Autori di canzoni e case discografiche continuano a litigare, in Inghilterra, sulla spartizione della torta legata ai download musicali. L’organizzazione di categoria dei “songwriter”, MCPS-PRS, d’accordo con l’associazione dei manager Music Managers’ Forum, ha deciso di far sentire le sue ragioni al Tribunale del Copyright e sfida i discografici a rivelare quanto guadagnano dalle vendite di musica digitale. La sua azione nasce in risposta a una richiesta di rivedere lo schema delle royalty che allo stesso tribunale era stata presentata in giugno dalla BPI (British Phonographic Industry) con il consenso di sette fornitori di servizi digitali e di quattro operatori di telefonia mobile; al contrario, autori e compositori chiedono il riconoscimento di minimi garantiti e una percentuale aumentata dall’8 al 12 % su ogni download, “in linea con i parametri in vigore nella vendita dei Cd”. <br> Secondo la loro associazione di rappresentanza, accogliere le richieste della BPI vorrebbe dire ridurre da 5/6 pence a 2 pence la quota spettante agli autori su ogni canzone venduta on-line, mentre ai discografici vanno tra i 40 e i 50 pence sui 79 pagati mediamente da chi scarica una canzone sul pc. “Non si tratta di addossare un costo in più al consumatore”, spiega il documento, “ma di ridistribuire l’incremento dei profitti di cui le etichette si avvantaggiano grazie ai risparmi realizzati con la distribuzione digitale”. “L’industria discografica”, ha aggiunto l’amministratore delegato di MCPS-PRS Adam Singer, “dovrebbe adottare un nuovo pensiero economico per l’età digitale, così da sostenere la comunità dei compositori su cui fa affidamento”.