Cresce la febbre per il tour di reunion dei Police (vedi News). Ovviamente anche tra i fan italiani che, in attesa di sapere se il ricostituito trio di “Message in a bottle” si farà vivo anche dalle nostre parti, si sono messi alla caccia dei biglietti ancora disponibili per le date geograficamente più vicine ai nostri confini. Con qualche spiacevole sorpresa: tagliandi per lo show del prossimo 29 settembre a Parigi, ci segnala una lettrice, sono in vendita sul sito di TicketOne (mentre risultano esauriti su quelli francesi di Ticketnet.fr e dello Stade de France, sede del concerto) ma a prezzi decisamente maggiorati rispetto a quelli di partenza, 142 euro invece di 111 per le “poltronissime”, 120 invece di 92 nella fascia immediatamente successiva, e giù giù a scendere fino ai 78 euro (invece di 56) richiesti per accedere al prato dello stadio. “Bagarinaggio telematico”, come suggerisce la stessa lettrice? “No, tutto regolare e frutto della deregulation del mercato” secondo Claudio Francese, responsabile dei servizi business di TicketOne che risponde con gentile solerzia alla telefonata di Rockol. “Noi acquistiamo i biglietti per i concerti esteri a lotti, direttamente dall’organizzatore o, come è accaduto in questo caso, da un broker che ci pratica naturalmente un prezzo maggiorato del suo ricarico. Su quello applichiamo a nostra volta il margine che riteniamo più opportuno anche in funzione del valore del prodotto offerto: a nostro rischio e pericolo, perché se pure non esiste alcun limite di legge, un prezzo troppo alto ci metterebbe fuori mercato. Così non è”. <br> Trattasi insomma, secondo Francese, di prassi consolidata a livello europeo, in Inghilterra, in Francia come in Spagna. “In Italia no, non si può fare. Qui non si ragiona ancora sui prezzi netti e sussiste il diritto di prevendita. E’ su quello che negoziamo di volta in volta con l’organizzatore incassandone circa la metà: in media un euro a biglietto. All’estero invece esiste una sorta di deregulation, simile a quella che anni fa ha interessato le tariffe aeree e il settore del turismo” (con la differenza che lì la guerra dei prezzi è andata a tutto vantaggio del consumatore, ndr). Resta il fatto che 29, o anche 12 euro in più sono tanti… “Vi rientrano le cosiddette ‘booking fees’, tariffe di servizio che la legge italiana autorizza e che potremmo applicare anche sul territorio nazionale come fanno, ad esempio, le agenzie di viaggio. E poi i prezzi maggiorati non sono certo una nostra prerogativa. In Europa, per esempio, Ticketmaster applica molto più del 20 % su concerti di questo tipo. E in concorrenza con noi operano tante altre agenzie, non abbiamo il quasi monopolio di cui godiamo in Italia. Se lei va a Londra e compra il biglietto di un concerto ‘last minute’, può capitarle di pagarlo 10 sterline oppure 35, se appena svolta l’angolo. Tutto legale e alla luce del sole”. Morale spicciola: la musica dal vivo è un business che magicamente tira ancora, tutti (artisti, promoter, agenti, intermediari) badano a farsi i loro interessi spremendo ogni goccia dal limone e il pubblico continua ad affollare arene e stadi trangugiando ogni volta l’amara pillola. Finché dura…