Se proprio si dovesse scegliere una data da scrivere sul certificato di nascita del settore della musica registrata così come lo conosciamo oggi, il 3 aprile del 2018 potrebbe non essere una scelta del tutto sbagliata. Alle 9,30 ora locale, al New York Stock Exchange, debutta sui mercati finanziari il titolo di Spotify. Non è solo un traguardo per la creatura di Daniel Ek e Martin Lorentzon (che, in ogni modo, vedono il valore della azioni della società decollare quasi verticalmente), ma una svolta per l’intero ecosistema musicale. La benedizione del DSP svedese da parte dei mercati non è stato solo il riconoscimento della lungimiranza di due imprenditori, ma un cambio radicale di prospettiva da parte dell’establishment finanziario: la discografia, dopo più di dieci anni, aveva smesso di essere la parente povera dalla quale tenersi alla larga per evitare guai. Si respirava, insomma, una nuova aria: nel 2015 Apple aveva lanciato un suo servizio di streaming, Apple Music, e IFPI - la rappresentanza internazionale delle aziende operanti nel comparto della musica registrata - aveva registrato per prima crescita del mercato dal 1999, anno di inizio della grande crisi. Pochi mesi dopo la quotazione di Spotify, altri due giganti tecnologici americani, YouTube e Amazon, decidevano di lanciare i propri servizi streaming. Nel giro di tre anni, il mercato della musica digitale - con i quattro big player Spotify, Apple Music, Amazon Music e YouTube Music - ha assunto i connotati che ha ancora oggi. Il legame tra musica e tecnologia, ovviamente, non era la novità: la novità era che questo legame, grazie allo streaming e non (più) all’Mp3, stesse funzionando. E c’era un’altra novità, per il momento ancora incombente, che si stava manifestando da Oriente. Nel novembre del 2017 Bytedance, big tech cinese con quartier generale a Pechino, aveva acquisito musical.ly, app di video brevi sviluppata in prima battuta per scopi educativi dai titolari di una startup con sede a Shanghai, Aleix Zhu e Luyu Yang, per fonderla con la sua piattaforma social, Douyin, ribattezzata qualche mese prima, in vista del lancio sui mercati internazionali, TikTok. Era l’inizio di una folgorante fase due del rapporto tra musica registrata e tecnologia nell’era dell’accessibilità, il rapidissimo sorgere di una nuova realtà dal potenziale dirompente che - di lì a pochi anni - sarebbe entrata di diritto non solo nella storia della società e del costume del mondo intero. Leggi anche: 2015-2019: la consacrazione dello streaming