Dei vecchi leoni di via Mecenate e dintorni, periferia sud est di Milano, è rimasto in piedi solo lui, e un motivo ci sarà: e così oggi la New Music International di Pippo Landro può orgogliosamente celebrare 20 anni di vita tondi tondi, un risultato mica da ridere in una giungla che un po’ per volta s’è inghiottita tutte o quasi le “indie” d’assalto degli anni ’80, Flying, Dig It, Discomagic…. Il sanguigno, impetuoso, polemico, infaticabile, inaffondabile cinquantacinquenne originario di Messina ha deciso di onorare la ricorrenza con una festa a inviti (che si è tenuta qualche giorno fa in un locale milanese alla moda) e con una doppia raccolta dei suoi maggiori successi (“20 years-The best of”). Intanto, ha anche modo di guardarsi indietro e riflettere su questa inusitata longevità. “Ho resistito restando fedele alle mie quattro regole fondamentali, passione per il lavoro, amore per la musica, professionalità e competenza. Un’idea di successo può venire in mente a chiunque, un giorno, passeggiando per strada: il difficile, una volta arrivati in cima, è restarci. Anch’io ho avuto i miei momenti critici, come tutti, nel ’94-’95 la New Music ha vissuto un brutto momento. Colpa mia, che ero ancora giovane: troppo entusiasta dei miei successi mi ero convinto di poter spaccare il mondo e ho cominciato a fare il passo più lungo della gamba. Poi ho capito la lezione” (e oggi continua imperterrito circondato dal suo gruppetto di fedelissimi, uno staff di sei persone che include i figli Monica, all’ufficio promozione, e Antonio, responsabile dell’amministrazione). “Ho avuto il destino segnato”, ricorda, “da quando, all’età di sei anni, mi hanno messo in braccio la prima fisarmonica. Da quel momento ho fatto di tutto, nel mondo della musica, imparando a conoscere il mestiere a 360 gradi: sono stato musicista con i Gens (quelli di “In fondo al viale”, 45 giri di successo nelle classifiche di fine anni Sessanta), negoziante/importatore col ‘Bazar di Pippo’ (una mecca per gli appassionati di disco music, negli anni ’70 a Milano), grossista e distributore di dischi negli anni ’80, infine il manager artistico e il produttore discografico. Ancora oggi mi diverto un mondo a passare le notti in studio con i musicisti. A scoprire talenti facendoli crescere da zero. E a dire sempre quello che penso, con la massima sincerità”. <br> Un esordio in sordina, con un disco firmato L.A.N.D.R.O. & Co. e infarcito di dj; poi, nei primi anni ’90, arriva il primo successo con la “How gee” dei Black Machine, riff inconfondibile di sax su una base funky dance nostrana. A quel periodo, racconta, è legata anche una delle sue massime soddisfazioni professionali: “Con loro ho girato il mondo, siamo stati in Africa, in Sud America, in Giappone, in Australia, e ovunque la gente riconosceva la nostra canzone. Qualcosa di simile mi è successo per caso quest’anno, mentre mi trovavo in un villaggio vacanze: la gente, ho visto, continua a ballare il ‘Tic tic tac’ dei Los Locos ed ‘El pam pam’ di Cecilia Gayle, altre mie invenzioni. Mi ha fatto un enorme piacere”. Landro, bisogna riconoscerglielo, è sempre stato bravo a fiutare in fretta i tempi che cambiavano. Partito con la italo-dance di Neja, con i ritmi house di Technotronic (una licenza dal Belgio) e Ti.Pi.Cal, cavalcata l’onda del revival (Gloria Gaynor), a un certo punto si è buttato anima e corpo nel genere latino ballabile, producendo anche il “2 the night” de La Fuertezza, tormentone dell’anno di grazia 1996 grazie anche all’inclusione ne “Il ciclone”, il <i>blockbuster</i> di Leonardo Pieraccioni. Da qualche tempo ha un altro pallino, la musica pop italiana: con Paolo Belli, grazie inizialmente all’interessamento personale di Giorgio Panariello, ha conquistato inaspettatamente i prime time televisivi della Rai (del performer emiliano, nel roster New Music ormai da otto anni, è in cantiere un best con l’inedita “Dillo con un bacio”, colonna sonora di un nuovo spot tv in programmazione dai primi di novembre), e ora punta molto sui giovani Seba e Studio 3, “una boy band che sa cantare, e che l’estate scorsa ha riempito le piazze italiane. A dispetto dello scetticismo iniziale dei media abbiamo già incassato un ‘silver award’ vendendo 20 mila copie dell’album. Quanto a Seba, ne sono convinto, è un grande artista. Un puro, un catanese introverso alla Battiato. Non è stato facile convincerlo a pubblicare due singoli di ottimo impatto radiofonico come ‘Domenica d’estate’ e ‘Minigonna blu’; ma nel suo album, ‘Quadri d’autore’, c’è uno spessore artistico che alla fine, ne sono convinto, verrà fuori. Io, come al solito, non mi risparmierò”. Nel suo futuro potrebbe esserci spazio anche per la cocktail music, ora che, su licenza spagnola, pubblica in Italia “Tribute to Beatles- Chill Out versions”, curioso esperimento di rivisitazione lounge del catalogo dei Fab Four (vedi News): con il suo spiccato gusto per l’artigianato musicale, Landro si è garantito la facoltà di apportare qualche correzione in sede di missaggio “per meglio adattare il prodotto ai gusti italiani. Perché ho voluto pubblicarlo? Perché questo genere merita di uscire dalla nicchia e perché a me la musica piace tutta, dalla mazurca alla musica classica. L’importante è saper trasmettere emozioni”.