Artisti e personalità eminenti della scena musicale britannica si stanno mobilitando a vario titolo per difendere i vecchi negozi di dischi in via di estinzione: dopo la petizione lanciata dai Manic Street Preachers per salvare lo storico Spillers di Cardiff (vedi News), è il magnate Richard Branson, titolare dell’etichetta V2 e della catena specializzata Virgin Retail, a farsi sentire accusando ad alta voce le major discografiche di non far nulla per arginare lo strapotere dei supermercati. “Temo che l’industria avrebbe dovuto fare qualcosa anni fa. Invece quel che ci troviamo di fronte oggi è questa bestia disumana che vende burro e marmellata, pane e piselli con in mezzo qualche album sotto costo giusto per attirarci in negozio a fare la spesa”, si è lamentato il “Sir” inglese; “il risultato è che i negozi di dischi indipendenti che vendono grandi quantità di back catalog stanno cominciando a scomparire, e questa è una cosa molto triste”. <br> In Gran Bretagna si calcola che gli hit appena usciti di Beatles, Oasis, U2 e Westlife vendano nei supermercati alimentari il 40 % o più delle copie complessive smerciate. “Sicuramente non dobbiamo scusarci per il fatto di offrire ai nostri clienti un’ampia gamma di musica a prezzi imbattibili”, si è difeso un portavoce della catena Tesco aggiungendo che la ditta ha in assortimento “migliaia di artisti, da Blondie a Beethoven, in negozio e su Internet”. A mettere in ginocchio i rivenditori specializzati (nel Regno Unito, ma anche in Italia) sono, appunto, i prezzi sottocosto. “Ma noi non abbiamo voce in capitolo”, ha spiegato al sito di Music Week un esponente anonimo di una major. “Non possiamo chiedere ai supermercati di alzare i prezzi, sarebbe illegale. Se decidono di vendere i loro prodotti a margine zero noi non possiamo farci niente”.