I bene informati giurano che la società britannica è pronta ad alzare la sua offerta per Warner fino a 32 dollari per azione, e cioè a spendere fino a 4,75 milioni di dollari per acquisirne la proprietà (contro i 4,2 milioni messi sul piatto in prima battuta: vedi News). Contemporaneamente, Edgar Bronfman Jr. starebbe organizzando una contromossa, scorrazzando dalla Russia al Dubai alla ricerca disperata di nuovi finanziatori disposti a sostituire i partner dimissionari Thomas H. Lee Partners, Bain Capital e Providence Equity Partners, così da permettergli di fare una contro offerta e di restare al timone dell’azienda. Gli osservatori gli concedono ben poche chance: e l’imprenditore canadese, dicono, sa bene che in una ipotetica Warner EMI (o WEMI, come qualcuno già la chiama) del futuro sarebbe molto difficile per lui conservare un posto di rilievo nell’organigramma. Contro Bronfman giocherebbe anche quanto accaduto in passato: quando la sua Universal/Seagram assorbì la PolyGram nel 1998, il ruolo del ceo Alain Levy venne drasticamente ridimensionato; il manager francese, che oggi si trova proprio al vertice della EMI, non vedrebbe l’ora di poter consumare la sua vendetta.