La storica etichetta dei Beatles vanta una frequentazione piuttosto assidua delle aule dei tribunali: da anni litiga periodicamente con la quasi omonima Apple Computer per questioni legate alle sfere di competenza dei rispettivi marchi (vedi News), e in passato ha avuto da ridire anche con la Nike, rea di aver usato la canzone “Revolution” in uno spot pubblicitario poco gradito. Anche con la EMI, partner storico nonché proprietario imperituro dell’intero catalogo discografico dei Fab Four, gli ex Beatles hanno già avuto motivi di contrasto, che oggi tornano a galla a causa di mai risolte rivendicazioni economiche. Dopo aver affidato a un revisore dei conti lo studio dei bilanci aziendali, Paul McCartney, Ringo Starr e le famiglie di John Lennon e George Harrison hanno concluso che la major deve loro la bellezza di 30 milioni di sterline, oltre 44 milioni di euro, a titolo di royalty mai pagate. “Non ci resta altra scelta che citarla in giudizio”, hanno spiegato con un comunicato diramato nel pomeriggio di venerdì 16 dicembre e che anticipa una doppia azione giudiziaria, da una parte e dall’altra dell’Atlantico: a Londra contro la stessa EMI e a New York nei confronti della consorella Capitol Records, titolare dei diritti di tutte le incisioni dei Beatles per il mercato statunitense. <br> La Apple accusa la EMI di scarsa trasparenza e correttezza nei rendiconti “a dispetto delle clausole estremamente chiare del contratto”: la controparte, dal canto suo, getta acqua sul fuoco, forse memore dell’esito di una precedente vertenza decennale risoltasi in sede extragiudiziale nel 1989 (in quell’occasione gli ex Beatles e i loro eredi l’avevano accusata di avere venduto o regalato milioni di dischi sottobanco ai dettaglianti). “A volte gli artisti richiedono una revisione dei bilanci delle loro etichette”, ha dichiarato un portavoce della major inglese, aggiungendo che le divergenze di opinione sono possibili soprattutto quando, come in questo caso, “i contratti sono voluminosi e complessi e possono insorgere dispute interpretative sulle clausole”. “Ma”, ha aggiunto speranzoso, “nel 99 per cento dei casi queste vertenze si risolvono amichevolmente per una piccola frazione di quanto inizialmente richiesto”. Andrà così anche questa volta?