Come è noto, quest'anno la Grammy Week (ovvero la settimana di eventi, feste e incontri per addetti ai lavori che precede la cerimonia dei Grammy Awards) è stata accorciata a soli tre giorni per via degli enormi incendi che hanno devastato Los Angeles, sede della Recording Academy e centro nevralgico dell'industria discografica americana. Non solo: il CEO della Recording Academy, Harvey Mason Jr., aveva garantito che il clima sarebbe stato molto meno festoso, con un red carpet ridotto al minimo e tutta l'attenzione rivolta alla delicata situazione della California e dei suoi abitanti. Minimo, però, non è probabilmente la parola adatta: il red carpet c'è stato, anche se è vero che gli artisti hanno posato di fronte a un backdrop nero, che invitava a donare al fondo MusiCare Fire Relief appositamente istituito, e che hanno sfilato anche alcuni pompieri e soccorritori. Per quanto riguarda la cerimonia, poi, a parte gli appelli a donare in favore dei musicisti rimasti senza casa e strumentazione per lavorare, le differenze con gli anni precedenti sono state quasi impercettibili, quantomeno agli occhi di noi italiani che osserviamo lo show dalla periferia dell'impero. C'è anche da dire, però, che per la prima volta in un mese gli incendi nell'area sono completamente domati, e si può finalmente ricominciare a pensare al futuro con un po' di ottimismo e speranza: è probabile che questo abbia influenzato gli organizzatori, spingendoli a ripristinare almeno in parte i fasti che erano stati previsti inizialmente. Ma dal punto di vista dell'industria musicale e delle tendenze attuali, cosa ci raccontano i Grammy Awards 2025? Parecchio, perché come sempre sono un'ottima cartina di tornasole per capire da che parte sta andando la locomotiva trainante, ovvero il mercato americano. Il punto di vista da tenere a mente non è tanto quello di chi la musica la consuma, ma di chi la fa: i Grammy infatti sono un premio musicale conferito tra pari, in cui i vincitori sono decisi solo da chi i dischi li fa, letteralmente. All'interno della Recording Academy, infatti, hanno diritto di voto solo gli artisti, i produttori, i musicisti e gli ingegneri del suono (e tra gli addetti ai lavori vota solo chi è o è stato un A&R, perché sono le uniche figure che sono considerate direttamente coinvolte nel music making strettamente inteso). Innanzitutto, un dato clamoroso è che per la prima volta nella storia dei Grammy tra i vincitori c'è anche la tecnologia digitale. Il premio conferito ai Beatles per "Now and Then" in qualità di miglior performance rock, infatti, non può che essere letto in questo modo: se non fosse stato per il modello Machine Assisted Learning sviluppato dalla WingNut Films di Peter Jackson - software grazie al quale è stata isolata, estratta e “restaurata” la voce di John Lennon dalla demo originale su cassetta, il brano in questione non sarebbe mai neppure esistito. Insomma, sul fronte del copyright la chiusura (nello specifico, nei confronti dei modelli di AI generativa) sembra rimanere pressoché totale da parte degli artisti, ma dal punto di vista delle applicazioni tecniche, le nuove tecnologie non sembrano affatto osteggiate e demonizzate. E sempre a proposito dei Fab Four, è interessante notare come in ambito rock quest'anno siano le leggende del passato a stravincere: la categoria del miglior album rock se la sono aggiudicata i Rolling Stones con "Hackney Diamonds". Un plauso anche a Peter Gabriel, che con il suo "i/o" si porta a casa due statuette, per l'album di musica non classica con il migliore engineering e per il miglior audio immersivo. Un altro dato che fa riflettere è quello relativo alla presenza femminile. Senza che ci sia la possibilità di guidare la scelta con delle apposite quote rosa (come dicevamo, a decidere i vincitori è la semplice somma aritmetica dei più votati dagli artisti), già dalle nomination era evidente il grande equilibrio tra i due generi dei potenziali premiati, con le donne che sfioravano un reale 50% degli artisti in gara. Anche tra i premiati si riscontra la stessa parità, con addirittura un sorpasso a destra: su 94 categorie, 56 vedono le donne uniche protagoniste o co-premiate insieme a colleghi uomini. Portandosi a casa anche molti premi importantissimi, come album dell'anno (Beyoncé), migliore album rap (Doechii), miglior artista emergente (Chappell Roan), songwriter dell'anno (Amy Allen), miglior album pop (Sabrina Carpenter) e miglior album country (Beyoncé). Il segreto, forse, sta anche nelle recenti scelte della Recording Academy, che negli ultimi cinque anni ha implementato le sue politiche di inclusione, ammettendo sempre più donne a fare parte delle fila dei votanti: oggi sono il 27% in più rispetto al 2019. Una strategia che ci sentiamo di consigliare anche agli organizzatori dei più prestigiosi premi e concorsi italiani. Sempre dal punto di vista dell'industria, è impossibile non notare come il problema dei dissing, e di tutta la relativa sequela di cause legali e polemiche che ne stanno derivando, all'estero sia davvero poco sentito. Nonostante "Not Like Us" di Kendrick Lamar sia un brano al vetriolo (e al centro di una furiosa battaglia legale innescata da Drake, che ne è suo malgrado protagonista e che è arrivato a querelare Universal, la sua stessa casa discografica oltre che quella di Lamar, accusandola di averlo reso una vittima sacrificale e di aver supportato false accuse nei suoi confronti), nessuno lo ha considerato un fattore problematico, quando si è trattato di premiarlo. "Not Like Us", infatti, trionfa nelle due categorie fondamentali, registrazione dell'anno e canzone dell'anno, oltre che come miglior canzone rap, miglior performance rap e miglior video musicale. Evidentemente oltreoceano i codici linguistici e stilistici dell'hip hop sono ormai compresi e interiorizzati, e nessuno si formalizza più per certe cose. A parte Drake, evidentemente. Da registrare infine la storica vittoria di Beyoncé, che sul piano personale si porta a casa il suo primo premio per l'album dell'anno (nonostante sia l'artista in assoluto più premiata nella storia dei Grammy non ci era ancora riuscita) e sul piano sociologico strappa una storica vittoria, diventando la prima artista afroamericana a vincere un Grammy per il miglior album country, in entrambi i casi per "Cowboy Carter". Ai CMA, i seguitissimi premi del country americano, non era riuscita a strappare neppure una nomination.