Sergio Cerruti, Past President di AFI (Associazione Fonografici Italiani) e MD di JE – Just Entertainment, la società il cui esposto ha portato alla sentenza del TAR che ha ridefinito la procedura di assegnazione del Festival da parte del Comune ligure alla RAI, è intervenuto nella polemica seguita alle dichiarazioni del servizio pubblico - e dell’articolo pubblicato lo scorso lunedì 30 giugno dal Messaggero - riguardante un eventuale spostamento del Festival della Canzone Italiana da Sanremo. “Spostare Sanremo è come spostare un monumento storico”, ha dichiarato Cerruti: “L’anima del Festival è lì, non in una vetrina turistica temporanea. La sua forza è nella storia, non nei compromessi su spazi, tasse e oneri pubblicitari. Nel bando 2026–2028, il Comune ha imposto condizioni ritenute 'insostenibili' da RAI, che ora bluffa: ‘Possiamo farlo ovunque’. Una reazione che sa di ripicca: come nel caso di Vessicchio, che dopo aver denunciato la mancata corresponsione dei diritti da parte della RAI, è stato ‘ripagato’ con l’esclusione dai programmi; o come per gli associati AFI, con 15 milioni di euro di diritti non riconosciuti che si potevano saldare con un accordo tempestivo. Per anni, le regole sono rimaste fuori dalla porta di Viale Mazzini – e ora che qualcuno prova a farle rispettare, rispondono con un imminente trasloco”. “Invece di minacciare spostamenti per manifesta impunità, il servizio pubblico dovrebbe chiedere scusa – a Sanremo, ai cittadini, a chi paga il canone – per aver dato il cattivo esempio”, ha aggiunto Cerruti: “I pronunciamenti del TAR della Liguria e del Consiglio di Stato hanno puntato il dito sulle vostre assegnazioni irregolari, dimostrando che non eravate e non siete esenti da inadempienze. Se vi pare troppo costoso restare a Sanremo, sappiate che, come sempre, avreste potuto negoziare – e lo avete evitato. Ora questa pantomima non è altro che un’ottusa ripicca”. “RAI agisce come un potere senza contrappesi che si fa organo amministrativo e politico di sé stessa senza che nessuno dica una parola”, ha concluso Sofia Baldi, direttrice delle relazioni istituzionali di AFI: “L’elezione dell’AD Giampaolo Rossi, sbandierata come simbolo di discontinuità, si è rivelata nei fatti un patto di continuità con tutto ciò che doveva essere corretto. Nessuna forza politica ha avuto il coraggio di commentare una debacle legale clamorosa di un servizio pubblico che non riesce nemmeno ad avere un Presidente. E nel silenzio generale, l’arroganza si fa metodo: chi sbaglia resta, chi denuncia disturba, e chi perde in tribunale alza la voce come se avesse vinto. Il tutto a spese del contribuente”.