Il solido rilancio del mercato discografico innescato dalla diffusione dello streaming ha avuto, come inevitabile rovescio della medaglia, l’aumento esponenziale della competizione tra etichette per sopravvivere e affermarsi sul panorama della musica registrata: le politiche delle major, che in virtù della propria potenza di fuoco finanziaria stanno attuando strategie di acquisizione espansive, soprattutto nei confronti di società di servizi e distribuzione, costringe le indipendenti a sfruttare i propri punti di forza, ovvero l’agilità nell’adattarsi ai nuovi scenari e la rapidità nell’intercettare nuovi segmenti di pubblico al quale rivolgersi. A spiegarlo è Mauro Farina, Vicepresidente responsabile per il Settore Sviluppo e Nuovi Modelli di Business di PMI - Produttori Musicali Indipendenti e co-fondatore di The Saifam Group, etichetta e società di edizioni veronese che da oltre quarant’anni rappresenta una delle realtà indipendenti più solide sul panorama italiano. Sulla base della propria esperienza personale, Farina spiega come per una indie sia fondamentale non solo anticipare le tendenze musicali, ma anche rivolgersi a nicchie potenzialmente molto redditizie neglette - per ragioni numeriche - dai grandi operatori, rivitalizzare risorse dormienti (anche con partnership major) e collaborare con altre label. Togliendosi dalla testa una volta per tutte che scalare le classifiche sia l’unico modo per sopravvivere sul mercato. “Perché sarebbe bello fondare un’etichetta pensando di sfornare solo hit. Ma…” Dai Club Dogo al fitness: l’importanza delle nicchie “Riguardo la produzione fonografica, ci siamo accorti che - sebbene l'avvento del downloading prima e dello streaming poi abbiano comunque portato le persone ad avvicinarsi maggiormente alla musica rispetto al passato - la frammentazione degli incassi generata da queste due svolte è stata quasi devastante, specialmente per certe aziende indipendenti”, racconta Farina: “Come Saifam, quindi, ci siamo concentrati sulle nicchie. Nei primi anni Duemila abbiamo esplorato il mondo urban, pubblicando i primi album di - tra gli altri - Fabri Fibra e Club Dogo, che adesso sono considerati big anche a livello mainstream. Poi abbiamo pensato che la tecnologia potesse favorire lo sfruttamento dei nostri contenuti musicali appunto in aree alternative, come - per esempio - il fitness. Nel nostro processo di diversificazione alla ricerca di nuovi modelli di business, è stata una svolta: tra il 2006 e il 2007 ci è venuta l’idea di un app che consentisse a tutti gli istruttori al mondo di avere un contenitore di musiche fatte ad hoc per tutte le discipline possibili. Idea che poi è stata sviluppata negli anni successivi, diventando anche un tool di editing in grado di mixare i brani adattandone i bpm a seconda delle playlist. L’idea ha fatto breccia a livello internazionale, diventando oggetto di una grande operazione commerciale che ha coinvolto anche Serena Williams e Jane Fonda come testimonial. A oggi, investiamo dai 500mila euro a un milione di euro all'anno per produrre contenuti specifici, e contiamo più di 360mila istruttori in tutto il mondo che sono abbonati a questo nostro ‘piccolo Netflix’ dedicato alle palestre, creato per diversificare il fatturato cercando di comprendere quali fossero le aree dove poter sviluppare contenuti musicali senza la necessità di scalare fino al primo posto in classifica”. La collaborazione tra indipendenti e major “Quattro anni fa, con Sony Music Italy, abbiamo aperto una divisione di Saifam chiamata Music Now!, con il proposito di ristampare su licenza titoli di catalogo attuando un’operazione trasversale di riscoperta di determinati artisti su scale numeriche contenute”, prosegue Farina: “Penso, per esempio, all’opera di rivalutazione sulle colonne sonore del catalogo di Sony Music Publishing avviata con la collaborazione di Roberto Razzini. E’ un discorso non solo commerciale, ma anche artistico, che coinvolge - ove possibile - gli artisti stessi e le rispettive fan base. Penso anche all’operazione con Warner Music, annunciata a fine gennaio: anche in questo caso, i nostri partner hanno recepito e sposato la volontà di monetizzare prodotti ‘dormienti’ molto meritevoli di essere riscoperti. L’importanza della tecnologia: l’utilizzo etico dell’intelligenza artificiale “Lo sviluppo tecnologico mi interessa molto, e lo seguo da vicino”, assicura Farina: “Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, soprattutto nel caso dei modelli generativi, fondamentale è avere un approccio etico e creativo, e non speculativo, nell’applicazione. Per esempio, abbiamo iniziato un processo di “restauro” delle tracce vocali del nostro catalogo italo-dance anni ‘80, correggendo tanto la qualità delle tracce audio quando la pronuncia inglese degli interpreti protagonisti delle registrazioni d’epoca. E’ un processo molto importante, forse anche più della rimasterizzazione: l’italo-dance è ancora molto popolare a livello internazionale, e una pronuncia inglese credibile può contribuire al rilancio dei prodotti su scala globale”. Cosa significa essere indie “Il grosso vantaggio di un’etichetta indipendente è proprio l’approccio al lavoro discografico: la forza motrice resta la passione, la voglia di fare qualcosa di nuovo, di bello”, conclude Farina: “E di collaborare: nel nostro caso, penso al supporto fornito - in termini sia economici che di infrastrutture - a Vibra Records. Noi siamo sempre disponibili a collaborare con le piccole label: ci è capitato di siglare accordi con le major proprio per gestire la transizione dei nostri partner indipendenti nella loro fase imprenditoriale post-Saifam, riuscendo a mantenere comunque un cordone ombelicale che permetta eventuali, future collaborazioni. L’importante è trovare persone serie e motivate con le quali lavorare. Anche perché noi sentiamo la responsabilità sociale di dare lavoro a tante persone. Lo staff, per me, è la cosa più importante. Mi sento legato a vita allo staff di Saifam. Penso, per esempio, ai produttori: ne abbiamo più di dieci in altrettanti studi che lavorano in esclusiva per noi, come collaboratori monomandatari, non dipendenti. Alcuni di loro, quando hanno iniziato a collaborare con noi, avevano solo un computer portatile. Oggi, coi soldi generati dalla musica per fitness, si sono pagati uno studio e hanno ampliato le proprie attività professionali. E’ un genere di ecosistema dove ognuno ha bisogno dell’altro. E dove noi, per mantenere la nostra struttura attuale, abbiamo bisogno di un fatturato annuo tra gli 8 e i 9 milioni di euro. Quindi dobbiamo essere molto precisi in quello che facciamo: noi preferiamo le nicchie perché sono un settore facilmente individuabile e - soprattutto - molto fidelizzato. Altrimenti dovremmo cercare di campare solo con le hit e i numeri uno: certo, a tutti piacerebbe farlo, ma come si fa a mettere in piedi un’etichetta, creare e mantenere posti di lavoro basandosi solo sulle hit?”.