L’intelligenza artificiale è tra i temi più discussi di questa ottava edizione della Milano Music Week. Ci sono ancora molte domande sul rapporto tra Ai generativa e il mondo dell’arte, ma le risposte hanno tempistiche che sembrano non stare di pari passo con l’evoluzione degli eventi; questo, di conseguenza, crea disagi e disequilibri tra essere umano e “macchina”. Quali sono le prospettive? Cosa deve aspettarsi il mondo dell’arte? A parlarne durante il panel “Nuovo Imaie – Musica e intelligenza artificiale” sono stati il Presidente di Nuovo Imaie Andrea Miccichè e il musicista Massimo Varini. Massimo Varini ha espresso la sua perplessità: “L’Ai generativa fa qualcosa di ben diverso da quello a cui siamo abituati, perché, a differenza di altri sistemi, ha imparato a fare qualcosa tramite il data mind, attraverso del materiale fornito da noi. Quello che preoccupa è il fatto che qualcuno senza nessuna autorizzazione ha istruito i sistemi di Ai generativa. L’altro giorno ho aperto Chatgpt e chiesto di creare un testo di una canzone ironico e simpatico, poi ho usato Suno con cui ho sostituito alcune parti e chiesto di creare una canzone pop nello stile dei Green Day. Il risultato? Un brano credibile. Quello che preoccupa me e chi fa il mio mestiere, specialmente i miei studenti, è come potranno trovare posto sul mercato, in cui le risorse economiche scarseggiano, con l’avvento dell’AI istruita tramite i nostri prompt”. Partendo dalla fotografia di Massimo Vernini, cosa può fare una realtà come Nuovo Imaie? Il Presidente Andrea Miccichè ha risposto: “Da giurista posso affermare che il mondo del diritto d’autore è impreparato ad affrontare questo tema, perché fa riferimento alla mente umana. L’AI vampirizza uno stile e prodotti intellettuali identificabili come opera: ciò che non è denunciabile è questa vampirizzazione dello stile, la richiesta ‘scrivi una musica tipo quella dei Beatles’. Questa totale impreparazione giuridica porta a una duplice reazione: quella estremista, che vieta totalmente questo genere di vampirizzazione, e questo potrebbe essere una mossa da lobbista del 1800; l’altra è quella che consente tutto, ma è troppo permissiva. Entrambe le soluzioni sono pericolose. Dovrebbero esserci dei nuovi istituti con nuove fattispecie per salvare l’arte”. Miccichè riporta l’esempio degli ologrammi degli Abba durante il live di Londra e riflette sul fatto che le persone si fossero scatenate di fronte a quelle che essenzialmente erano immagini: “Ho pensato di assistere alla fine del mondo perché ho visto la tecnologia ‘truffantina’, nel senso che c’è la capacità impareggiabile della macchina di essere come l’umano… è necessario soffermarsi anche su questo tema: l’artista che interpreta la musica non ha la forza contrattuale di non far manipolare le proprie esecuzioni e le clausole di riserva devono tener conto della debolezza contrattuale dove gli artisti sono disposti a cedere tutto pur di lavorare. Deve esserci una tutela forte che impedisca questi tipi di trasferimento e queste autorizzazioni debbano avvenire in presenza di una gestione collettiva e nella raccolta del diritto devono essere inserite norme che disincentivano l’uso dell’AI. Per esempio: nel cinema c’è un decreto del Tax Credit è scritto che qualora la produzione non abbia previsto il divieto di poter attingere all’AI delle propria opera non piò beneficiare della Tax Credit. La cosa più grave è il rischio della perdita dell’utente dell’ascolto della musica umana”. In collegamento anche l’On. Brando Benifei, Eurodeputato PD e relatore del Regolamento IA che ha descritto il lavoro che stanno svolgendo: “La gestione del rischio nel regolamento dell’AI è legato al caso d’uso e, per esempio in ambito medicale, prevede una serie di regole per gestire e ridurne i rischi, ma ci vorrà ancora del tempo, almeno un anno per far rispettare queste norme, per capire cosa è stato utilizzato per addestrare questo sistema e poter esaminare, analizzare esattamente il materiale. Non vogliamo impedire questi sistemi, ma avere un modello che dia una remunerazione corretta agli aventi diritto. Bisogna trovare un equilibrio a favore dei creativi. Molti musicisti usano l’AI per creare contenuti, quindi serve creare un equilibrio”. Miccichè ha continuato: “È interessante la posizione dei “modernisti” secondo cui la macchina tramite le informazioni che riceve crea nuovo materiale, ma la macchina riproduce che consuma l’utilizzo di un diritto. Da giurista direi che l’attività umana è diversa in quanto l’attività mentale non consuma un diritto. C’è un tema enorme: quando ci saranno i passaggi dei fonogrammi dell’AI, di chi saranno i diritti? In Francia hanno risolto consentendo il deposito di un’opera generata dall’AI. Questo è un problema politico perché potrebbero esservi due scuole di pensiero” I protagonisti di questo panel hanno concluso, invitando tutti noi, e in particolare le istituzioni e chi fa uso dell’AI, di considerare la tecnologia al servizio degli uomini e non come qualcosa che lo sostituisce. L’incontro è stato moderato da Cristiana Tomei, Giornalista.