“Gente molto ricca”, pronta a “salvare” TikTok dal Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act con il beneplacito del presidente cinese Xi Jinping, con il quale - data la normalizzazione dei rapporti commerciali dopo il braccio di ferro innescato dalla minaccia di un’escalation bilaterale dei dazi doganali, poi fortunatamente rientrata - ci si aspetta di trovare un accordo “entro due settimane”: questa, in sintesi, sarebbe l’ultima versione offerta dal Presidente USA Donald Trump riguardo il progresso del negoziato per permette l’acquisizione da parte di un’entità americana dell’operatività della piattaforma di Bytedance negli USA. I misteriosi nuovi acquirenti pronti a sbloccare l’impasse nel quale il social è rimasto intrappolato a partire dallo scorso gennaio, tuttavia, non sarebbero né misteriosi né tantomeno nuovi: secondo quanto riferito da Bloomberg l’asso nella manica che Trump vorrebbe calare a giorni altro non sarebbe che il consorzio formato da Oracle, Blackstone e Andreessen Horowitz, la cui offerta era stata congelata dalla crisi dei dazi con Pechino. In attesa che i “colloqui ad altissimo livello” - così la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha definito le trattative - con la Cina continuino (la nuova proroga all’attivazione del Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act ha rimandato l’eventuale bando del social al prossimo 17 settembre), e che l'identità della “gente molto ricca” venga ufficializzata, a ridimensionare gli entusiasmi statunitensi è stata la ministra degli esteri cinese Mao Ning, che, interrogata riguardo la sortita di Trump sui potenziali nuovi acquirenti e sulla disponibilità di Xi Jinping ad avallare l'acquisizione, ha ribadito quanto Bytedance ha dichiarato più di un anno fa, cioè che ogni ipotesi di cessione è fuori discussione. "Abbiamo ribadito la nostra posizione di principio su TikTok in più occasioni”, ha spiegato Mao Ning: “La Cina gestirà la vicenda in conformità con le leggi e i regolamenti cinesi. Gli Stati Uniti devono garantire un ambiente aperto, equo, giusto e non discriminatorio per le imprese cinesi nel Paese".