Nubi più scure che mai si addensano sul mercato discografico statunitense (e di conseguenza mondiale). I primi tre mesi del 2007, scrive Ethan Smith sul Washington Post, hanno registrato un ulteriore, drammatico tonfo del 20 % nel numero di cd venduti (81 milioni e mezzo di pezzi) rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. E al peggio sembra non esserci limite, dal momento che le performance settimanali degli album che stazionano in testa alle classifiche hanno raggiunto il loro minimo storico da quando, nel 1991, Nielsen Soundscan ha introdotto il metodo di rilevazione elettronico delle vendite (65 mila copie per i Daughtry, 60 mila per la colonna sonora di "Dreamgirls"). Oltre alle cause ben note (file sharing, downloading gratuito, hit preannunciati che non tengono fede alle attese ecc ecc), Smith cita tra i motivi cruciali del crollo di mercato la scomparsa di catene come Tower Records (vedi News) e dei punti vendita specializzati (800 negozi in meno nell'arco di appena dodici mesi). Le speranze di rimpiazzare le vendite di supporti fisici tradizionali con quelli digitali, aggiunge l'articolista del Post, sono ben lontane dal concretizzarsi. I cd, negli Stati Uniti, valgono ancora più dell'85 % del mercato, nonostante l'incremento del 54 % nelle vendite di file digitali (173,4 milioni): anche sommando gli uni agli altri, gli acquisti di musica registrata risultano in calo del 10 %. Se poi si passa a ragionare in termini di fatturato, le cose vanno anche peggio e il calo è calcolabile in almeno il 25 %, secondo Simon Wright della catena di negozi Virgin: colpa della corsa al ribasso dei prezzi a cui case discografiche e rivenditori sono stati costretti dalle pressioni esercitate da grandi magazzini non specializzati come Wal-Mart e Best Buy, divenuti ormai attori chiave del mercato in grado, spesso, di fare il bello e cattivo tempo. <br> E' davvero la fine del mondo come lo conoscevamo, per dirla alla maniera dei R.E.M.? "Le vendite di cd sono talmente ridotte e marginali che per me, oggi, i dischi sono più uno strumento di marketing che una fonte di introito" ha dichiarato al quotidiano di Washington Jeff Rabhan, manager di Jermaine Dupri e Kelis. "Sono diventati il mezzo attraverso cui si costruisce un marchio e si spingono le vendite di tour e magliette. Tutto qui. Soldi non ce ne sono".