Con un’operazione lampo (almeno rispetto alla diffusione in Rete delle prime indiscrezioni, vedi News) Google ha definito l’acquisto di YouTube, concordando il pagamento (tutto in azioni) di 1,65 miliardi di dollari, 1,31 miliardi di euro. Completato il trasferimento di proprietà (entro fine anno, salvo opposizioni dell’Antitrust) la giovane Web company continuerà a operare indipendentemente e col proprio marchio dai suoi quartieri generali di San Bruno, in California, sotto la guida dei fondatori Chad Hurley (29 anni) e Steve Chen (28 anni) e con l’organico preesistente composto da 67 dipendenti. La prima fase “indipendente” e anarcoide dell’impresa, nata nel febbraio del 2005 nel garage di Hurley, giunge così al termine ricalcando un po’ la parabola dell’altro grande fenomeno Internet di questi mesi, MySpace, oggi finito nell’orbita della News Corp. del magnate dell’editoria Rupert Murdoch (vedi News). Osservatori e parti interessate sottolineano la reciproca convenienza economica e strategica dell’operazione, rinforzata ulteriormente dal fatto che le due società condividono un azionista importante nel fondo finanziario Sequoia Capital: Google si accaparra la leader di mercato indiscussa nel campo del “social networking” e del video sharing on-line (anche se manterrà il proprio preesistente servizio di distribuzione video), YouTube si assicura una capacità di attrarre investitori istituzionali e clienti pubblicitari che fino a oggi non poteva neppure sognarsi. “Con la tecnologia e la supremazia di Google nel campo dei motori di ricerca avremo a disposizione le risorse per portare i nostri servizi a un livello superiore”, ha commentato Chen; mentre Sergey Brin, co-fondatore di Google, ha osservato che i contenuti video sono una delle “chiavi di un’esperienza globale di ricerca di contenuti in Rete”. “E poi”, ha aggiunto, “YouTube mi ricorda davvero quel che Google era qualche anno fa”. Sarà davvero l’inizio di una nuova “video rivoluzione su Internet” come sostiene l’amministratore delegato di Google stessa, Eric Schmidt? Il finanziere d’assalto Mark Cuban, che nei giorni scorsi aveva espresso senza mezzi termini la sua scarsa considerazione di YouTube come investimento strategico (vedi News), non ha cambiato parere, tanto da aver postato sul suo blog Internet un pezzo intitolato “I still think Google is crazy”. “Sarà interessante vedere le reazioni del mondo del copyright” scrive Cuban, riferendosi al fatto che gli utenti del sito continuano a caricarvi materiali audio e video non autorizzati e, in qualche modo, “piratati”. Ma intanto, proprio nelle ultime ore, YouTube ha siglato accordi di licenza e di compartecipazione ai futuri introiti (pubblicitari) con major come Universal, Sony BMG e il network televisivo CBS (che si aggiungono a Warner, vedi News) e annuncia l’introduzione di tecnologie antipirateria che permetteranno di individuare ed espellere dal sistema contenuti protetti dal diritto d’autore e non autorizzati. Il caso Napster forse insegna qualcosa: e sembra inevitabile che in futuro la “Internet sensation” YouTube, (100 milioni di video visti al giorno, 72,1 milioni di utenti nel mondo) diventerà qualcosa di diverso. Come MySpace e, probabilmente, Facebook, l’altro grande sito di social networking per cui Yahoo! è disposto a spendere un miliardo di dollari.