Edgar Bronfman Jr. e Warner Music si mettano il cuore in pace: Guy Hands, fondatore e “mastermind” di Terra Firma, vuole tenersi ben stretta la casa discografica che si è appena comprato (vedi News). Così almeno ha dichiarato ai giornalisti dopo un suo intervento a una “media convention” tenutasi in questi giorni a Cambridge, aggiungendo di non essere interessato (come sostiene qualcuno) soltanto al business delle edizioni musicali e di avere ben chiaro in mente che cosa vuole fare: sviluppare una casa discografica che sappia curare gli artisti di nicchia come quelli da classifica, sconfessando le strategie della vecchia dirigenza che sembrava voler puntare tutto su pochi grossi nomi (vedi il famoso contratto con Robbie Williams di qualche anno fa) per ricercare invece un punto di equilibrio ideale tra “grande” e “piccolo”. “Le etichette indipendenti sono molto più vivaci”, ha osservato il finanziere inglese. “Noi immaginiamo una EMI abbastanza grande da fare tutto ciò che è possibile per ciascuno dei suoi artisti, ma anche abbastanza piccola da prendersi cura di ognuno di loro”. Dopo avere incontrato molti dei musicisti attualmente sotto contratto con l’etichetta e i loro manager, Hands ha concluso che “tutti nutrono un amore sincero per la EMI ma hanno bisogno che la casa discografica si metta al loro servizio meglio di quanto fanno le altre major”. <br> Più facile a dirsi che a farsi, ha replicato subito qualche commentatore, ma del resto la specialità di Terra Firma, lo ha ricordato lo stesso Hands, consiste nell’acchiappare “le aziende più mal messe nei settori più difficili” per provare a trasformarle nuovamente in centri di profitto. "La EMI", ha aggiunto subito senza peli sulla lingua, "è il classico esempio. Anzi, speriamo che sia malmessa almeno quanto lo immaginiamo noi".