Gli autori e editori italiani minacciano di abbandonare in massa la SIAE per trasferire all’estero la tutela dei loro diritti e interessi economici. Succede periodicamente da molti anni a questa parte, a dire il vero, in occasione dei frequenti momenti di crisi che scandiscono l’esistenza della società degli autori: come quello attuale, dopo che un decreto governativo ha deciso di nominare una commissione di studio per la riforma dell’ente senza assegnarvi alcuna rappresentanza ai soci stessi (vedi News). <br> Riunitasi lo scorso venerdì 16 dicembre nella sede di viale della Letteratura a Roma, l’assemblea ha ribadito i suoi timori di un “esproprio” politico con un messaggio inviato al capo dello stato e al presidente del consiglio. “La SIAE”, scrivono le associazioni di categoria dopo aver ricordato che l’ente amministra un patrimonio di circa 600 milioni di euro all’anno, “deve poter continuare a gestire in piena autonomia e indipendenza, con organi sociali democraticamente eletti, i diritti degli autori e degli editori italiani e stranieri le cui opere sono utilizzate nel nostro Paese”. “Quello che sta accadendo sarebbe ridicolo se non fosse tragico”, ha aggiunto al termine della riunione Gino Paoli. “Stanno mettendo a rischio non solo i diritti degli autori italiani, ma anche la credibilità del Paese. In Italia, infatti, si amministrano e tutelano, per reciprocità, anche i diritti degli autori stranieri, le cui opere sono utilizzate da noi. Che dirà l’Europa?”.