Industria musicale, settore tecnologico e istituzioni si sono confrontati oggi, martedì 25 marzo, in occasione del convegno “Musica e intelligenza artificiale: opportunità, rischi e la sfida della regolamentazione”, organizzato da SIAE - Società Italiana degli Autori ed Editori e FIMI - Federazione Industria Musicale Italiana, e ospitato dal Ministero della Cultura. Il tema, estremamente d’attualità sia in Gran Bretagna sia negli Stati Uniti, è stato discusso prendendo le mosse dall’approvazione - da parte del Senato, lo scorso 20 marzo - del DDL relativo all’intelligenza artificiale, che, per certi versi anticipando l’AI Act europeo, mira a normare lo sviluppo tecnologico dei modelli sia riguardo la tutela del diritto d’autore sia in materia di professioni intellettuali. Il convegno, che ha visto intervenire il Sottosegretario di Stato alla Cultura con delega alla Musica Gianmarco Mazzi, il Presidente del Comitato per il Diritto d’Autore del Ministero della Cultura e Professore di Istituzioni di Diritto Privato all’Università di Salerno Salvatore Sica e la Professoressa di Diritto della Proprietà Intellettuale all’Università di Stoccolma Eleonora Rosati, si è concluso con una tavola rotonda - moderata dalla giornalista del Sole 24 Ore Marta Cagnola - alla quale hanno preso parte il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’Informazione e all’Editoria Alberto Barachini (nella foto, il secondo da destra), il Direttore agli Affari Governativi e alle Politiche Pubbliche di Google Italia Diego Ciulli (a sinistra), il CEO di FIMI Enzo Mazza (a destra) e il Presidente di SIAE Salvatore Nastasi (il secondo da sinistra). In relazione alla recente approvazione del DDL, Nastasi ha espresso una certa soddisfazione, osservando come alcune modifiche al testo vadano nella direzione - ovvero quella dell’”opera di ingegno indissolubilmente legata alla creatività umana” - già indicata dalla Società Italiana degli Autori ed Editori. “Il nostro pensiero e quello degli autori che rappresentiamo non sono rimasti lettera morta”, ha spiegato il Presidente di SIAE, secondo il quale - tuttavia - serve “un ulteriore sforzo” da parte dei legislatori in occasione del passaggio alla Camera: “Manca il cosiddetto opt-out, per esempio. Sarà nostro compito segnalare al Governo dove intervenire”. “La SIAE e gli autori non sono contro l’intelligenza artificiale”, precisa Nastasi, prima di presentare i dati del sondaggio condotto alla fine dello scorso anno sul rapporto tra autori e AI: “Solo due autori su dieci vedono con favore l'intelligenza artificiale. E’ un dato negativo, perché vuol dire che i nostri autori hanno paura di questa tecnologia. Dobbiamo cercare, attraverso il DDL e con delle regole chiare, di rovesciare questo rapporto. Il nostro Governo ha fatto un grande sforzo in parallelo all’AI Act europeo, ma serve ancora fare qualche passo in più, e noi - sotto questo punto di vista - vi supporteremo, facendo da pungolo”. D’accordo nel definire “fondamentale” la regolamentazione del settore è Mazza. “Mettere in contrapposizione tutela dei diritti e innovazione è sbagliato”, osserva il numero uno di FIMI: “A fine anni ‘90 si pensava che la tecnologia - il download, nello specifico - avrebbe spazzato via l’industria musicale. Al contrario, l’ha rilanciata. La stessa cosa è successa ai tempi della grande battaglia sul value gap: da quando è stata introdotta la direttiva a oggi, il guadagni da video streaming sono cresciuti del 54%”. “Quindi - ha proseguito Mazza - non è vero che la regolamentazione blocca o rallenta lo sviluppo di un segmento. Anzi, è un elemento fondamentale. L’importante è che ci siano dei modelli di business che consentano ai titolari dei diritti di ottenere un’equa remunerazione e alle piattaforme di sviluppare le proprie potenzialità, per esempio per mezzo di licenze specifiche. Ci troviamo davanti a un’opportunità enorme per il settore tecnologico, che però deve garantire che l’intera filiera possa beneficiare dei diritti collegati all’effettivo utilizzo delle innovazioni”. Google, come realtà “a metà strada tra una tech company pura e un partner dell’industria musicale”, per bocca di Ciulli assume una posizione dialogante, auspicando che “la sinergia virtuosa” e il “dialogo” tra parti in causa e regolatori che hanno portato alla definizione dell’attuale mercato dello streaming caratterizzino anche il processo normativo legato all’intelligenza artificiale. Ricordando come il confronto tra creatività e sviluppo, dalle parti di Mountain View, abbia radici per così dire antiche, e come