Warner Music Group ha pubblicato i risultati del secondo trimestre fiscale 2025 (chiuso il 31 marzo) e la stampa finanziaria si è concentrata soprattutto su un dato: l’utile netto è calato del 63% su base annua, da 96 a 36 milioni di dollari. In parallelo, i ricavi sono rimasti praticamente fermi: 1,484 miliardi di dollari, in leggero calo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Con ricavi stagnanti e utile netto in calo, a prima vista il secondo trimestre 2025 di WMG può apparire opaco. Tanto più se si considera che per una major la quota di mercato è un parametro chiave, a maggior ragione quando è quotata ed è "schiava" della trimestrale. Ma, si legge tra le ultime righe del bilancio (qui il comunicato ufficiale di WMG), OIBDA e reddito operativo crescono. Cosa vuol dire? Perché potrebbe essere un buon segnale? I numeri Partiamo dalla fotografia generale. I ricavi totali sono stabili, con una leggera crescita nel publishing (+1%) e un lieve calo nella musica registrata (–1%). I ricavi digitali, che rappresentano oltre il 69% del totale, sono rimasti invariati rispetto all’anno precedente. Intanto il reddito operativo (Operating Income) è aumentato del 41% anno su anno, salendo a 168 milioni, e l’OIBDA (utile operativo prima di ammortamenti e svalutazioni) ha toccato quota 303 milioni, in lieve flessione, ma solido. Infine, la major ha prodotto più cash rispetto al periodo precedente. A fronte di una stabilità dei ricavi, la marginalità operativa è migliorata. L’OIBDA è una metrica che esclude i costi “non cash” — come ammortamenti e svalutazioni — e misura l’efficienza del motore aziendale, ossia l’andamento della gestione ordinaria. Il fatto che OIBDA e Operating Income crescano (o restino stabili) mentre l’utile netto cala significa che Warner ha operato tagli o ristrutturazioni che pesano oggi sul conto economico, ma non intaccano la performance industriale di fondo. Warner Music, dopo tutto, è una music company “asset-heavy” sul fronte intellettuale, cioè basa gran parte del suo valore su diritti di registrazioni sonore (musica registrata), diritti editoriali (publishing) e avviamento (goodwill) più altri intangibili acquisiti (marchi, contratti artisti, cataloghi). Tutti questi generano ammortamenti o svalutazioni contabili. Ammortamenti e svalutazioni: un necessario deep dive contabile Warner Music Group, come le altre major, investe regolarmente nell’acquisizione di cataloghi di artisti (es. master rights, publishing), contratti discografici (advance fees agli artisti), diritti di licenza territoriali o multi-territoriali, etichette indipendenti, società di servizi o publisher. Ogni volta che paga una somma per acquisire un bene intangibile, questo va iscritto in bilancio tra le “attività immateriali a vita definita” e viene poi ammortizzato in base alla durata contrattuale prevista (es. 10 anni). Quindi se WMG ha effettuato più acquisizioni di cataloghi o diritti rispetto all’anno fiscale precedente, il bilancio denoterà un aumento degli ammortamenti relativi. La major va poi incontro ad ammortamenti di capitalizzazioni (spese A&R capitalizzate). Si capitalizzano spese legate ad anticipi agli artisti (advance payments), a costi di registrazione e produzione e a sviluppo di progetti editoriali. Questi sono iscritti come asset e ammortizzati su base lineare o secondo un modello “per unità di produzione” (es. in base ai ricavi che il progetto genera). Significa che se una label anticipa più denaro agli artisti nel 2024, nel 2025 l’ammortamento A&R sarà maggiore, anche se i ricavi non aumentano ancora. C’è poi l’ammortamento di asset tecnologici e infrastrutturali: si investe in sistemi digitali di licenza, analisi e distribuzione, strumenti proprietari per sync, dati e royalty tracking, data center, sedi, impianti (meno rilevanti ma presenti). Si tratta di immobilizzazioni materiali e immateriali, e vengono ammortizzate secondo i principi contabili (es. 3–5 anni per software, 10–15 anni per immobili o