Si moltiplicano, nel mondo, i confronti a muso duro tra case discografiche e distributori di musica digitale: mentre Steve Jobs di iTunes/Apple ha il suo bel daffare ad arginare i malcontenti di major e indipendenti (vedi News), arriva notizia che anche il Napster tedesco fresco di lancio è inciampato in un ostacolo imprevisto: il rifiuto di collaborazione (e dunque il blocco dei cataloghi) oppostogli dalla EMI locale, giustificato con una royalty sul prezzo di vendita ritenuta iniqua per gli artisti rappresentati. <br> Napster, come è noto, richiede ai suoi clienti il versamento di un canone fisso di abbonamento. Secondo le informazioni raccolte dalla stampa specializzata, la società tratterrebbe per sé il 20-30 % circa della cifra destinando il resto alle case discografiche: che tuttavia, da servizi “alla carta” come iTunes (dove si paga per ogni singola canzone scaricata), ottengono circa il 90 % delle somme incassate. “Vogliamo portare la musica digitale ai consumatori a un prezzo che si possono permettere”, è stata la secca replica di Napster.