Al di là delle infrastrutture tecnologiche e dell’avanzata dell’AI, il cuore pulsante dell’industria musicale resta il talento umano, la cui scoperta è un delicato equilibrio tra numeri e intuito, tra viralità e autenticità. Gli algoritmi intercettano trend, ma possono davvero cogliere l’anima di una nuova voce? In una riflessione ad ampio spettro, i vertici delle principali realtà discografiche nazionali si sono confrontati sulle sfide dello scouting nell’era digitale: come cambiano i processi decisionali, quali nuovi profili emergono dietro le quinte e come si ridisegna il rapporto tra industria, artisti e pubblico nell’ecosistema delle piattaforme. Sono intervenuti Pico Cibelli (Presidente, Warner Music Italy), Alessandro Massara (Presidente, Universal Music Italia), Sara Pedroni (Managing Director, Believe Italy), Andrea Rosi (Presidente & CEO, Sony Music Italy) e Dino Stewart (Managing Director, BMG). Il panel è stato moderato da Francesco Prisco de Il Sole 24 Ore. “Noi come Believe non abbiamo come obiettivo il numero di firme, ma vogliamo fare le firme giuste – dice Pedroni – non vogliamo trattare gli artisti come numeri. Identifichiamo ciò che è giusto per un artista e adottiamo un approccio trasparente, fornendo tutti i dati che abbiamo a disposizione”. La chiave di tutto sono gli artisti e il loro repertorio: “Questo cuore va alimentato. Il talent scout è il ruolo più importante all’interno della nostra azienda. L’A&R è il lavoro che tutti vorrebbero fare, e quando incontro i ragazzi me lo dicono”, prosegue Cibelli. “L’arrivo del web ha cambiato il lavoro del talent scout. Oggi, grazie all’analisi dei dati, si può arrivare molto presto su artisti sconosciuti che magari fanno numeri importanti – ammette Massara – ma non basta: gli artisti vanno consigliati e guidati nella scelta del repertorio. Quindi il lavoro è cambiato, ed è anche più ampio”. “Le nostre aziende hanno raddoppiato e in alcuni casi triplicato la presenza di A&R. Vanno reclutati con caratteristiche complesse e articolate. Mediamente, per sviluppare un artista ci vogliono tre anni”, osserva Rosi. “Non sono molto convinto dell’utilizzo dell’AI per scovare artisti, ma è vero che spesso non si sta cercando l’artista dell’anno, bensì il nome dell’estate – sorride Stewart – e quindi uno strumento come l’AI può essere utile. Un altro aspetto: oggi un contratto discografico è un inizio, non è più un traguardo come anni fa. Questo va tenuto in considerazione”.