Senza cd, senza negozi, senza autorizzazioni. La nuova frontiera della musica si chiama Napster, è un programma gratuito sviluppato da uno studente diciottenne del Massachusetts, e sta facendo parlare di sé come poche altre novità nel mondo digitale. Shawn Fanning, questo il nome del giovane ideatore, ha creato un software che consente a chiunque di condividere e scaricare file musicali in formato MP3 con altri utenti collegati a Internet. Il tutto in tempo reale, senza server centrali e senza costi. Bastano una connessione e qualche clic per ottenere (illegalmente o no, dipende da chi lo chiede) l’intero repertorio di Nirvana, Madonna o degli Smashing Pumpkins. Napster funziona come una rete peer-to-peer: ogni computer connesso diventa a sua volta sorgente di musica per gli altri. La differenza rispetto ai classici siti FTP o ai forum clandestini? La semplicità. L’interfaccia è minimale, l’efficienza sorprendente. In poche settimane, il software si è diffuso come un virus nei campus universitari americani, ed è già sbarcato in Europa. Al momento, Napster è usato da centinaia di migliaia di utenti. In molti prevedono che il numero raggiungerà il milione entro fine estate. L’aspetto più dirompente della questione non è tecnico, ma culturale e legale. Per la prima volta nella storia, la musica registrata può circolare liberamente su scala globale, senza il controllo delle etichette discografiche, dei distributori o delle radio. È la democratizzazione totale del contenuto. Ma questo contenuto, proveniente dalle collezioni di CD di qualsiasi utente del mondo, è anche protetto da copyright, quindi lo scambio di file musicale primo di autorizzazione rientra nella pirateria. Non sorprende, quindi, che le major americane abbiano già acceso le sirene d’allarme. L’associazione dei discografici (RIAA) sta valutando un’azione legale. Si teme una perdita di ricavi devastante, soprattutto tra i teenager che ormai preferiscono scaricare piuttosto che comprare. Ma non tutti sono contrari. Alcuni artisti indipendenti vedono in Napster una possibilità concreta di farsi conoscere senza dover passare dalle forche caudine delle case discografiche. “È il nuovo passaparola”, ha dichiarato il produttore newyorkese Steve Albini. “Non puoi fermare un’idea il cui tempo è arrivato”. Napster è ancora agli inizi, ma potrebbe rappresentare lo spartiacque tra due epoche: quella in cui la musica era un bene confezionato e distribuito, e quella in cui è solo una sequenza di bit, condivisa da milioni di persone senza più confini né supporti fisici.Per l’industria, una minaccia. Per molti ascoltatori, una liberazione. Per tutti, un segnale che il mondo della musica, così come lo conosciamo, sta per cambiare.