Con poche eccezioni nel panorama internazionale, il downloading legale di musica è in mano ai grandi marchi e a “corporation” multinazionali come Apple, Microsoft, RealNetworks e Roxio, proprietario di Napster. Ma ora nel campo del “retailing” applicato all’ambiente digitale (Virgin, HMV, Messaggerie Musicali in Italia) cominciano a spuntare alternative interessanti come quella che verrà offerta prossimamente da Rough Trade, il tempio londinese della musica import e indie che dal 1976 smercia dischi destinati a un pubblico di intenditori e appassionati (oggi ha due punti vendita a Londra, uno nella zona di Portobello e l’altro nell’area di Covent Garden; nella sua storia trentennale si ricordano anche un tentativo di espansione all’estero e soprattutto una omonima etichetta discografica diventata di culto in epoca post punk e new wave). <br> Con l’aiuto di uno specialista del settore, Bleep.com, la celebre insegna inglese lancerà a settembre un suo negozio digitale che, assicura il direttore del business development Stephen Godfroy, “sarà diverso dagli altri”: in particolare nella scelta di vendere e distribuire musica senza codici di protezione DRM “a cui”, ha spiegato, “siamo filosoficamente contrari. Noi riteniamo che il pubblico del negozio on-line vada trattato esattamente nello stesso modo di chi entra in un punto vendita Rough Trade per fare acquisti. Quando qualcuno compra un disco in un nostro negozio non gli mandiamo a casa un poliziotto a chiedergli che uso intende farne”. Rough Trade sta anche pensando di estendere alla piattaforma digitale il suo “Albums club”, iniziativa in base alla quale i consumatori abbonati al servizio ricevono ogni mese, dietro corresponsione di una quota, una selezione di cd scelti dallo staff sulla base del profilo di acquisto e dei gusti di ognuno: quello che Godfroy chiama un “ottimo esempio del nostro tentativo di aggiungere valore alla musica”.