impianti). Se ci sono stati upgrade tecnologici o consolidamenti, anche qui gli ammortamenti salgono. Infine, le svalutazioni straordinarie. Poniamo che l’etichetta valuti che un asset immateriale (es. un catalogo acquisito anni prima) non genera più i flussi di cassa attesi — ad esempio perché l’artista è scomparso dalle classifiche o è scaduto un contratto importante: in quel caso può registrare un “impairment”, che è diverso dagli ammortamenti ricorrenti, ma è una voce una tantum che abbatte direttamente l’utile operativo. Esempi? La svalutazione di un marchio, etichetta o segmento geografico o quella di un avviamento di operazioni di M&A precedenti. Gli “impairment” possono spiegare perché il reddito operativo cali anche se l’OIBDA migliora (dato che l’OIBDA arriva “prima” delle svalutazioni). Nel caso specifico di WMG (Q2 2025) si osserva: OIBDA: $303M (↓3%) Reddito operativo: $168M (↑41%) rispetto all’anno precedente In sintesi, ciò che può fare aumentare gli ammortamenti in una label è un combinato disposto di: Maggiore acquisizione di cataloghi e diritti artistici Più anticipo artistico e A&R capitalizzato Investimenti tecnologici e software interni Svalutazioni contabili (impairment) su asset editoriali o goodwill In pratica l’azienda ha migliorato la sua performance operativa “core” (ricavi meno costi ricorrenti), cioè è più efficiente o ha generato più margine lordo (OIBDA), ma ha registrato più ammortamenti o svalutazioni (che incidono sul reddito operativo): quando l’OIBDA sale ma l’Operating Income scende, l’azienda sta operando meglio nella gestione corrente, ma sta registrando più costi “contabili” (ammortamenti o svalutazioni), che potrebbero derivare da investimenti passati o da rettifiche sul valore degli asset. Conclusioni Nel primo trimestre 2025 Warner ha registrato svalutazioni per 27 milioni di dollari legate a costi di licenziamento per un piano di ristrutturazione strategica, a dismissione di uffici e a svalutazioni di asset audiovisivi. Oneri straordinari che hanno pesato sull’utile netto ma non hanno intaccato l’OIBDA. La logica di operazioni del genere è concentrarsi in un’azione mirata, tagliare le inefficienze e liberare risorse da reinvestire. Un segnale, insomma, che il gruppo sta cercando maggiore agilità. In parallelo, Warner – come tutte le major - ha effettuato varie acquisizioni rilevanti negli ultimi mesi (ad esempio una partecipazione di controllo in Tempo Music, piattaforma di investimento con diritti su artisti come Bruno Mars, Twenty One Pilots, Adele e Wiz Khalifa; o il catalogo completo di DWA Records e Extravaganza in Italia, con hit internazionali come "The Rhythm of the Night" di Corona). Queste operazioni non aumentano i ricavi immediatamente, ma accrescono il valore degli asset e la capacità futura di generare flussi. Naturalmente, generano anche ammortamenti: i costi d’acquisto dei diritti vengono spalmati nel tempo. Questo determina un calo di utile a bilancio, ma rappresenta un investimento strategico di medio-lungo periodo. Cosa suggeriscono questi numeri? Che WMG sta riposizionando la macchina: snellisce, investe, ottimizza. La crescita dell’Operating Income indica che le attività core — marketing, distribuzione, vendite digitali — sono in miglioramento, anche a parità di fatturato. L’OIBDA elevato indica che il business è redditizio prima delle spese contabili, e il calo dell’utile netto può essere letto più come effetto transitorio che come segnale di debolezza. Nei prossimi trimestri cominceranno a manifestarsi i risparmi generati dai tagli (licenziamenti e uffici), i ricavi aggiuntivi generati dalle acquisizioni (in particolare nel sync e nelle royalties). Insomma, in un’industria dove spesso si guardano solo i ricavi e le hit in classifica, i conti sono in grado non solo di fotografare un’istantanea del momento (tutt’altro che trascurabile: è così che funziona), ma anche di raccontare una strategia. Il lungo termine dirà se quella di Robert Kyncl farà la differenza.