Scott Sperling, co-presidente della finanziaria, Thomas H. Lee Partners, che detiene il 37,2 % della casa discografica Warner Music, ha confermato pubblicamente, intervenendo a un summit organizzato da Reuters a New York, che una proposta di acquisto rivolta alla EMI da parte della major americana “ha ancora senso”. Tuttavia, ha aggiunto, “vogliamo essere molto realistici rispetto a quello che compreremmo e che potremmo fare con la società, dal momento che il suo livello base di profittabilità e le sue prospettive di crescita stanno diventando sempre più problematiche”. EMI, come noto, ha recentemente rifiutato un’offerta di acquisto che valutava le sue azioni a 260 pence, ritenendola inadeguata. Solo l’anno scorso, l’offerta di Warner era stata molto più elevata, 320 pence ad azione: ma quel prezzo, ha spiegato Sperling, “è chiaramente molto lontano da quanto saremmo disposti a pagare oggi”. “EMI”, ha aggiunto, “ha annunciato ultimamente una serie di risultati insoddisfacenti e non vediamo come le cose possano cambiare da un momento all’altro. La domanda di musica continua a crescere, ma il problema è capire se i consumatori la vorranno pagare o rubare”. Tuttavia, Thomas H. Lee Partners (che ha avuto un ruolo importante nel “takeover” della holding mediatica VNU, ora Nielsen Group, oltre che in quello di Warner) è convinta che un matrimonio con EMI possa ancora portare i suoi frutti. Fondendo le due imprese, sostiene Sperling, “quel che si otterrebbe è una società in grado di eliminare alcune duplicazioni, soprattutto per quanto riguarda i costi di distribuzione fisica dei prodotti, e questo produrrebbe un forte incremento di valore per gli azionisti di entrambe”.