Secondo la testata statunitense The Information, il fatturato di Suno sarebbe attualmente già assestato su circa 150 milioni di dollari di ricavi ricorrenti annuali. Se si volesse interpretarlo come una tendenza, si prenda nota che dagli abbonamenti alla sua app sta generando un valore quasi quadruplicato rispetto a un anno fa. Manca il paragone con la crescita dei margini rispetto ai livelli di un anno prima, ma ciò che filtra resta impressionante: il profitto lordo dell’azienda supererebbe il 60%. Sotto il profilo del modello, la startup - che rende possibile creare musica tramite prompt conversazionali - offre piani sia gratuiti che a pagamento, con abbonamenti mensili da 10 o 30 dollari, che consentono di generare più brani. Di qui la stima - derivata dal presunto ammontare del fatturato - sul possibile numero di abbonati paganti, che sarebbe di almeno cinque milioni di individui; ovviamente, sommandovi gli utilizzatori in modalità ‘free’, il numero totale di utenti sarebbe probabilmente molto più alto. Tutto ciò contribuisce a spiegare perché, sulla base di alcune offerte di investimento più recentemente ricevute, la valutazione di Suno (guidata dall’amministratore delegato Mikey Shulman) supera attualmente i 2 miliardi di dollari. Con queste premesse, Suno si candida a diventare un fenomeno di massa. Meno hype e più SLM Chi segue in maniera continuativa le vicende riguardanti il fenomeno della Gen AI ha chiari due elementi: è il comparto di gran lunga a maggiore attrazione di capitale e il capex è talmente elevato che ci sono dubbi sulla sostenibilità dei modelli di molte startup attive nel settore - non solo nel lungo termine, anche nel medio periodo. Quindi, sulla base di quanto divulgato da The Information, Suno avrebbe già fatto la differenza in più di un modo. In particolare tirandosi fuori dall’hype che caratterizza la rapida ascesa e l’altrettanto rapido precipizio del 99% delle giovani aziende che affrontano il mercato con idee e strumenti immediatamente assorbiti e resi economicamente inutili dai modelli dei giganti del comparto. In secondo luogo macinando una percentuale di margine lordo che non è quella tipica dell’industria musicale, bensì quella del mondo del software. Il che suggerisce un’ulteriore domanda, se si considera - come accennato sopra - che la Gen AI è un’idrovora di risorse sul termine della cui bulimia nessuno ha una visione precisa. La domanda è: ma Suno, quindi, come fa? Suno è una bestia diversa da Open AI, Anthropic e compagnia perché non opera sul più fenomenico territorio dei LLM - il cui addestramento origina chatbot che conversano su qualsiasi tema con gli utenti finali - ma appartiene al segmento delle aziende impegnate con gli SML. Significa che Suno non utilizza un grande modello linguistico generalista (LLM, Large Language Model) che richiede enormi quantità di dati, potenza di calcolo e memoria, con costi di addestramento e funzionamento costosissimi; usa, invece, un modello più piccolo e specializzato, ottimizzato per la generazione musicale. In pratica, un SLM (Small Language Model) adattato all’audio, in grado di creare brani coerenti con costi e tempi molto inferiori rispetto ai modelli “giganti” dell’intelligenza artificiale testuale. A differenza dei grandi modelli linguistici generalisti, il suo approccio punta su efficienza e verticalità, con architetture di minori dimensioni ma ad alta specializzazione musicale. Usa meno parametri e meno energia. Insomma, dietro le canzoni di Suno non c’è un’intelligenza “grande” ma una “precisa”: un modello di linguaggio ridotto, ottimizzato per riconoscere pattern sonori e tradurli in musica. Il futuro Però anche Suno ha bisogno di dati per addestrare il suo modello e le numerose cause legali intentatele contro dalle majors musicali saranno un fattore sulla sua sostenibilità e, poi, sulla sua marginalità. Se le prime si "sistemassero", alla possibile marginalità inferiore sopperirebbe senza problemi la crescita dell’utenza. L’incognita legale non è acqua di rose, ma è noto che i dialoghi sono in corso. Chissà. Resta un ulteriore punto di domanda sul futuro di Suno, perché nel frattempo la frontiera si sta spostando e colossi come OpenAI, Google, Meta e Anthropic stanno sviluppando modelli LLM multimodali, capaci di operare su testo, immagine, video e suono. In questo ecosistema, la musica non è più un prodotto a sé, ma un’estensione naturale del linguaggio: un elemento da generare o adattare in tempo reale a un contesto narrativo, visivo o pubblicitario. È la logica della convergenza — e i giganti del settore hanno risorse, dati e potenza di calcolo per perseguirla. Tuttavia, la specializzazione rimane un vantaggio competitivo. Gli LLM possono “fare musica”, ma Suno vive di musica: la qualità sonora, la coerenza stilistica e la curatela dei risultati lo collocano ancora su un piano differente. Mentre gli operatori generalisti integrano la musica nelle loro esperienze di intelligenza artificiale globale, Suno costruisce un’identità fondata sull’ascolto — e su un principio semplice ma potente: l’AI non deve solo capire la musica, deve sentirla. Sotto questo profilo, quasi vent’anni dopo, Suno sta a Spotify come Apple Music sta ad Apple.