Abbiamo ricevuto, e volentieri pubblichiamo, un contributo di Deloitte Legal tratto dalla newsletter IP & IT Weekly. Il Festival di Sanremo si è appena concluso, ma come ogni anno le discussioni che ne derivano continuano ad animare il dibattito. Con il nostro IP & IT Weekly Update abbiamo analizzato le principali questioni legali emerse durante l’evento: diritti di immagine, plagio, pubblicità occulta, ambush marketing e tutela del format del Festival e del marchio. Temi che dimostrano come Sanremo non sia solo musica e spettacolo, ma anche un terreno di confronto giuridico sempre più rilevante. Buona lettura! Ida Palombella Head of IP, IT & Data Protection Global Fashion&Luxury Co-Leader Pubblicità occulta a Sanremo: l’irregolarità sta negli occhi di chi guarda Non è la prima volta che un dettaglio di troppo a Sanremo diventa un caso. Quest’anno è toccato a Tony Effe, costretto a togliere una collana Tiffany prima dell’esibizione per evitare il rischio di pubblicità occulta. Una richiesta che ha irritato l’artista romano, considerando il suo stile vistoso. Lo stesso principio è stato applicato anche ad altri artisti: a Noemi sarebbero stati fatti rimuovere gioielli Bulgari, mentre a Iva Zanicchi un orologio. L’approccio rigido della Rai arriva dopo precedenti sanzioni. L’anno scorso, John Travolta si è esibito con sneaker U Power ben visibili, portando a una multa di 206.580 euro. Nel 2023, invece, il selfie di Amadeus e Chiara Ferragni per promuovere il profilo Instagram del conduttore è costato all’emittente un’altra multa da 175.000 euro, confermata dal Tar del Lazio. In quel caso, la pubblicità riguardava la piattaforma social, non un prodotto fisico. Ma quando si parla di pubblicità occulta? Le norme di riferimento sono il Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi (D.Lgs. 208/2021), il D.Lgs. 145/2007 e il Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005), che impongono la trasparenza, la chiara identificazione dei contenuti pubblicitari e vietano pratiche ingannevoli. I criteri chiave sono la “riconoscibilità del prodotto” e il potenziale vantaggio economico per il brand. La questione si complica maggiormente se l’artista ha un contratto pubblicitario con un marchio, come Tony Effe con Tiffany (testimoniato dagli #ADV sul suo profilo Instagram). Tuttavia, l’applicazione delle regole appare discrezionale: Damiano David si è infatti esibito con un collier Bulgari senza problemi. Questo perché il controllo è affidato a funzionari Rai non necessariamente esperti di moda e pubblicità, lasciando ampi margini di soggettività. Se la riconoscibilità è il criterio discriminante, chi valuta il livello di esposizione dovrebbe avere strumenti adeguati. È evidente che la gestione della pubblicità occulta a Sanremo necessita di parametri chiari e applicazioni uniformi. Si sta davvero regolamentando la pubblicità occulta o si vogliono solo evitare altre multe? Fonti: Adnkronos; LaStampa; Il Sole 24 ORE “Ti scatterò una foto” … Se prima mi dici di sì! L’immagine in scena a Sanremo Il Festival di Sanremo, da sempre al centro di dibattiti, quest’anno è stato scosso da un videomessaggio di Papa Francesco durante la serata inaugurale. La polemica è esplosa quando alcune voci hanno messo in dubbio che il Vaticano avesse autorizzato la trasmissione. Il direttore artistico Carlo Conti ha però chiarito di aver ricevuto il video direttamente dal Papa il 1° febbraio, dissipando i dubbi e scongiurando una violazione dei diritti di immagine del Pontefice. Ma quando è davvero legittimo utilizzare l’immagine di qualcuno senza il suo consenso? Un caso emblematico, dove diritti di immagine e musica si intrecciano, riguarda una donna ripresa in compagnia del suo amante, nel videoclip della canzone “Oj nenna né” di Gigi D’Alessio. La difesa di Sony