In un piccolo garage di Menlo Park, nella sempre più affollata Silicon Valley, è nato un nuovo motore di ricerca. Si chiama Google, è gestito da due giovani dottorandi di Stanford e si propone una missione ambiziosa: organizzare l’enorme quantità di informazioni presenti su Internet in modo veloce, preciso e sorprendentemente “intelligente”. Larry Page e Sergey Brin, entrambi venticinquenni, sono i fondatori di Google Inc., una startup formalmente costituita il 4 settembre scorso con un investimento iniziale di 100.000 dollari. Tra i primi finanziatori figura Andy Bechtolsheim, uno dei cofondatori di Sun Microsystems, che avrebbe firmato l’assegno dopo appena dieci minuti di presentazione. Il quartier generale dell’azienda, per ora, è un garage riconvertito, in perfetto stile dot-com. Ma cos’è, esattamente, Google? Tecnicamente, è un motore di ricerca, come AltaVista, Yahoo! o Lycos. Ma, a detta dei suoi creatori, è molto di più. Il suo algoritmo proprietario, chiamato PageRank, classifica i risultati delle ricerche non soltanto in base alla corrispondenza di parole chiave, ma anche in base al numero e alla qualità dei link che una pagina riceve da altre. In pratica, è il web stesso a votare ciò che conta di più. “L’idea – spiega Page – è che i link siano come citazioni accademiche. Più una pagina è linkata da altre autorevoli, più probabilmente sarà utile”. Il sistema, testato per mesi sui server di Stanford, ha già attirato l’attenzione di esperti e addetti ai lavori per la sua sorprendente precisione e velocità. Gli utenti possono provarlo all’indirizzo www.google.com. Il nome stesso, “Google”, è una storpiatura del termine matematico “googol”, che indica un numero enorme (1 seguito da 100 zeri): un riferimento ironico all’immensità del web che i due ragazzi stanno cercando di domare. Per ora Google non ha pubblicità, è essenziale, scarno, focalizzato sulla funzionalità. “Vogliamo che gli utenti trovino ciò che cercano in meno di mezzo secondo”, dichiara Brin. Una dichiarazione ambiziosa, ma non campata in aria. A margine, alcuni osservatori iniziano a ipotizzare che strumenti come Google possano cambiare anche il modo in cui cerchiamo musica online. Con la proliferazione dei siti dedicati a MP3, testi e recensioni, un motore capace di “capire” i contenuti più rilevanti potrebbe diventare il punto di partenza per scoprire nuovi artisti, seguire le uscite discografiche o persino trovare brani introvabili. “Stiamo lavorando per indicizzare tutto il web, inclusi i contenuti musicali”, assicurano i fondatori. E se oggi trovare un disco richiede una lunga caccia tra cataloghi e server FTP, domani potrebbe bastare una singola parola chiave.