Prime reazioni all’accordo per la vendita di download musicali senza protezione DRM che Steve Jobs ed Eric Nicoli, in versione scamiciata e informale, hanno annunciato lunedì 2 aprile dai quartier generali londinesi della EMI facendosi accompagnare dalla musica dal vivo di The Good The Bad And The Queen (vedi News). <br> Trinceratesi dietro una serie di no comment ufficiali, scrive il sito Billboard.biz, le altre major confessano sottobanco di essere infastidite dalla scelta della concorrente, giudicata incauta e intempestiva nel momento in cui non sono ancora disponibili dati e ricerche affidabili sull’impatto che essa potrà avere sulla domanda legale e illegale di musica on-line. Qualcuno, insomma, teme un clamoroso effetto autogol, mentre altri sentono traditi i propri sforzi di creare un ambiente “sicuro” per la musica digitale a dispetto di svarioni clamorosi come i cd che insinuavano virus nei computer dei consumatori (vedi News). <br> Dall’altra parte della barricata si piazzano i distributori di musica digitale. In primo piano naturalmente l’iTunes Music Store di Jobs, che è abilmente riuscito a passare in mano all’industria la patata bollente della mancata “interoperabilità” tra sistemi diversi di riproduzione dei file (il sì della EMI, secondo indiscrezioni molto ufficiose, gli sarebbe costato un anticipo di ben 5 milioni di dollari). Il guru della Apple si è anche lanciato in una previsione ottimistica: entro la fine del 2007 oltre la metà dei cinque milioni di brani musicali disponibili legalmente on-line sarà in vendita senza DRM e dunque liberamente trasferibile sul lettore e mezzo di riproduzione preferito. La pensa in modo simile anche David Pakman di eMusic (in procinto, pare, di essere comprata da Amazon), che invita EMI a mettere subito a disposizione i suoi file non protetti (di migliore qualità e più costosi: 30 centesimi di euro in più) anche ai concorrenti di iTunes, e che interpreta la mossa della major come “l’inizio della fine” per i sistemi di gestione dei diritti digitali. L’esito della vicenda, sostengono gli esperti, sembra scontato. Ma quanto ci vorrà prima che le altre major saltino sul carro pilotato dalla EMI? Da un minimo di tre mesi a un massimo di due anni, azzardano gli addetti ai lavori interpellati da Billboard.