Negli Stati Uniti molte cause intentate per violazione del copyright contro le aziende di intelligenza artificiale generativa ruotano attorno a una questione fondamentale, ossia se l’utilizzo di contenuti protetti da copyright utilizzati senza autorizzazione dei titolari per addestrare l’AI rientrino in un’eccezione della norma americana del “fair use”. Le aziende tecnologiche sostengono di sì, gli aventi diritto sostengono di no. Ora, in quello che sembra essere un primo caso nel sistema legale statunitense, un giudice federale della California si è espresso sulla questione – e la sua decisione rappresenta un’arma a doppio taglio sia per i detentori dei diritti che per le aziende di IA. In una causa intentata da alcuni autori di libri (Andrea Bartz, Charles Graeber e Kirk Wallace Johnson) contro Anthropic per l'utilizzo non autorizzato in fase di addestramento del chatbot Claude, la startup di Gen AI (a sua volta citata in giudizio anche da editori musicali) si è aggiudicata il primo round. Il giudice William Alsup della Corte Distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto Settentrionale della California, infatti, ha decretato che l’uso da parte di Anthropic di libri protetti da copyright per addestrare l’intelligenza artificiale, senza esplicita autorizzazione degli aventi diritto, rientra nel concetto di “fair use”, poiché questo particolare utilizzo dei libri sarebbe “spettacolarmente trasformativo" – vale a dire che i contenuti risultanti creati da Claude non ricordavano particolarmente il materiale originale. Questo è un punto dirimente perchè, se da un lato la sentenza sembra fissare un pericoloso precedente a sfavore dei titolari di copyright in generale, dall’altro la sua motivazione - il fair use - male si adatterebbe ai casi che vedono gli editori musicali Universal Music Group, Concord e ABKCO in causa contro Anthropic. Gli “output” di Claude per la musica, affermano i querelanti, vedono il chatbot generare copie identiche o quasi dei testi originali, in palese violazione dei diritti d’autore degli editori - e, con il giusto prompt, sostengono che Claude possa anche produrre testi di “nuovi originali”, canzoni che plagiano chiaramente brani protetti da copyright esistenti. È un caso simile a quello delle cause che vedono Universal Music Group, Sony Music Entertainment e Warner Music Group opposte alle piattaforme di creazione musicale Suno e Udio, in cui le tre major accusano i motori di intelligenza artificiale di generare canzoni ( “output”) che equivalgono a “soundalike”, ovvero assomigliano a registrazioni protette da copyright già esistenti. Nel frattempo Anthropic potrebbe però non uscire completamente indenne dalla sua battaglia legale contro gli autori dei libri, perchè la sua pratica di copiare e archiviare libri provenienti da biblioteche online pirata non costituisce, invece, fair use: per questa ragione l’azienda dovrà affrontare un processo a dicembre in cui rischia un risarcimento fino a 150.000 dollari per ogni violazione. Insomma, oltre a spendere milioni di dollari per acquistare copie cartacee di libri e digitalizzarli per addestrare la sua AI, Anthropic ha anche scaricato online circa 7 milioni di copie pirata di libri. Il giudice ha poi respinto alcuni argomenti chiave avanzati dai detentori dei diritti musicali, come quello secondo cui le aziende tecnologiche non dovrebbero poter utilizzare opere protette da copyright per creare strumenti di IA in concorrenza con i creatori umani, poiché il Copyright Act "mira a promuovere opere originali dell’ingegno, non a proteggere gli autori dalla concorrenza".