La notizia, anticipata in esclusiva dal settimanale Music Week, fa sensazione, per quanto i portavoce del magnate inglese si affannino a ripetere che tutto, alla sua casa discografica, rimarrà come prima. Resta il fatto che dopo quasi dieci anni Richard Branson e il suo Virgin Group (da non confondere con l’omonima etichetta, già ceduta nel 1992 alla EMI) lasciano il timone di comando della V2 Records cedendolo alla banca d’affari Morgan Stanley: ennesimo caso di trasferimento di potere dai “music men” e dalle imprese discografiche al mondo della finanza e della grande industria.<br> Morgan Stanley, che quattro anni fa aveva convertito i suoi crediti obbligazionari in una partecipazione del 47,5 % nella società, controllerà d’ora in poi quasi il 95 % del capitale, mentre a Branson, che ne deteneva quasi il 50 %, ne resterà appena il 5 %. Tuttavia, secondo quanto dichiarato da una portavoce del suo gruppo, l’imprenditore “continuerà ad essere vicino alla V2, restandone il mentore”; nel frattempo l’etichetta, che ha nel roster artisti come Stereophonics, Paul Weller e Mercury Rev, continuerà ad essere guidata dallo stesso team di management, con Tony Harlow confermato nel ruolo di amministratore delegato. Stando alle spiegazioni ufficiali, Branson avrebbe deciso di abbandonare il business discografico per concentrare energie e risorse sulle sue nuove scommesse industriali, telefonia fissa e mobile, Internet e televisione, ed evitare un potenziale conflitto di interessi con il ventilato progetto di lanciare un canale tv musicale in partnership col nuovo socio NTL, fornitore di reti via cavo. <br> Come si ricorderà (vedi News), alla fine dell’anno scorso la V2 aveva già venduto i suoi interessi discografici negli Stati Uniti per 15 milioni di dollari. Ma neppure la liquidazione tout court della società escluderebbe che l’imprevedibile imprenditore britannico, tuttora titolare della catena Virgin Megastores, non decida di riprovarci in futuro. “Mai dire mai”, ha dichiarato a Music Week la sua portavoce. “Questa è una decisione che riguarda la V2, non l’industria discografica nel suo complesso”.