Music, casa discografica produttrice del videoclip, ha sostenuto che, guardando la telecamera, la donna avesse implicitamente dato il consenso a essere filmata. Tuttavia, la Cassazione (Cass., ord. n. 36754/2021) ha respinto questa argomentazione, ritenendo che il semplice gesto di guardare la telecamera non fosse sufficiente per dare il via libera alla diffusione dell’immagine. Il consenso deve essere esplicito e inequivocabile e, in ogni caso, la diffusione dell’immagine non può ledere la dignità di una persona. La legge italiana (art. 10 del Codice Civile e artt. 96-97 della Legge sul Diritto d’Autore) tutela l’immagine individuale: anche una figura pubblica come il Papa non può essere ripresa senza consenso, salvo eccezioni per interesse pubblico, diritto di cronaca o satira, purché si rispettino onore e reputazione. Sanremo ha evitato lo scandalo, ma la lezione resta: quando si tratta di immagine e diritti, il consenso (esplicito e inequivocabile) è la regola. Fonti: Avvenire.it Plagio a Sanremo: note simili, guai legali. Un ritornello già sentito? Come ogni anno, a Sanremo non sono mancate le accuse di somiglianze sospette tra i brani in gara, con giornalisti e utenti del web pronti a segnalarle. Nel mirino troviamo “La Cura Per Me” di Giorgia, che richiama “La Sera dei Miracoli” di Lucio Dalla, “Fango in Paradiso” di Francesca Michielin, il cui ritornello riecheggia “The Winner Takes It All” degli ABBA, e soprattutto la trionfante “Balorda Nostalgia” di Olly, che suona molto simile a “Il Filo Rosso” di Alfa. Ma un’accusa di somiglianza non è sufficiente a parlare di plagio. In Italia, la legge non fornisce una definizione precisa, ma il plagio si configura quando un’opera riproduce, senza autorizzazione, un’altra in modo sostanziale. La valutazione si basa su elementi come melodia, armonia e ritmo, verificando l’originalità e la creatività della parte contestata. Per la giurisprudenza, un singolo accordo non è tutelabile, ma una combinazione armonica può esserlo se ha un carattere innovativo. Inoltre, per stabilire un plagio, si verifica se il frammento incriminato fosse già presente in altre composizioni: se troppo comune, non può essere protetto dal diritto d’autore. Insomma, la semplice “ispirazione” non basta. Nel tempo, più di 200 accuse di plagio hanno scosso il Festival, anche se raramente confermate dai giudici. Il primo caso risale alla quarta edizione del Festival, nel 1954, quando Carlo Innocenzi accusò Carlo Donida Labati di aver copiato la sua “Bocca desiderata” per comporre “Canzone da due soldi”. A sorpresa, un terzo compositore, Giuseppe Borello, intervenne sostenendo che entrambi avevano copiato la sua “Appassionatamente t’amo”. Il Tribunale escluse ogni plagio, stabilendo che si trattava di un “luogo comune musicale”. Ma il caso più clamoroso riguardò “Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno, canzone vincitrice dell’edizione del 1958. Antonio De Marco accusò il brano di essere un plagio della sua “Il castello dei sogni”, ma la Corte d’Appello di Milano stabilì che le somiglianze non riguardavano parti originali. Così, “Volare” spiccò il volo, restando uno dei brani più iconici della musica italiana. Fonte: Massime dal Passato; FanPage.it; Soundsblog.it Sanremo e gli “intrusi”: l’ambush marketing tra visibilità e rischio Sanremo non è solo un festival, è una calamita mediatica. Per un’intera settimana, il palco dell’Ariston oscura ogni altra notizia e i brand fanno di tutto per brillare nella sua luce. Gli sponsor ufficiali lo sanno bene: Fiat ha scelto il Festival per presentare la nuova Grande Panda, Costa Crociere si è assicurata un ottimo posto nei break pubblicitari, mentre Disney+ ha creato una campagna su misura con cinque spot diversi, trasformando la pubblicità in un piccolo storytelling