Come Tiscali in Italia e in Inghilterra (vedi News) anche l’ex nemico pubblico numero uno della discografia torna alla sua rivoluzionaria “invenzione”, il file sharing musicale. Stavolta, però, si tratta di un peer to peer assolutamente legale, “protetto” da rischi pirateria e finalizzato a scopi autopromozionali e commerciali: l’obiettivo ultimo, come nel caso dell’azienda italiana, resta quello di vendere musica in download o servizi in abbonamento. Dal 1° maggio, dunque, gli utenti del Napster americano possono accedere liberamente al catalogo di due milioni di brani decidendo di ascoltare gratuitamente in streaming le canzoni preferite fino a cinque volte, senza necessità di scaricare alcun software aggiuntivo (a differenza di quel che accade con il servizio di Tiscali) ma semplicemente registrandosi con il proprio indirizzo e-mail. Esaurito il credito dei cinque “stream”, il file può essere acquistato al consueto prezzo di 99 centesimi di dollaro; oppure, in alternativa, il cliente può decidere di abbonarsi a uno dei “pacchetti” di musica in abbonamento offerti dalla società. Gli audio stream possono anche essere trasmessi gratuitamente ad altri utenti via e-mail, instant message, blog o sito Web; mentre un nuovo spazio pubblico creato sul sito, Narchive, permette a chiunque di diffondere propri diari, foto, musica o altro. Alla compensazione economica dei titolari dei brani, etichette, editori, autori e interpreti, provvedono gli introiti pubblicitari: Napster vende banner sulla sua home page e include messaggi audio e video a pagamento nel suo music player, il programma impiegato per la riproduzione dei file.