Guy Hands, amministratore delegato di Terra Firma, ritiene di avere in mano la ricetta per trasformare la EMI da un colosso discografico in agonia in un’impresa nuovamente redditizia. E, rivela il New York Post dopo essere venuto in possesso di un prospetto confidenziale destinato ai potenziali investitori, è convinto di potere moltiplicare da 2 a quasi 4 volte la redditività del gruppo da qui a cinque anni. In che modo? Riducendo i costi di esercizio, accelerando lo sviluppo degli introiti digitali ed effettuando le opportune acquisizioni strategiche. Nel suo piano d’azione, secondo quanto riporta il quotidiano newyorkese, rientrano tagli ai costi fissi per 223 milioni di dollari (31 dei quali ricavati dalla soppressione di funzioni di vendita, distribuzione e “back office”, soprattutto negli Stati Uniti; ma sono in cantiere anche sfrondamenti nei territori considerati “non strategici”), riduzioni per 58 milioni di dollari nelle spese di marketing e A&R (usando di preferenza siti come MySpace per scovare nuovi talenti), accordi di compartecipazione con gli artisti (per una fetta dei proventi derivanti da tour, sponsorizzazioni e merchandising), collaborazioni e acquisizioni che coinvolgano altre etichette, organizzatori di concerti e agenzie di management (per questo sono già disponibili in cassa 100 milioni di dollari). Grazie a questa drastica cura, e ai 700 milioni di dollari di margini in più che Hands è convinto di poter ricavare dalle vendite on-line e su reti mobili, il flusso di cassa della EMI dovrebbe passare dagli attuali 43 milioni di dollari a 1,1 miliardi di dollari nel 2012: addirittura il 766 % in più.