parallelo. Ma c’è anche chi, senza essere sponsor, riesce a inserirsi nella conversazione. WeRoad, ad esempio, ha sfruttato i titoli delle canzoni in gara per le sue affissioni, senza mai nominare il Festival. E qui scatta la domanda: geniale o borderline? Quando un brand sfrutta la notorietà di un evento senza autorizzazione, potrebbe sconfinare nell’ambush marketing. Il D.L. 16/2020 vieta le attività pubblicitarie che creano un collegamento implicito tra un brand e un evento senza autorizzazione, impedendo alle aziende non sponsor di ottenere un vantaggio mediatico ed economico senza accordi con gli organizzatori. Le sanzioni? Fino a 2,5 milioni di euro. Che il confine sia labile lo dimostra il caso TIM del 2017: in qualità di sponsor ufficiale, acquistò l’hashtag #Sanremo2017 su Twitter, impedendo ai concorrenti di utilizzarlo. Ma se lo avesse fatto un competitor? Sarebbe stato un textbook case di ambush marketing. Un caso interessante è quello di Netflix nel 2024, che ha giocato con l’ironia e la consapevolezza del pubblico. Nello spot, le sue iconcine lasciano casa eleganti per andare a teatro, accompagnate dalla scritta “Lo sappiamo, questa settimana guarderete altro” e dalla canzone Ritornerai. Nessun riferimento esplicito a Sanremo, ma il messaggio è chiaro: il Festival monopolizza l’attenzione, persino su chi di solito domina lo streaming. E poi c’è Sky WiFi, che nel 2022 ha legato il proprio brand a “Fantasanremo”, il gioco virale che trasforma il Festival in un evento interattivo, facendo percepire il brand come parte integrante della manifestazione. Sanremo è un palcoscenico ambitissimo per chi cerca visibilità. Ma in questo panorama sempre più affollato, riusciamo ancora a distinguere tra chi paga per esserci e chi trova il modo di esserci comunque? Fonti: BrandNews; Engage; la Repubblica Sanremo tra palco e realtà: format vs marchio. Chi possiede davvero il Festival? Dal 2026, la RAI potrebbe perdere l’organizzazione del Festival di Sanremo. Il futuro della kermesse è ora nelle mani del Consiglio di Stato, dopo che il TAR Liguria, con la sentenza n. 843/2024, ha dichiarato illegittimo l’affidamento diretto alla RAI da parte del Comune di Sanremo. Il Comune di Sanremo, titolare del marchio “Festival della Canzone Italiana” (marchio italiano n. 362020000177835), ha concesso per anni in esclusiva alla RAI il diritto di organizzare l’evento, sostenendo la piena legittimità di questa prassi. Dal canto suo, la RAI, licenziataria del marchio e detentrice del format del Festival, ha sempre affermato che i due elementi siano inscindibili, rendendo impossibile l'affidamento a soggetti terzi. La sentenza ha chiarito la distinzione tra marchio e format: il primo è un segno distintivo di proprietà del Comune, mentre il secondo è un modello organizzativo elaborato dalla RAI, che comprende regolamento, modalità di votazione, conduzione e scenografia (la cui tutela avviene tramite il deposito presso la SIAE con rinnovo periodico). Sebbene legati, i due concetti restano giuridicamente separati e il possesso del marchio non giustifica automaticamente l’affidamento esclusivo alla RAI. Il TAR ha inoltre stabilito che il contratto di licenza tra il Comune e la RAI rientra nella categoria dei “contratti attivi”, soggetti ai principi di concorrenza, trasparenza e non discriminazione. Di conseguenza, il Comune di Sanremo dovrà valutare anche altre offerte e indire una gara pubblica per l’organizzazione dell’evento a partire dal 2026. La RAI ha prontamente presentato ricorso nei confronti della decisione, rivendicando il proprio ruolo storico, ma è evidente come questo caso potrebbe ridisegnare il futuro del Festival, potenzialmente permettendo a nuovi operatori di entrare in gioco. Fonti: TAR Liguria, Sez. I, Sentenza 5 dicembre 2024, n. 843; Il Post