Si ammorbidisce, in Inghilterra, lo scontro relativo alle royalty spettanti ad autori ed editori sui brani di musica digitale venduti da negozi on-line e operatori di telefonia mobile. L’obiettivo comune di sviluppare i consumi rendendo il business redditizio per tutti imponeva, nell’opinione di molti, la riduzione delle percentuali finora richieste dalla “SIAE” locale”, la MCPS-PRS (12,5 % sugli introiti dei gestori del servizio al netto di IVA): e la società di collecting che rappresenta autori e editori alla fine ha accettato il compromesso, abbassando le sue pretese all’8 % e guadagnandosi il consenso di molte controparti proprio quando la questione stava per finire davanti al Tribunale del Copyright. Dopo l’adesione ai nuovi termini sottoscritta dall’associazione locale dei discografici BPI, sulla nuova royalty si sono dichiarati d’accordo anche l’iTunes Music Store di Apple e gli operatori di telefonia mobile O2, Orange, T-Mobile e Vodafone (che restano tuttavia in conflitto con gli editori su altri dettagli), seguiti in scia da Napster, dal fornitore di servizi b2b MusicNet e da Sony Connect. Il nuovo contratto quadro, che resterà in vigore per tre anni, non è invece stato ancora firmato da RealNetworks (Rhapsody), Yahoo! e AOL, in contrasto con le richieste della MCPS-PRS perché promotori di modelli di distribuzione diversi da quelli che si basano sulla vendita dei download “alla carta” in stile iTunes: se non si giungerà a un accordo entro metà novembre, toccherà al Tribunale del Copyright dirimere la vertenza. <br> In Italia la SIAE, che ha cominciato a rilasciare licenze multimediali a partire dal 1999, applica attualmente una tariffa del 12 % a download, calcolato sul prezzo al netto dell’ IVA pagato dall’utente finale: ma ora, dopo gli aggiustamenti dei rapporti contrattuali in Inghilterra, qualcosa potrebbe forse cambiare anche da noi e i negoziati tra titolari e utilizzatori del repertorio musicale riprendere su basi differenti.