A quanto ammonta il patrimonio mondiale di diritti musicali, considerando sia quelli riguardanti le registrazioni, sia le edizioni? A questa domanda ha risposto l’economista Will Page, già Chief Economist a Spotify e a PRS For Music, che in una ricerca pubblicata sul suo sito Pivotal Economics ha stimato in 47,2 miliardi il valore del copyright musicale globale. Il dato, riferito al 2024, ha fatto segnare un incremento del 5,2% (ovvero 2,3 miliardi di dollari) rispetto al 2023, perché - secondo Page - quello scorso è stato “il primo anno in cui gli effetti della pandemia sulla crescita sono svaniti". Rispetto al 2014, tuttavia, il valore complessivo dei diritti musicale a livello mondiale è quasi raddoppiato. “Mettendo insieme i pezzi del puzzle, emerge un mix di statistiche di crescita”, osserva Page. “Le etichette discografiche sono cresciute del 5% su base annua, raggiungendo i 29 miliardi di dollari, le società di gestione collettiva degli autori sono cresciute dell'8%, raggiungendo i 13,6 miliardi di dollari, e i ricavi diretti degli editori (ovvero senza il coinvolgimento di una collecting) sono diminuiti leggermente, dell'1%, a 4,6 miliardi di dollari”. Riguardo le prospettive future, per Page “un ostacolo che non ha bisogno di presentazioni è l'ascesa della musica basata sull'intelligenza artificiale. La domanda che tutti si pongono è: sarà complementare o cannibale rispetto all'attuale business da 47,2 miliardi di dollari? E’ qui che possiamo rivedere il nostro concetto di "equa ripartizione" e chiederci se le prospettive commerciali dei recenti accordi con Suno e Udio potrebbero aggiungere valore ai ricavi B2C, ma azzerare il valore del business B2B a causa della sostituzione delle librerie di musica di produzione. In tal caso, l'impatto dell'intelligenza artificiale potrebbe essere asimmetrico”. “Un altro ostacolo che l'industria musicale deve affrontare riguarda quelli che gli economisti chiamano ritardi 'time-lags'”, prosegue Page: “I precedenti report sul valore globale dei diritti d'autore mostravano come i ricavi da streaming per le etichette discografiche stessero esplodendo, a fronte di una crescita più moderata per gli editori. Quest'anno, stiamo assistendo a una crescita più rapida di società di gestione collettiva ed editori (insieme) rispetto alle etichette discografiche. Forse è proprio questo il boom che le etichette discografiche hanno visto ieri, trasferito oggi agli editori, il che significa che il rallentamento che le etichette mostrano oggi si manifesterà negli incassi degli editori domani”.