicità Meno stellare la perfomance della pubblicità, come era prevedibile leggendo le recenti trimestrali di altri gruppi musicali quotati (ad esempio, quella di UMG, i cui CEO e CFO avevano commentato la necessità che il contesto esterno migliorasse per incrementarne i ricavi). L’advertising, che per Spotify è un un elemento chiave sia per il proprio modello freemium che per il comparto dei podcast, ha continuato a rimanere indietro rispetto agli abbonamenti, con ricavi di € 472 milioni in aumento del 5,6% rispetto al secondo trimestre e del 3,5% rispetto al trimestre dell'anno precedente. Non sono le impression a non tenere il passo, ma i prezzi: a maggiori volumi corrispondono ricavi in ascesa meno che proporzionale. Il titolo in borsa I risultati della trimestrale hanno fatto salire il prezzo delle azioni di Spotify nel trading dopo la chiusura delle borse (after-hours) di oltre il 9% a $ 459 dollari; ma già prima della chiusura delle contrattazioni il titolo aveva toccato il proprio massimo storico chiudendo a $ 419,48 dollari. Il commento Spotify potrà risultare uno dei player più interessanti nella battaglia contro il duopolio Alphabet-Meta nella raccolta pubblicitaria globale: pur distantissima per dimensioni relative, la sua motivazione sarà sempre più elevata perché, se una tempo era centrale nel finanziare la traction che avrebbe condotto alla conversione dell’utente da gratuito a pagante, oggi è il motore dei podcast che, a loro volta, sono al centro della via maestra per l’indipendenza del DSP dal controllo del suo business da parte degli aventi diritto. Advertising a parte, i dati dicono che il miglioramento stellare del margine è riconducibile a una formula, più che a un prodotto; questa formula, oggi, è il combinato disposto di abbonamenti premium, podcast (con pubblicità) e audiolibri. Quegli audiolibri la cui presenza nel bundle è alla base del conflitto tra Spotify e gli editori. Ai quali, ovviamente, si sommano i recenti aumenti di prezzo – che, a quanto pare, non hanno rallentato la crescita degli abbonati. Tutto questo, sempre in tema di formule, odora un po’ di premium e di superfans e indica come le piattaforme di streaming stiano progressivamente segmentando il mercato. Le azioni, infine: i balzi e i crolli nel breve termine succedono e si assecondano, e contano poco. Ma il dato annuale pesa un po’ di più. Quel dato dice + 123% nel 2024.