certe innovazioni a tutela della proprietà intellettuale come ContentID siano “figlie” proprio dell’intelligenza artificiale, per Ciulli “l'AI non potrà e non dovrà sostituirsi all'industria musicale. Anzi, il dialogo tra musica e AI lo dovremo costruire insieme”. Riguardo il processo di regolamentazione, per il Direttore agli Affari Governativi e alle Politiche Pubbliche della multinazionale americana il passo essenziale da compiere oggi è “su due principi da tradurre in norme”. Il primo prevede che “gli autori abbiano il controllo su ciò che viene fatto con le proprie opere”: per questa ragione, spiega, “il meccanismo dell’opt-in, per ragioni di scala, non funziona”. Per regolamentare i processi di training sarebbe preferibile, quindi, “prevedere uno standard tecnologico in grado di permettere automaticamente ai crawler di capire cosa possa essere utilizzato e cosa no”. Quindi, ha concluso Ciulli, “concentrarci sui dati di output, piuttosto che su quelli di input, ci aiuta, perché il dato di output è facilmente identificabile e meglio proteggibile ai sensi di legge”. E’ intervenuto, a sorpresa, anche Gigi D’Alessio, che già aveva rappresentato l’industria musicale italiana in occasione di una recente audizione al Parlamento Europeo. “Le macchine non hanno mai espresso emozioni”, ha spiegato l’artista partenopeo: “L'intelligenza artificiale non è altro che un recipiente dove si mischiano dei contenuti esistenti per tirarne fuori una canzone. La macchina non ha occhi, la macchina non ha sangue nelle vene, non sa che cos'è il battito del cuore quando si scrive una canzone. Da musicista dico che siamo noi a dover usare le macchine, e non il contrario. Se non ci riusciremo, la creatività umana verrà meno, e avremo tutti i prodotti uguali. Le case discografiche potranno permettersi di non investire più sugli artisti, producendo dischi con l'intelligenza artificiale. A chi fa il mio lavoro rimarrà solo il live, ma perderà tutta la creatività”. “L’industria musicale può imparare molto dalle rivoluzioni che ha vissuto in passato”, dichiara il Sottosegretario Barachini nel suo intervento finale: “Quando si credeva che scaricare musica illegalmente da Napster non fosse un reato, ma un atto di libertà, non ci si rendeva conto che, in realtà, si stava impoverendo il futuro. La lezione da imparare, quindi, è capire quando fermarsi in tempo. Non voglio demonizzare l'utilizzo dell'intelligenza artificiale, ma dobbiamo capire che esiste un momento nel quale bisogna fermare l'innovazione, o comunque bloccarla, pena il rischio di perdere l’opportunità di intervenire ex post. Perché l'innovazione e la tecnologia a volte inseriscono dei virus nel sistema. E mettere a sistema un antivirus per porvi rimedio è complesso, soprattutto quando è molto tardi”. Nastasi e Ciulli si sono confrontati sulla fattibilità degli interventi in fase di opt-in: mentre per il Presidente di SIAE dal punto di vista normativo, e grazie all’aiuto della tecnologia, sarebbe più efficace nel tutelare gli aventi diritto, per portavoce di Google meglio sarebbe lavorare “su meccanismi di opt-out a livello internazionale” per “facilitare la nascita di nuovi operatori” e non favorire solamente le realtà “già consolidate” sul panorama dell’AI generativa. Considerando quello perpetrato da certi modelli generativi ai danni degli aventi diritto “il più grande furto della storia”, Mazza preferisce che i provvedimenti riguardino la fase di input, e non - come sostenuto da Ciulli - di output. “Ci sono piattaforme che grazie al rastrellamento sistematico e illegale di tutto lo scibile musicale oggi hanno market cap superiori a quello delle più grandi aziende discografiche presenti sul mercato, cioè dei produttori di contenuti: il paradosso è che, seguendo questo meccanismo, avremo piattaforme che valgono di più delle case discografiche e che hanno costruito il proprio contenuto rubandolo alle case discografiche”, conclude Mazza: “L’italia è un Paese che può contare su un'enorme quantità di contenuti creativi. L’errore che si sta compiendo anche a Bruxelles (con la discussione sul Codice di Condotta dell’AI Act, ndr) è quello di pensare di lasciare briglia sciolta alla tecnologia, contando su eventuali auto-aggiustamenti futuri: non funzionerà, perché sposterà il potere a favore delle società tecnologiche a discapito di quelle dell’industria creativa. L’Europa, in questo senso, deve essere molto chiara, come in passato lo è stata su DSM e GDPR, imponendo regole. Così come successo ai tempi del value gap, solo così si permetterà al mercato di crescere”.