Musica da studio dentistico, si dice a volte in tono spregiativo a proposito di certe canzoni o brani strumentali dalle atmosfere esageratamente soffici e edulcorate. Buona o cattiva che sia, sostengono ora i discografici, anche i dentisti devono pagare un compenso ai titolari dei copyright per far ascoltare in pubblico musica registrata (lo prevede la legge sul diritto d’autore, indipendentemente dall’esistenza di un fine di lucro). Ed ecco dunque partire, a Milano, la prima causa per mancato pagamento dei diritti che ha per bersaglio un professionista del ramo: azione dimostrativa ed esemplare che la SCF/Società Consortile Fonografici, l’ente che dal 2000 tutela i diritti economici dei discografici, ha messo in moto dopo che le trattative in corso da oltre un anno con l’ANDI – Associazione Nazionale Dentisti Italiani, il più rappresentativo sindacato nazionale di categoria, si sono improvvisamente arenate. <br> “Non escludiamo che questa azione possa preludere una campagna più estesa nei confronti dell’intera categoria e di altre ad essa analoghe”, spiega il presidente di SCF Gianluigi Chiodaroli, confermando implicitamente di puntare a una ripresa del negoziato. “Abbiamo stipulato accordi con associazioni di categoria quali Federdistribuzione, Federmoda, Federalberghi. La Chiesa stessa, realtà non profit per eccellenza, ha disciplinato la propria posizione stipulando una convenzione per l’utilizzo di musica registrata nell’ambito dell’esercizio delle proprie attività (vedi News). Perché allora i dentisti non dovrebbero pagare?”.