“Peggio questo dei file venduti con le restrizioni del DRM!”. Sui blog impazzano i commenti all’introduzione su iTunes (ieri, 30 maggio, anche in Italia) di migliaia di brani musicali del catalogo EMI venduti senza lo scudo protettivo del Digital Rights Management (compresa l’intera produzione solista di Paul McCartney, il suo nuovo album “Memory almost full” e brani in esclusiva). E si tratta per lo più di reazioni poco tenere, spesso anzi negative se non addirittura furiose. A irritare i consumatori di musica digitale non sono soltanto le implicazioni macchinose della procedura (per acquistare i file privi di DRM a 256 kbps e “sproteggere”, con una spesa aggiuntiva di 30 centesimi a pezzo, quelli comprati in precedenza bisogna installare un aggiornamento gratuito del software, iTunes Plus: ma una volta scelta quell’opzione, per tornare ad acquistare versioni protette e meno costose dei brani EMI bisogna resettare tutto da capo), quanto il fatto che ad ogni download sono abbinati, e potenzialmente visibili a tutti, i dati personali dell’acquirente, nome e indirizzo di posta elettronica. <br> L’accorgimento ha per scopo ovvio quello di monitorare la situazione e scoraggiare eventuali atti di pirateria: ma, sostengono alcuni, attenta anche alla privacy e alla sicurezza dell’utente. “Apple ed EMI non possono nascondere il fatto che stanno cercando di fotterci”, ha tuonato un Websurfer citato dal sito musicale Hypebot. Il quale, a sua volta, non si è risparmiato un’insinuazione maliziosa: “Viene da chiedersi”, scrive un anonimo redattore, “se tutto il pontificare di (Steve) Jobs circa un mondo musicale libero da DRM non sia altro che una cortina fumogena, mentre il suo vero obiettivo è quello di assicurarsi che l’esperimento della EMI fallisca” (così da garantire la sopravvivenza del circuito chiuso iPod-iTunes che tanto denaro ha portato finora alle casse dell’azienda di Cupertino).