Paghereste il 50% in più per il vostro abbonamento mensile a un servizio di streaming musicale per assicurare una retribuzione più equa agli artisti? Questa è la domanda chiave che sta rendendo piuttosto controversa la presentazione del Living Wage for Musicians Act, disegno di legge che la democratica Rashida Tlaib presenterà alla Camera del Congresso degli Stati Uniti il prossimo 29 settembre. Le dimostrazioni di solidarietà da parte dei fan, quando gli artisti si lamentano pubblicamente della retribuzione offerta dai servizi digitali, in genere abbondano: il nuovo testo chiama in causa direttamente la platea di appassionati, facendo diventare gli ascoltatori la parte attiva principale del nuovo modello economico. Il Living Wage for Musicians Act prevede infatti l’istituzione dell’Artist Compensation Royalty Fund, un fondo destinato agli artisti alimentato da “un importo pari al 50% della quota di abbonamento applicata dal fornitore del servizio”, e da un’imposta del 10% sui ricavi non derivanti dagli abbonamenti: i proventi dal fondo verrebbero distribuiti direttamente agli artisti in proporzione agli stream generati mensilmente, con un tetto di un milione di stream a brano per evitare sproporzioni - specie tra big e unsigned o emergenti. Obiettivo del nuovo disegno di legge è quello di aprire un canale di retribuzione diretto agli artisti, la cui relazione economica con i DSP è oggi mediata dalle case discografiche - le piattaforme pagano per il consumo di musica in digitale gli aventi diritto, ovvero le etichette, che, a loro volta, “girano” una quota dei guadagni agli artisti, in percentuali variabili a seconda degli accordi stabiliti con i singoli. In questo caso, tuttavia, l’onore dell’aumento per l’istituzione del fondo sarebbe assegnato direttamente al pubblico: “un importo pari al 50% della quota di abbonamento applicata dal fornitore del servizio”, in Italia, significherebbe pagare - stando alle nuove tariffe introdotte a partire dall’inizio di questo mese - quasi 18 euro al mese (invece di 11,99 euro) un abbonamento singolo a Spotify. Tlaib era già stata protagonista di un'iniziativa del genere nel 2022, quando - insieme al sindacato Union of Musicians & Allied Workers - aveva guidato la campagna di protesta sfociata nella presentazione di un primo modello di "cambiamento definitivo dell’industria musicale a beneficio degli artisti". Una prima bozza del Living Wage for Musicians Act era stata presentata al Congresso nel marzo dello scorso anno, senza però venire approvata prima delle elezioni presidenziali di novembre.